Nel riquadro Fabrizio Virgili

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera inviataci da Pietro Spagnuolo. Si tratta di un omaggio a una particolare forma di poesia giapponese: l’ Haiku, ancora poco conosciuta dal grande pubblico. Lo spunto lo ha dato Fabrizio Virgili, per due volte primo classificato nell’ambito del prestigioso premio promosso dalla Cascina Macondo Musicarteatro-Culture.

 

L’invito suonava così: “Sabato 2 dicembre ore 10.30 al circolo ALL ROUND, via don Pasquino Borghi, 96, Roma, Fabrizio Virgili terrà la lectio Magistralis sull’ HAIKU,  la poesia giapponese”. La proposta è stata inoltrata per e-mail attraverso il solito canale di ex compagni di scuola. Ovviamente è stato preso come la buona occasione per ritrovarci, a prescindere dall’evento; invece devo ammettere che per me è stata insieme una rivelazione e una scoperta. Rivelazione perché ritenevo di conoscere Fabrizio solo come ex campione sportivo e insegnante di educazione fisica, il che già non era poco; come scoperta la scoperta di un genere di poesia che non avevo mai avuto modo di incontrare e di cui subito ho avvertito una primitiva valenza dettata dal senso dell’immediatezza e dal mezzo della concisione. Non sto qui a scrivere un trattato sul genere, tuttavia sento di doverne tracciare i caratteri di assoluta novità per me, anche se nella letteratura italiana avevo incontrato poeti occasionalmente riconducibili nel tipo d’ispirazione, nello stile e nella struttura del verso a questi HAIKU’ giapponesi (D’Annunzio; Ungaretti; Quasimodo; Saba e, più convintamente, Sanguineti).

Si tratta di una forma di poesia in cui l’autore non indulge a se stesso né alle sue emozioni, ma si esprime esclusivamente e rigorosamente (ci sono regole al riguardo) per descrivere la Natura nei suoi meravigliosi e innumerevoli fenomeni, anche microscopici. Egli resta sempre stupito, ai limiti dell’incanto quando assiste, come folgorato all’istante, a quella singola manifestazione sia di un animale, sia di una pianta, sia di una pietra.

Tali componimenti nascono in Giappone nel XVII secolo e giungono in Italia solo a fine-800 primi-900 per merito di Mario CHINI (1876-1959) il quale con le “Note di Samisen” traduce e pubblica una raccolta di poesie Haiku, finendo poi col comporre (“Attimi”) anche lui in quello stile. L’opera di diffusione in Italia di questo genere va sicuramente riconosciuta alla Cascina Macondo Musicarteatro-Culture Associate, Centro Nazionale per la Promozione della Lettura Creativa ad Alta Voce, ideatrice del Manifesto della Poesia Haiku in lingua Italiana nonché del suo primo Concorso Nazionale (2003) con la pubblicazione delle regole  che prevedono per il componimento classico solo tre versi di 5 / 7 / 5  sillabe per un totale di 17 sillabe, come queste

Sazia di grano/un ramo la nasconde/ Ride una lepre”    o pure

 “Pigra calura/dal cavo delle mani/bevo la luna”

Ebbene proprio con questi versi, in due diverse edizioni del concorso nazionale, il nostro ex compagno di scuola ed ex atleta, Fabrizio Virgili, diplomato ISEF, fisioterapista e pedagogista, ha per due volte vinto il primo premio, che gli ha comportato 15 giorni di colta vacanza in Giappone.