Corteo di simpatizzanti del nuovo Presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Riquadro: Alberto Aggio

 

Sull’elezione del nuovo e controverso Presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, riceviamo un interessante articolo di Alberto Aggio,  Professore di Storia Contemporanea nello Stato di San Paolo del Brasile e autore di diversi libri (alcuni anche su Gramsci), nonché uno dei più importanti collaboratori del prestigioso giornale ‘O Estado de Sao Paolo’. Al prof. Aggio Punto Continenti ha anche chiesto un parere sulla politica estera brasiliana, in particolare per quanto riguarda gli Stati Uniti, nonché la sua opinione sull’estradizione avanzata dall’Italia nei riguardi di Cesare Battisti. 

 

La vittoria di Jair Bolsonaro (PSL) è stata un successo dell’ultra-destra. E’ legittima e incontestabile, secondo i parametri democratici. Nel gennaio 2019, come previsto dalla Costituzione, Bolsonaro assumerà la Presidenza della Repubblica. Contrariamente alle paure diffuse, specialmente in Europa, i pilastri della democrazia brasiliana, basati sulla Costituzione del 1988, rimangono solidi. L’orientamento che esprime Bolsonaro non è lo stesso del 1964 (anno del golpe militare NdR.) e non potrebbe essere diversamente. Tuttavia non manca di una retorica anticomunista, ottusa e anacronistica. Essa esprime un “populismo illiberale” che segue l’onda planetaria, con inclinazioni reazionarie e autoritarie. Bolsonaro è un personaggio, allo stesso tempo, pragmatico e mediatico (senza essere carismatico), che usa perlopiù  una retorica strumentale stile pentecostale piuttosto che fascista in senso stretto.

 

Tutto ciò non è sufficiente a tranquillizzarci sul piano dei rischi democratici. Quello di  Bolsonaro sarà certamente un governo di destra tendente a fare appello all’ordine in modo minaccioso e quasi brutale, ad esempio sul piano dei cambiamenti economici caratterizzati dal dominio neoliberista, con poca o nessuna concessione agli aspetti sociali. Inoltre sarà caratterizzato da aspetti retrogradi, restrittivi e anacronistici in termini culturali e ambientali. Sconfitto alle elezioni, il PT (Partito dei lavoratori, NdR.) continua a collocarsi in una posizione di irriducibile antagonismo. Per il partito, l’opposizione a Bolsonaro dovrebbe assumere la rappresentazione politica di un’altra Nazione, la cui parola chiave è quella della “resistenza” a una sorta di governo di occupazione. Nella sostanza, la situazione della sinistra è difensiva e di ricomposizione. Tuttavia, l’irriducibile antagonismo del PT lo condanna all’isolamento.

 

Il PT è un attore problematico in chiave strategica di opposizione democratica al governo di Bolsonaro. È ancora incatenato al miraggio della liberazione e delle favole di Lula (l’autore si riferisce al 2016, quando venne sospesa per impeachment la Presidentessa Dilma Rousseff, vicina a Lula NdR.) che contaminano la sua visione di ciò che è accaduto nel paese dal 2013 in poi. Il PT non riconosce che il partito, e in particolare il lulismo, sono visti oggi dalla società come due espressioni conclamate di corruzione condannate dall’elettorato. È ampiamente riconosciuto che il fattore principale che ha dato la vittoria a Bolsonaro è stato l’antipetismo, per non parlare dei milioni di disoccupati emersi e cresciuti spaventosamente durante l’amministrazione di Dilma Rousseff. Un’opposizione democratica al governo di Bolsonaro non può essere imbrigliata dal PT e dal suo egemonismo.

 

L’opposizione democratica deve cercare di superare lo scenario della terra bruciata che il PT ha cominciato a diffondere dopo l’avvenuto impeachment. Essa deve cercare di stabilire nuovi e articolati rapporti in grado di dare ossigeno alla vita politica e a promuovere, tra le altre cose, il rinnovamento della leadership politica della democrazia brasiliana, oltre ad aggiornare l’agenda tematica della sua opposizione. In questo momento le forze democratiche debbono dedicarsi alle riflessioni, agli studi e ai dibattiti, come suggerito da Fernando Gabeira (giornalista, scrittore e politico brasiliano NdR.). E non solo perché la congiuntura politica è cambiata velocemente e profondamente, ma perché siamo in pieno cambio d’epoca.

 

All’interno delle forze democratiche è necessario rifondare il campo del centro-sinistra e progettare una politica di riforme dello Stato e della società, che miri alla piena emancipazione degli individui e alla difesa dei cittadini. Inoltre, occorre allargare gli orizzonti verso una nuova prospettiva di sostenibilità della vita di fronte alle sfide della globalizzazione, affrontando le proprie crisi che drammaticamente stanno assumendo una dimensione umanitaria. Per essere credibili e non dover combattere con gli occhi bendati, i democratici debbono individuare cosa occorre fare nelle varie circostanze, con realismo e generosa prospettiva verso il futuro.

 

Per poter rispondere alle questioni specifiche sollevate da Punto Continenti in merito ai rapporti con gli Stati Uniti e a Cesare Battisti, è necessario aspettare l’insediamento del Governo per vedere cosa succederà. Per ora possiamo solo ricordare che Bolsonaro ha promesso all’ambasciatore italiano che Battisti verrà estradato, ma ciò dipende dalla nostra Corte Suprema (STF). Per quanto riguarda, invece, gli Stati Uniti, l’ispirazione in Trump è cristallina. Ma non sappiamo se questo comporterà un allineamento automatico della politica estera sotto Bolsonaro. Detto ciò, fino a questo momento i segnali appaiono problematici.

 

Nota: l’articolo è parte integrante di un’alisi più ampia che verrà pubblicata sulla Rivista Política Democrática On-line, dalla Fondazione Astrojildo Pereira (FAP).

 

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