“Questa è una storia di campagna, una storia semplice, una storia di terra…”, così un narratore-cronista introduce questo spettacolo che ci parla del lavoro come fatica, come schiavitù, come maledizione biblica, come indice di onestà e inserimento sociale, il lavoro come fonte di felicità e d’infelicità, come merce per creare profitto per pochi, portando per mano lo spettatore in un viaggio a ritroso nel tempo per poi tornare ai giorni nostri.

 

All’improvviso una frase, buttata lì quasi per caso da uno degli interpreti, evoca i terribili fantasmi del lavoro forzato all’interno dei campi di concentramento: “Arbeit macht frei”, ovvero “Il lavoro rende liberi”, che campeggiava all’ingresso di Auschwitz e altri famosi siti di prigionia per ebrei ma non solo. Omosessuali, internati militari italiani, minoranze di ogni genere venivano fatti lavorare a morte. Non possiamo non chiederci a questo punto, e questo è il dubbio che volutamente l’autore sobilla nello spettatore: “Ma quale lavoro rende liberi, e da cosa?”.

 

Sulla scena cinque attori, che di scena in scena cambiano secolo e veste, viaggiano a ritroso nel tempo per cercare il senso di questa parola, che oggi viene detta, invocata ed evocata come non mai prima. Più che un viaggio, si tratta di una riflessione filosofica sul senso etico del lavoro attraverso la storia dell’uomo, un senso legato ai concetti di libertà e schiavitù nella sua evoluzione, o …involuzione. Durante il percorso incontriamo personaggi come Solone e Menenio Agrippa, Paolo di Tarso, Bertrand Russel e Maynard Keynes, oltre a tanti uomini e donne senza nome, liberi o schiavi, che hanno vissuto e lavorato nel tentativo, a volte vano, di costruire una migliore condizione umana.

 

L’evoluzione della storia ci conduce alla contemporaneità, dopo la capitolazione di quelle civiltà primordiali ma felici, che avevano un concetto innato del limite e del rispetto dell’ambiente, e di conseguenza della dignità degli esseri viventi tutti. L’avvento del colonialismo, il saccheggio e la rapina di uomini e territori dopo la scoperta delle Americhe, avrebbe avuto il “merito” di porre la prima pietra di quello che sarebbe diventata la civiltà contemporanea che avrebbe visto la nascita del capitalismo fondato su un profitto che sempre meno avrebbe tenuto conto del fattore umano.

 

Questo in sintesi il racconto, ben articolato nel suo excursus storico, dello spettacolo proposto da Antonio Sanna, autore del testo oltre che regista e interprete. Ritmo serrante e pieno di sorprese catturano e spiazzano di volta in volta, grazie anche all’evidente affiatamento degli instancabili interpreti, che tengono acrobaticamente il palcoscenico per più  di un’ora. Momenti di divertimento, seppur amari, ironia e paradosso, ma anche commozione, e soprattutto spunti di riflessione. Il finale è un futuro ipotetico ed estremo. Alla fine è inevitabile chiedersi: ma se il lavoro venisse sempre più a mancare, ci ritroveremmo, domani, più liberi o più schiavi di prima? Lo spettacolo, presentato in prima nazionale al teatro Tordinona di Roma, proseguirà in tournèe nelle maggiori città italiane, e sarà ospite del Festival Internazionale del Teatro Romano di Volterra.

 

SCHEDA

Una produzione Associazione Culturale L’Attore in Movimento

Con: Maria Giulia Ciucci, Gianfranco Miranda, Giulio Pierotti, Antonio Gavino Sanna, Serena Ventrella

Regia Antonio Gavino Sanna

Maschere e pupazzi Azadeh Shirmast

Scene e Costumi Azadeh Shirmast e Antonio Gavino Sanna

Luci e fonica Pasquale Citera

INTERPRETI

 

ANTONIO SANNA

Attore dal 1974, ha partecipato a numerosi spettacoli, sia di teatro classico che di sperimentazione, con compagnie come Tieri-Lojodice, MemèPerlini, Gruppo Teatro e altre. Come drammaturgo ha ricevuto diversi premi in concorsi nazionali (Anticoli Corrado, Fondi-La Pastora) e ha messo in scena alcune sue opere al Piccolo Eliseo (Fenomeni Non Ancora Classificati, regia di Mita Medici), al Teatro Tordinona (Metafisico e metà no, regia di Marco Mete) e in altri spazi. Ha realizzato come regista quattro spettacoli, fra cui (anche come autore) “Infinito Futuro” da 1984 di Orwell. Nel doppiaggio presta la voce tra gli altri a: Kenneth Branagh, Antonio Banderas, Gary Sinise, Stanley Tucci ecc..

MARIA GIULIA CIUCCI. Fiorentina di nascita, si avvicina al teatro nel 2002 grazie al regista e drammaturgo Stefano Massini, col quale va in scena in numerosi spettacoli, tra cui “Studio su Moby Dick”(2009),”DerUndergang (la caduta)”(2009),”In the absolutewhite”(2010),”Le stanze di Amleto e Ofelia”(2011). Nel Marzo 2010, a seguito di un corso intensivo di scrittura tenuto dallo stesso Massini, partecipa alla Mise en espace di “Violenza, femminile singolare, ovvero galleria di microtesti sulla violenza alle donne dalla cronaca”, poi pubblicato dalla Vicepresidenza della Regione Toscana. Dall’Ottobre 2011 vive a Roma, dove lavora come doppiatrice e attrice.

GIANFRANCO MIRANDA. Ha iniziato a studiare recitazione con il maestro Antonio Sanna. Recita in diversi  spettacoli tra cui “Blues in sedici” di Stefano Benni; “Infinito Futuro” tratto da 1984 di Orwell. Lavora nel Doppiaggio dove presta la voce a diversi attori tra cui Ryan Gosling in “BladeRunner 2049”, “Drive”, Harry Cavill in “l’uomo d’acciaio”, “Batman v Superman” e altri.

GIULIO PIENOTTI. Nasce a Modena dove studia e muove i primi passi sul palcoscenico. Da circa tredici anni vive e lavora a Roma in ambito teatrale, nel doppiaggio cine-televisivo e come speaker pubblicitario. Ha partecipato alla messa in scena di “Infinito Futuro” di e con Antonio Sanna; come assistente alla regia di Eleonora Pippo in “Itagliani!” di Antonella Cilento con Margherita Di Rauso, e ancora con Antonio Sanna in “Jean Genet e Tennessee Williams a Tangeri”,  questi ultimi due spettacoli entrambi presentati al Festival Nazionale di Todi. Ha inoltre partecipato al film “Notte di Quiete” di Daniele Malavolta.

SERENA VENTRELLA. Frequenta “l’Accademia del Sogno” con docenti come Anna Mazzamauro, Paolo Ferrari, Ennio Coltorti, Nicasio Anzelmo. Parallelamente al percorso artistico, si laurea in “Design, comunicazione visiva e multimediale” alla Quaroni – La Sapienza-. A 23 anni debutta al teatro Ghione ne “La bottega del caffè” di Goldoni, a fianco di Riccardo Garrone. Tra le esperienze lavorative più significative troviamo la collaborazione sia con il Teatro Sistina ne “La compagnia giovani del Sistina” che con il teatro Ghione. Nel 2013 arriva anche il grande schermo: interpreta l’avvocatessa Fidofly nel film “Sole a Catinelle” di e con Checco Zalone. Nel 2015 si occupa dell’ideazione e della regia di “Shakespeare Grand Tour”, uno spettacolo itinerante sui personaggi shakespeariani con Franco Oppini e altri 12 attori. Nel 2017 si cimenta nella scrittura di un atto unico, “Muffa”, con cui vince il premio under 35 “Annita Favi”. Dal 2016 lavora anche come doppiatrice.

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