Nella foto: Da sinistra lo scrittore Vito Bruschini, la copertina del libro, e Tommaso Buscetta. 

 

Uno dei grandi meriti dello scrittore Vito Bruschini è certamente quello di non cadere mai alla tentazione molto praticata da una certa cinematografia, soprattutto di stampo americano, di trasformare i personaggi negativi in eroi popolari. Lo stesso vale anche per la sua ultima fatica che porta il titolo Il Traditore della Mafia (edito dalla Newton Compton Editori). Anche se nel romanzo il protagonista si chiama Tommy Branciforte, è evidente che la storia si riferisce a Tommaso Buscetta, l’uomo che ha rivelato al giudice Giovanni Falcone tutti i segreti e la struttura piramidale di Cosa Nostra. Come evidenzia bene il libro, Buscetta è stato un uomo che ha fatto del male ma che ha anche pagato un prezzo elevatissimo per le sue scelte. La sua famiglia (tra cui due figli) è stata praticamente decimata. Inoltre, braccato contemporaneamente dallo Stato e dai corleonesi (la mafia per un certo periodo vincente), ha vissuto una vita intera da fuggitivo, piena di sensi di colpa verso i suoi cari.

 

 

Come avviene in tutti i suoi libri, anche questa volta Bruschini si cimenta in forma romanzata e con una scrittura avvincente, con una realtà che spesso nella memoria della gente rimane conservata in modo confusionario. Questa volta l’autore racconta, non senza una certa dose di coraggio, la vita, gli stati d’animo, le logiche, l’evoluzione del pensiero di uno dei più grandi personaggi della mafia. In questo modo è possibile, tra le altre cose, riuscire a comprendere meglio le differenze tra le cosiddette vecchia e nuova mafia. Certo, sempre di organizzazioni criminali stiamo parliamo ma tra il modo di ragionare di Tommy Braciforte e di u’Nanu (leggasi Totò Riina, conosciuto anche come la Belva) c’è indubbiamente un abisso.

 

La decisione di Buscata di collaborare con la giustizia non nasce dal tentativo di ottenere sconti di pena o un trattamento più morbido in carcere. Lui non si sente un pentito, non nega il suo passato, non si pente per finta come hanno fatto tanti altri criminali e stragisti. Lui è semplicemente un uomo che a un certo punto della sua vita arriva alla conclusione che a tutto c’è sempre un limite. Questo suo comportamento, descritto in maniera altamente accattivante da Bruschini, alla fine non può non incutere un certo rispetto, come lo ha testimoniato lo stesso giudice istruttore Giovanni Falcone.

 

Sono proprio queste riflessioni che a un certo punto del libro fanno sorgere spontaneamente il dubbio se sia corretto, per non dire ingeneroso, proprio il titolo del libro. La parola traditore, infatti, comunque la si voglia interpretare esprime sempre un giudizio negativo. Ebbene, uno Stato che deve molto alle rivelazioni di Buscata nella lotta per estirpare definitivamente il maggiore cancro della società, non dovrebbero identificarlo come un traditore. Forse sarebbe stato più corretto intitolare il libro Lo Scardinatore della Mafia. Del resto, a nessuno è mai venuto in mente di chiamare, ad esempio, il generale tedesco Claus von Stauffenberg, autore del fallito attentato a Hitler, Il traditore del nazismo. Naturalmente la cosa non riguarda l’autore: è notorio, infatti, che la scelta del titolo di un libro risponde ad esigenze di marketing. Nel caso specifico esso si è semplicemente agganciato all’identico titolo del bel film di Marchio Bellocchio, magistralmente interpretato da Pierfrancesco Favino e presentato recentemente a Cannes.

 

Certo alla fine Buscetta, a differenza di tante vittime innocenti, di tanti giudici eroici assassinati (tra cui lo stesso Falcone), è morto a 72 anni nel suo letto stroncato da un tumore ma comunque vicino ai suoi cari. Il libro di Bruschini non si sofferma su questo epilogo: probabilmente per esaltare ancora di più l’importanza del gesto (lo scardinamento della mafia) rispetto alle motivazioni dell’autore. E qui sta forse la chiave di lettura dell’intero libro: quando è a fin di bene, anche un pragmatismo ultra spinto dello Stato appare condivisibile e coerente. Tanto più nella patria di Machiavelli, dove da secoli i fini…

 

Infine, se proprio vogliamo trovare il cosiddetto ‘pelo nell’uovo’, possiamo segnalare che bisogna arrivare addirittura alle ultime righe del libro per capire il senso e il ruolo dell’IO narrante. Su questo aspetto specifico ci sembra che questa volta Bruschini, indubbiamente un maestro nella costruzione delle trame, abbia un tantino esagerato nella sua costante ricerca di tenere il lettore sulle corde. Ma, ovviamente, non saremo noi a svelarlo, anche per il dovuto rispetto all’autore.

 

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Vito Bruschini – Giornalista, dirige Globalpress Italia. Negli ultimi anni si è distinto come uno dei più efficaci narratori dei grandi fatti di cronaca, utilizzando la forma del romanzo per farci conoscere situazioni molto plausibili anche se a volte difficili da provare giuridicamente.

Il Traditore della Mafia

Vito Bruschini

Newton Compton Editori

Pag. 280

Euro 9,90 

Altri libri di Bruschini pubblicati dalla Newton Compton Editori

Rapimento e Riscatto – Ispirato al rapimento John Paul Getty

La verità sul caso Orlandi – Ispirato al rapimento di Emanuela Orlandi. Vedere il video Il caso Emanuela Orlandi raccontato da Vito Bruschini https://www.youtube.com/watch?v=olU-iuZfkDI

Miserere – Racconta un secondo tentativo di attentato a Giovanni Paolo II

Il Monastero del Vangelo proibito – Descrive il ritrovamento di un frammento di un Vangelo proibito.

I cospiratori del Priorato – Storia di una congregazione segretissima

The Father – Storia del Padrino dei padrini

 

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Video suggerito e commentato (in inglese e italiano, 2 minuti):

ONU e Nuove Tecnologie: Vera sfida per Guterres – UN and New Technologies: Real challenge for Guterres