Foto: nel riquadro Pietro Spagnuolo. 

 

Dal giornalista Pietro Spagnuolo riceviamo un commento al libro Reddito Universale di Rainero Schembri, edito dalla REA (Radiotelevisioni Europee Associate) con prefazione del Presidente Antonio Diomede (è acquistabile su Amazon). Il libro si sofferma su come affrontare realisticamente la pesante entrata in scena dei robot e dell’intelligenza artificiale: secondo uno studio della Oxford Martin School, infatti, nei prossimi 15 o 20 anni sparirà il 47% dei lavori (solo in piccola parte sostituiti da nuove attività). Occorre, quindi, elaborare velocemente delle soluzioni (tipo: l’introduzione del Reddito Universale), per evitare che esploda una vera bomba sociale, fata da centinaia di milioni di nuovi disoccupati. L’obiettivo finale del progetto nato in ambito REA è quello di garantire a tutti i 7 Diritti Capitali: 1) Avere una fonte sicura di sostentamento; 2) Nutrirsi e vestirsi; 3) Avere un tetto; 4) Curarsi; 5) Istruirsi; 6) Avere un’assistenza legale umanitaria; 7) Ricevere e dare una corretta informazione. Tutto ciò consentirà, per la prima volta nella storia dell’uomo, di trasformare il lavoro (grazie soprattutto alle nuove tecnologie)  da obbligatorio per mantenersi in facoltativo e gioioso, cioè, in un’attività piacevole e creativa. Nel suo articolo Spagnolo si sofferma sulla situazione italiana per domandarsi se ha ancora un senso l’art.1 della Costituzione che sostiene che ‘L’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul Lavoro’.

 

Non sarebbe forse oggi il tempo di riconsiderare “Costituzionalmente” l’ordine di priorità della “Carta”? Il lavoro non ha quasi mai realizzato l’uguaglianza tra i cittadini avendone subordinato la dignità al suo solo reperimento e mantenimento. Chi infatti, nelle sue annose esperienze lavorative, può dire di non aver mai assistito a situazioni in cui un lavoratore perdesse la propria dignità personale e civile, dovendola continuativamente  barattare col suo posto di lavoro da mantenere a tutti i costi?

 

Nelle Carte Costituzionali degli Stati un po’ meglio realizzati in materia di uguaglianza tra i propri cittadini, risulta e risalta conclamata la dignità dell’uomo quale, in ordine decrescente, persona; cittadino; lavoratore; come del resto si è ristabilito anche qui in Italia con la Riforma Sanitaria degli anni ’70, allorchè  il diritto all’Assistenza venne riconosciuta all’uomo in quanto cittadino e non più in quanto lavoratore.

 

Sono tempi questi in cui si è ridotto lo spazio all’occupazione dell’uomo con tecnologie che richiedono applicazioni in continuo rinnovamento e sempre nuovi brevetti vengono registrati nel settore dell’automazione. Se tutto ciò non bastasse, è pure in fase di piena realizzazione il motore elettrico per le automobili, che già ha comportato sensibili riduzioni delle maestranze nelle maggiori fabbriche europee e asiatiche. Il tutto sotto il fenomeno dilagante di una Rivoluzione Robotica in atto.

 

Qui è bene rammentare che Robot viene da Robota che significa lavoro e di cui lo scrittore ceco Karel Capek avveniristicamente nel 1920 previde l’evoluzione. Insomma tutto il Mondo Industriale assiste ormai alla sostituzione dell’uomo con la macchina, è una corsa irrefrenabile con i Paesi Asiatici impegnati in sperimentazioni anche temerarie (robot auto-replicanti ed editing genetico).

 

Bene, ora che il lavoro sembra non esserci per tutti, che cosa deve succedere perché il cittadino non perda i sacrosanti suoi diritti di appartenenza, non rientrando più nel novero di lavoratore? E alla luce di tutto ciò sarebbe davvero scandaloso istituire un temporaneo reddito di cittadinanza per i cittadini non-lavoratori?