Foto: nel riquadro Vito Bruschini

 

E’ sicuramente uno dei maggiori esperti in Italia di poteri forti, logge massoniche, gruppi internazionali dominanti. Parliamo dello scrittore Vito Bruschini, autore tra l’altro, del best seller I segreti del Club Bilderberg. Formalmente i libri di Bruschini sono romanzi. Nella realtà si tratta solo di un artificio per raccontare, facendo leva soprattutto sulla logica dei fatti, le verità non provate di storie, personaggi e situazioni avvolte dal mistero.  Nessuno, quindi, meglio di lui per capire con chi sono destinati a scontarsi coloro che si battono per la nascita di un Nuovo Stato Sociale, come lo sta facendo in questo momento un gruppo di giornalisti e personaggi che ruotano intorno alla REA, Radiotelevisioni Europee Associate. Ma sentiamo cosa ha detto sull’argomento.

 

Oggi si parla molto di poteri forti che cercherebbero di controllare il mondo. Ma è una leggenda metropolitana o esistono veramente?

 

“Poteri forti”… questo concetto viene usato ormai talmente a sproposito che sta sconfinando nella banalizzazione. È un’immagine talmente astratta che la gente pensa sia la solita invenzione dei giornalisti e che quindi i poteri forti semplicemente non esistano. Tanto per essere concreti, quando parliamo di poteri forti, si fa riferimento al sistema mondiale finanziario gestito dai colossi bancari e in subordine dalle multinazionali dell’agroalimentare, della chimica e dei farmaci, dell’auto, del tabacco, del petrolio, dell’elettronica di consumo, dell’energia, del commercio in generale. Per essere ancor più precisi i colossi bancari ai quali ci riferiamo sono la J.P. Morgan, per capirci quella che il 28 maggio del 2013 ha scritto il documento intitolato «Aggiustamenti nell’area euro» dove in pratica criticava le costituzioni dei paesi europei, troppo socialiste, troppo favorevoli ai diritti dei lavoratori, con “esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)”. Da questi “suggerimenti” sono nate le modifiche di Renzi alla nostra Costituzione, che gli italiani con il referendum hanno fortunatamente bocciato. L’altra superbanca d’affari è la Goldman Sachs, una delle più importanti su scala mondiale. Quella che, insieme a J.P. Morgan Chase e Bank of America salvò dalla bancarotta del 2012 Merrill Lynch, AIG, Morgan Stanley, Citigroup, Wells Fargo e molte altre banche. Questi istituti di credito sono di proprietà di poche dinastie dal nome altisonante, come i Rockfeller, i Rothschild, i Ford, i Vanderbilt. Ecco, quando diciamo “poteri forti” dobbiamo tenere a mente questa geografia finanziaria costituita dalle superbanche e dalle corporation a cui accennavamo prima.

 

Ci sono dei poteri forti autonomi italiani o questi poteri nostrani sono semplicemente a servizio di pochi gruppi internazionali?

 

I cosiddetti poteri forti italiani ci sono stati in epoche ormai giurassiche. Penso a Valletta che fece grande la Fiat. La fabbrica torinese influenzò non poco la politica e lo stato sociale italiano, basti pensare allo sradicamento dalle loro cittadine d’origine di milioni di persone che emigrarono dal sud negli anni Sessanta per cercare lavoro nelle fabbriche del nord. Pensiamo anche che cosa ha rappresentato la realizzazione dell’Autostrada del Sole. Questa grandiosa opera ha sicuramente avvicinato l’Italia, ma per renderla funzionale bisognava acquistare un’automobile. Furono scelte non per il popolo, bensì per la Fiat che costruiva automobili, per Pirelli che faceva copertoni e per Italcementi che asfaltò l’intero percorso. Ecco un esempio di ciò che possono fare i poteri forti: condizionare le scelte dei governi, un po’ per offrire benefici al popolo, ma molto per i propri esclusivi interessi. Oggi l’Italia non ha più sistemi economici del genere, i poteri forti hanno preferito tutti emigrare all’estero alla ricerca di nuovi mercati, di nuovi operai più a buon mercato. A questo ha portato la globalizzazione. Oggi, in Italia, siamo sudditi dei poteri stranieri, soprattutto americani e inglesi che vengono da noi soltanto per toglierci le industrie più innovative.

 

Attualmente un consistente numero di giornalisti, scienziati, economisti, operatori sociali, ricercatori, tutti collegati alla REA (Radiotelevisioni Europee Associate), sta formando un gruppo di pressione inteso a rivitalizzare l’esistenza di un forte Stato Sociale. Secondo lei questo progetto fatalmente si scontrerà con questi poteri forti?

 

Lo scontro ci sarà, è fatale. Consiglio a tutti di andare a leggere quelle sedici paginette pubblicate spudoratamente dalla banca J.P. Morgan Chase (trovate il testo nel web). Chiunque si frapporrà ai loro obiettivi, che sono quelli del mercato selvaggio cioè senza regole etiche e di salvaguardia della salute delle popolazioni, verrà spazzato via con uragani finanziari. Andate a rileggere quello che prevedevano in caso di vittoria dei NO in riferimento all’ultimo referendum. Promettevano crisi irreversibili, crollo delle borse e delle banche, un’apocalisse… ebbene non è successo niente di tutto questo, un po’ come con la brexit. Al contrario, oggi l’economia della Gran Bretagna, dopo l’uscita dall’eurozona, sembra andare a gonfie vele.

 

Come è noto, il Progetto Rea intende soddisfare i Sette Bisogni capitali dell’uomo: 1) Nutrirsi; 2) Vestirsi; 3) Avere un tetto; 4) Curarsi; 5) Istruirsi; 6) Difendersi legalmente; 7) Avere una corretta informazione. Ci può indicare, per ognuno di questi setti obiettivi, contro quali forze occulte questo Progetto dovrà combattere?

 

Una delle potenze contro cui dovrà combattere il progetto Rea sarà quello che si riferisce alla “nutrizione”. Le grandi multinazionali dell’agrobusiness negli ultimi settant’anni sono riuscite a dilatare il loro potere su gran parte delle terre coltivabili dell’intero pianeta. Se Rea vorrà conquistare il diritto di nutrire le popolazioni in modo sano e sostenibile, dovrà scontrarsi con colossi che si chiamano Monsanto, Sygenta, Dupont, Cargill. Tutte sostengono gli OGM, tutte hanno acquistato le terre dei paesi sottosviluppati per costringerli alle monoculture. Un esempio per tutti: l’olio di palma. Gli ambientalisti denunciano i danni all’organismo di questo prodotto che si trova ormai in quasi tutti gli alimenti industriali, dalle merendine per i nostri figli ai gelati, ebbene il vero disastro è stato già compiuto con il disboscamento di intere foreste dell’Indonesia e della Malesia, una vera e propria calamità ecologica.

L’altro settore, tra i bisogni capitali, dove ci sarà guerra spietata è quello della chimica farmaceutica. Qui le case di medicinali difficilmente si faranno sbarrare il passo o consentiranno a chicchessia di controllare i loro progetti. Ecco, tra i sette bisogni focalizzati dalla Rea questi due sono quelli dove prevedo ci saranno le maggiori resistenze.

 

Un altro obiettivo è quello di costringere lo Stato italiano ad accantonare 50 miliardi di euro nell’ambito del suo bilancio, allo scopo di creare un grande fondo sociale. Un fondo alimentato soprattutto dal nostro immenso patrimonio storico e archeologico, da utilizzare per introdurre un reddito di cittadinanza di mille euro esentasse da utilizzare per lavori socialmente utili riservati ai 5 milioni di cittadini poveri e poverissimi. Rispetto a questo preciso obiettivo cosa rischia il Progetto REA?

 

Questa della Rea devo sottolineare, è un’idea davvero geniale. Ma quanto sarà praticabile se ancora oggi stentiamo a saper valorizzare le nostre emergenze culturali? In Italia è concentrato il 67 per cento delle risorse storiche e monumentali dell’intero pianeta. Eppure Roma ad esempio, se ricordo bene, non rientra neppure tra le prime dieci città più visitate al mondo. Al primo posto c’è Londra, poi Bangkok, poi Parigi e Singapore. Prima di arrivare all’obiettivo prefissato dalla Rea ci dovrebbe essere una presa di posizione politica a favore del rilancio e della valorizzazione della nostra cultura. Ma da anni si parla di incrementare i nostri beni culturali, e quando questo avviene è soltanto grazie alla buona volontà di singole, illuminate persone, come ad esempio il recente caso della Reggia di Caserta insegna: grazie al nuovo direttore Mauro Felicori dopo solo sei mesi dal suo insediamento il botteghino della Reggia ha raddoppiato gli incassi. Questa è la dimostrazione che se si agisse per rendere produttivi i nostri monumenti, quella somma di 50 miliardi sarebbe raggiunta molto facilmente.

 

Il Progetto fa un grande affidamento a un corretto utilizzo della tecnologia. Pensiamo, ad esempio, all’alimentazione gestita razionalmente, all’abbigliamento fatto con le stampanti 3D, alle case prefabbricate, alle medicine generiche, all’Istruzione di massa via Internet, alle grandi banche dati del diritto, all’utilizzo gratuito delle potenti reti d’informazione. Fino a che punto i poteri forti cercheranno di impedire lo sviluppo di una tecnologica a servizio dell’uomo?

 

Per fortuna quella non la potranno fermare, a meno di influire su di essa con una sorta di censura. Le nuove strade aperte dall’informatica hanno spalancato le porte a un’infinità di soluzioni tecnologiche. Saranno di sicuro la chiave per la riuscita del progetto Rea o almeno una delle chiavi perché comunque alla base di tutto dev’essere forte la volontà da parte di tutti, insisto a dire soprattutto dei politici, di voler cambiare le cose.

 

In conclusione, tenendo conto anche della nuova amministrazione americana, cioè, della più grande potenza economica e militare del mondo, lei si sente di fare una previsione di come finirà lo scontro frontale tra i Poteri forti e lo Stato Sociale?

 

Trump è stato il granello di sabbia che ha bloccato (almeno per il momento) i perversi ingranaggi dei cosiddetti poteri forti. Staremo a vedere le decisioni che prenderà una volta insediatosi alla Casa Bianca. Naturalmente la speranza che il nuovo Stato Sociale, così com’è stato pensato dai responsabili della Rea abbia la meglio dev’essere un auspicio per tutti noi. Il progetto è molto ambizioso, ma realizzabile. Dalla nostra parte devono esserci però politici intenzionati a lavorare per il bene della cosa pubblica e non per il loro esclusivo tornaconto personale. Una parte di loro sono responsabili e sinceramente votati al bene comune, ma il marcio fino ad oggi non ha consentito loro di lavorare per il meglio. Dev’esserci, a mio avviso, da parte loro una visione più reale della vita che scorre fuori dai loro palazzi della politica. Mi vengono i brividi quando ad esempio sento in televisione un ministro dell’economia che non conosce il prezzo di un litro di latte o di un chilo di pane. Ecco, dobbiamo spazzare via questa gente se vogliamo rimettere al centro dei nostri pensieri e delle nostre azioni, l’Uomo.

Vito Bruschini ha pubblicato anche:

‘The Father. Il padrino dei padrini’;

‘Valanzasca. Il romanzo non autorizzato del nemico pubblico numero uno’;

‘La strage. Il romanzo di piazza Fontana’;

‘Educazione criminale. La sanguinosa storia del clan dei Marsigliesi’;

‘Romanzo mafioso’;

I Segreti del Club Bilderberg;

I Cospiratori del Priorato;

Il Monastero del Vangelo proibito.

La verità sul caso Orlandi

 

NOTA

Si consiglia di vedere il video Il seme di un Nuovo Stato Sociale