Foto: Nel riquadro l’avvocato Pier Paolo Poggioni

 

Tutti parlano dei Fondi Europei. Tutti si lamentano che l’Italia non sa utilizzarli. Tutti sollecitano un maggiore impegno italiano a Bruxelles. Nei fatti, però, quasi nessuno è a conoscenza dei meccanismi che regolano questi Fondi. Ecco perché questa lunga intervista con uno dei maggiori esperti in materia rappresenta un prezioso contributo per imparare a sfruttare al meglio uno degli strumenti fondamentali per la crescita del Paese. Stiamo parlando dell’avv. Pier Paolo Poggioni, laureato in Giurisprudenza all’Università di Siena e che dal 1989 presta la propria attività di insegnamento presso la Scuola di Lingua e Cultura per stranieri di Siena. Recentemente ha iniziato anche a collaborare con alcune testate giornalistiche senesi  (è stato anche redattore della Rivista “Toscana Giurisprudenza” edita in Firenze.

 

Nel 1992 Poggioni ha conseguito l’abilitazione alla Professione Legale presso la Corte d’Appello di Firenze. E’ stato anche membro dell’Associazione Italiana Giuristi Europei nonché della Società Italiana di Diritto Internazionale (SIDI), oltre a lavorare con lo Studio Legale Parsons, Behle & Latimer a Salt Lake City, Utah, USA – dipartimento business.  Per vari anni, poi, Poggioni è stato  consigliere di amministrazione dell’Accademia Musicale Chigiana di Siena, quale rappresentante del Ministro della Pubblica Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica, nonché dell’Amministrazione Provinciale di Siena. 

 

Docente della “Scuola Forense”, istituita a cura dell’Ordine degli Avvocati di Siena e tenutasi presso il Palazzo di Giustizia di Siena (dal 1997 al 1998), Poggioni svolge anche un’intensa attività di consulenza per società di rilevanza  nazionale e internazionale, nonché di importanti istituti bancari. Patrocinatore presso la Corte di Cassazione e Giurisdizioni Superiori, Poggioni è autore di diverse pubblicazioni scientifiche nel settore internazionale; inoltre, è stato docente della Luiss Management e per diversi anni Professore a Contratto di Diritto Internazionale e Diritto dell’Unione Europea presso l’Università di Siena. Attualmente è anche docente dell’Unifedericiana e della Unicusano, nonché Relatore in vari convegni in Italia e all’estero. Infine, Poggioni ricopre anche l’incarico Componente del Dipartimento Nazionale Politiche dell’Unione Europea di Forza Italia e Presidente del relativo Gruppo Fondi Europei.

 

Avvocato, spesso viene sottolineato il fatto che l’Italia contribuisca molto di più di quanto riceva dall’Europa. Si può quantificare questa disparità?

 

Le recenti analisi dei flussi finanziari intercorsi tra l’Italia e l’Unione Europea hanno confermato la tradizionale posizione di contributore netto dell’Italia e, cioè, quale soggetto che versa in misura maggiore rispetto alla relativa fruizione. Negli ultimi anni, il saldo dei contributi netti ha raggiunto costantemente, in media, circa 5 miliardi di euro annui. Quale membro contributore netto, secondo gli ultimi dati della relazione della Corte dei Conti, in sette anni l’Italia ha accumulato 36,1 miliardi di saldi negativi. In questo quadro di sbilancio negativo, l’Italia figura quarta dopo Germania, Regno Unito e Francia. La Brexit, quindi, farà venire meno uno dei contributori netti con conseguente appesantimento del relativo disallineamento a carico del nostro Paese.

 

Secondo la Corte dei Conti Europea, nella relazione del gennaio scorso, con una percentuale media di impegni pari a poco piu’ del 54% e di pagamenti al di sotto del 27%, si registra una accelerazione, anche se quasi al termine del sesto anno del periodo di riferimento (programmazione 2014-2020). La Corte osserva, inoltre, che “permane, generalmente, la differenza, in termini di effettività della capacità di spesa, tra le regioni più sviluppate e quelle meno sviluppate, nel senso che le prime spendono meglio e più delle seconde. La (paradossale) conseguenza di ciò è che decenni di politiche di coesione non sembrano avere sortito, in Italia, gli effetti per i quali esse sono state ideate, cioè ridurre il divario tra le aree più sviluppate e quelle meno sviluppate.

 

Quali sono le principali ragioni di questa anomalia?

 

La Corte dei Conti, nella relazione depositata il 9 gennaio 2019, segnala che: «la dinamica degli accrediti dipende, oltre che dalla preassegnazione dei fondi a ciascun Paese nell’ambito della gestione concorrente, anche dalla capacità progettuale e gestionale degli operatori…». Vi è pertanto un evidente difetto formativo/operativo: scarse competenze tecniche che rendono drammaticamente incombente la tagliola del disimpegno automatico dei fondi. E’ evidente, quindi, l’esigenza di una formazione mirata anche nel periodo di scolarizzazione con conseguente creazione di credibili professionalità a vantaggio del sistema e con importanti e produttive  ricadute occupazionali.

 

Connesso a ciò, tuttavia, sarebbe auspicabile anche un cambio di marcia delle regole europee, volto a una maggiore semplificazione e che ribalti la logica sostanzialmente punitiva, per far posto a un approccio costruttivo nell’utilizzo dei fondi;  occorre superare il paradosso secondo cui più uno Stato è in difficoltà e più i meccanismi comunitari risultano penalizzanti. Se uno Stato rimane indietro rispetto agli altri, anziché sanzionare meramente la mancata presentazione di progetti adeguati con la perdita di risorse, la Commissione dovrebbe prevedere anche meccanismi di affiancamento e supporto dei singoli Paesi soprattutto quelli che, nell’esperienza pluriennale, presentano tradizionalmente maggiori difficoltà nell’assicurarsi legittimamente i Fondi, soprattutto per quelli detenenti il ruolo di contributori netti.

 

In tema di cofinanziamento, occorre affrontare il problema della scarsa fruibilità dei canali bancari con necessità di prevedere una garanzia (o cogaranzia) pubblica non sanzionabile a livello europeo.  Dovrebbe essere incentivato e favorito il crowfunding, oltre a una maggiore valorizzazione  del contributo rappresentato dagli apporti  non prettamente finanziari (personale, localizzazione, strutture ecc.). Con il nuovo piano pluriennale (2021/2027)  è ipotizzato il ritorno alla norma conosciuta come “N+ 2” che anticipa di un anno il disimpegno dei fondi, già previsto del resto nella programmazione 2007-2013. Dai commentatori viene visto come un incentivo all’utilizzazione ma è facile ipotizzare un aggravamento in termini di difficoltà di fruizione stante il disimpegno anticipato. Tale meccanismo andrebbe rivisto in termini di flessibilità, da un lato, e in termini di possibilità di utilizzazione dei fondi disimpegnati, con accantonamento in apposito fondo, magari in una prefissata percentuale rispetto all’avvenuta non utilizzazione, per la loro successiva destinazione per le emergenze/progettualità particolari riguardanti il Paese originariamente destinatario di tali risorse.

 

A ciò dovrebbe accompagnata una riduzione del tasso di cofinanziamento dei programmi operativi, almeno per le Regioni meno sviluppate e per quelle in transizione, attesi i noti problemi all’accesso al credito o ad altre fonti proprie. E’ proprio anche questo elemento, le difficoltà di accesso al credito, che rende più difficoltoso l’accesso  ai finanziamenti da parte degli operatori italiani. In quest’ottica, sarebbe opportuno rivedere anche il meccanismo previsto dal  regolamento 1303/2013 che  impedisce l’utilizzazione di fondi della programmazione presente per i c.d. progetti retrospettivi relativi a precedenti periodi di programmazione relativamente alle spese già sostenute.

 

Quali sono le principali differenze tra i fondi strutturali e i fondi diretti, i finanziamenti, le sovvenzioni, prestiti e garanzie?

I Fondi a gestione diretta sono programmati ed erogati da parte delle Direzioni Generali della Commissione Europea e hanno l’obiettivo di supportare la definizione e l’implementazione di politiche comuni in settori strategici. I Programmi a Gestione Diretta della UE sono uno strumento per sostenere finanziariamente lo sviluppo di progetti volti a favorire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. I Programmi prevedono specifici bandi (call for proposal) emanati e gestiti dalla Commissione Europea e dalle sue Agenzie esecutive. Ciascuna call for proposal è caratterizzata da proprie modalità di candidatura delle proposte, di particolari composizioni dei partenariati, da diverse intensità di aiuto da parte dell’UE, nonché da specifiche modalità per la gestione e rendicontazione delle attività realizzate e delle relative spese.

 

Le call sono pubblicate nei siti delle Direzioni Generali o delle Agenzie dipendenti dalla Commissione Europea, come pure sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GUUE). Il testo del bando contiene la descrizione del programma di riferimento e della relativa dotazione finanziaria, la procedura e i termini di presentazione delle proposte, i beneficiari, l’importo del contributo finanziario dell’Unione Europea, i requisiti minimi per poter partecipare, i criteri di selezione e gli indirizzi presso i quali si può ottenere la documentazione informativa (come il programma di lavoro, i moduli per la presentazione delle proposte). Nell’invito sono indicati riferimenti internet presso cui reperire ulteriori e più dettagliate informazioni tra cui le “Linee guida del Programma” (Programme guide) o la “Guida per i proponenti” (Guide for applicants).

 

Il Gruppo dei finanziamenti indiretti è costituito dai cosiddetti Fondi strutturali e dal Fondo di coesione. Lo scopo principale di questi fondi è quello di ridurre le disparità economiche, sociali e territoriali tra le varie regioni europee. Le regioni più povere dell’Europa ricevono la maggior parte dei finanziamenti anche se tutte le Regioni europee possono fruire di questi fondi tramite i diversi meccanismi di finanziamento. La politica regionale dell’Unione Europea è finanziata da tre principali fondi che possono intervenire nell’ambito di uno o più obiettivi di detta politica:

  • il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR);
  • il Fondo sociale europeo (FES);
  • il Fondo di coesione (FC).

 

I predetti Fondi, unitamente al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP),  costituiscono i Fondi strutturali e di Investimento europei che rappresentano la gran parte dei finanziamenti comunitari e la maggior parte del totale della spesa dell’Unione Europea. I finanziamenti a gestione indiretta vengono mediati da autorità nazionali, regionali o locali che hanno il compito di gestire le risorse comunitarie, programmare gli interventi e emanare i bandi. Le sovvenzioni sono destinate a progetti specifici collegati alle politiche dell’UE normalmente   a seguito di un “invito a presentare proposte”.  Una parte dei finanziamenti proviene dall’UE, un’altra da fonti diverse. La UE, poi,  eroga prestiti, garanzie e finanziamenti azionari come forme di sostegno vincolato a politiche e programmi dell’UE. Ad esempio, offre prestiti ai beneficiari per investimenti nel settore della ricerca e dell’innovazione, oppure fornisce garanzie ai beneficiari affinché possano ottenere prestiti più facilmente o a condizioni più favorevoli da banche e altri istituti di credito. L’UE può inoltre partecipare finanziariamente a un progetto possedendone una parte.

 

E’ vero che esiste anche un problema di lingua? 

E’ un obiettivo assolutamente auspicabile atteso che appare abbastanza incomprensibile come l’Italia, Paese fondatore della Comunità Europea e tra i più importanti da ogni punto di vista,  soffra di un difetto divulgativo/informativo che si traduce in problema operativo:  nei bandi troviamo link che rinviano a pagine della commissione quasi sempre solo in inglese, francese e tedesco a cui si connettono evidenti deficit divulgativi con, inoltre, una eccessiva frammentazione della disciplina comunitaria. E’ da segnalare tuttavia, a tal proposito, la proposta di un  codice unico europeo fondi da parte della Commissione (maggio 2018).

 

Lei ha sostenuto che occorre lavorare sull’ euro progettazione per creare opportunità di lavoro per i giovani. Può approfondire questo concetto?

La insufficiente preparazione, come dicevo, è una delle maggiori cause delle difficoltà di accesso ai fondi europei . Nel panorama nazionale appaiono spesso soggetti che, nella sostanza, sono abbastanza improvvisati e tale connotato determina la non corretta predisposizione dei dati richiesti con conseguente non approvazione o, peggio, revoca. Investire sulla formazione dei giovani in questo settore consentirebbe di pervenire a un duplice obiettivo:  da un lato, consentirebbe al nostro paese di colmare il gap in termini di accesso ai finanziamenti e, dall’altro, fornirebbe ai nostri giovani una opportunità di lavoro che potrebbe avere interessanti ritorni economici. Ritengo che non avere avvertito, ad oggi, tale  esigenza: lo si deve all’insufficiente approccio culturale nei confronti del soggetto – Europa, spesso sentita come soggetto terzo e sostanzialmente distante.

 

Quali risultati ha registrato sino ad oggi il Progetto Orizzonte 2020 per lo sviluppo della ricerca. Secondo Lei ci sono buone possibilità che questo progetto venga rinnovato?

 

Come osservato dalla Corte dei Conti europea, il Progetto ha sofferto di una insufficiente intellegibilità e, pertanto, sarebbero stati necessari una maggiore semplificazione e la riduzione delle formalità burocratiche. La Corte ha riscontrato che la Commissione aveva fatto tesoro dell’esperienza maturata con la gestione dei precedenti programmi quadro. Grazie a nuove strutture, quale in particolare il Centro comune di supporto, l’attuazione del programma è stata più coerente. Tuttavia, il servizio informazioni sulla ricerca, che fornisce consulenza e sostegno ai richiedenti e ai partecipanti, non è stato incorporato nel Centro comune e il livello di assistenza e orientamento offerto varia da un punto di contatto nazionale all’altro.

 

Gli strumenti di supporto, come il portale dei partecipanti, sono migliorati e il ricorso alle firme elettroniche ha semplificato l’assegnazione e la gestione delle sovvenzioni. Occorrono, tuttavia, alcuni aggiornamenti tecnici e il manuale delle sovvenzioni è difficile da consultare, specie per gli inesperti. Ciò nonostante, solo una parte degli inviti a presentare proposte prevede una valutazione in due fasi, il che si ripercuoteva, in particolare, sui richiedenti non selezionati. Inoltre, il marchio di eccellenza (Seal of Excellence), volto a far sì che le migliori proposte tra quelle respinte ricevano finanziamenti altrove, non è  stato efficace. Le norme sui costi del personale restano complesse, il che comportavano errori nelle dichiarazioni di spesa. Gli effetti collaterali negativi del nuovo approccio hanno causato disorientamento e incertezza giuridica. Complessivamente, tuttavia, il Programma ha fornito buoni risultati.

 

Nel quadro del prossimo bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2021-2027, la Commissione Europea propone di stanziare 100 miliardi di euro per la ricerca e l’innovazione. Il nuovo programma, Horizon Europe, consoliderà i risultati di Horizon 2020. Horizon Europe è più ambizioso  e introdurrà le seguenti novità principali:

  • un Consiglio europeo dell’innovazione (CEI): la proposta della Commissione istituirà un referente unico per portare dal laboratorio al mercato le più promettenti tecnologie ad alto potenziale e rivoluzionarie e aiutare le startup e le imprese più innovative a sviluppare le loro idee. Il nuovo CEI contribuirà ad individuare e finanziare le innovazioni ad alto rischio e in rapida evoluzione che hanno forti potenzialità di creare nuovi mercati;
  • nuove missioni UE per la ricerca e l’innovazione incentrate sulle sfide per la società e la competitività industriale: nell’ambito di Horizon Europe, la Commissione avvierà nuove missioni con obiettivi audaci e ambiziosi e un forte valore aggiunto europeo per affrontare i problemi che incidono sulla nostra vita quotidiana, dalla lotta contro il cancro ai trasporti puliti o alla rimozione della plastica dagli oceani;
  • massimizzazione del potenziale di innovazione in tutta l’UE: sarà raddoppiato il sostegno fornito agli Stati membri in ritardo con gli sforzi per mettere a frutto il loro potenziale nazionale di ricerca e innovazione;
  • maggiore apertura: il principio della “scienza aperta” diventerà il modus operandi di Horizon Europe, che richiederà il libero accesso alle pubblicazioni e ai dati, il che consentirà la diffusione sul mercato e rafforzerà il potenziale di innovazione dei risultati generati dai finanziamenti dell’UE;
  • una nuova generazione di partenariati europei ed una maggiore collaborazione con gli altri programmi dell’UE: Horizon Europe ottimizzerà il numero di partenariati che l’UE programma o finanzia in collaborazione con partner come l’industria, la società civile e le fondazioni di finanziamento, al fine di aumentare l’efficacia e l’impatto nel conseguimento delle priorità d’intervento dell’Europa.

 

La dotazione finanziaria proposta di 100 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 include 97,6 miliardi di euro a titolo di  Horizon Europe (di cui 3,5 saranno stanziati a titolo del Fondo InvestEU) e 2,4 miliardi di euro per il programma Euratom di ricerca e formazione. Un accordo in tempi brevi sul bilancio complessivo a lungo termine dell’UE e sulle relative proposte settoriali è fondamentale per garantire che i fondi UE comincino a produrre risultati il prima possibile. Un accordo nel 2019 sul prossimo bilancio a lungo termine consentirebbe una transizione agevole tra l’attuale bilancio a lungo termine (2014-2020) e quello successivo, garantendo la prevedibilità e la continuità dei finanziamenti.

 

La priorità del programma 2021-2027 sarà investire maggiormente in aree come ricerca e innovazionegiovanieconomia digitalegestione delle frontieresicurezza e difesa per contribuire alla prosperità, alla sostenibilità e alla sicurezza nel futuro. In particolare i settori che beneficiano di un incremento di risorse rispetto al QFP (Quadro Finanziario Pluriennale) attuale sono:

  • ricerca, innovazione e agenda digitale: 115,4 miliardi di euro, di cui 102,5 per ricerca e innovazione e 12,19 per agenda digitale (+60%);
  • giovani: in particolare, si prevede il raddoppio dei fondi Erasmus, da circa 15 a 30 miliardi di euro;
  • migrazione e gestione delle frontiere: 34,9 miliardi di euro (+154,7%);
  • difesa e sicurezza interna: 27,5 miliardi di euro, di cui 13 miliardi per il nuovo Fondo europeo per la difesa (+ 80% circa per quanto riguarda la sicurezza; + 220% per il Fondo europeo per la difesa);
  • azione esterna: 123 miliardi di euro (+22%);
  • clima e ambiente (programma LIFE): 5,4 miliardi di euro (+70,3%). Inoltre, il 25% (320 miliardi di euro) del bilancio pluriennale è destinato al raggiungimento degli obiettivi climatici rispetto al 20% (206 miliardi di euro) del bilancio pluriennale in corso.

Per compensare tale innalzamento di finanziamento si prefigura una riduzione dei finanziamenti a favore della politica agricola comune (PAC) e della politica di coesione, rispettivamente del 5% e del 7% secondo le stime della Commissione europea.

 

E’ possibile avere dei contributi anche nel campo dell’informazione?

Il programma “Europa creativa” è il programma dell’Unione europea che supporta la cultura e il settore dei media. “Europa Creativa” comprende due sottoprogrammi: il sottoprogramma Cultura e il sottoprogramma Media. Nell’ambito della cultura vengono promosse la cooperazione tra le organizzazioni culturali e creative tra i diversi Stati membri, la creazione di piattaforme e di reti transnazionali, la promozione della produzione letteraria e della sua traduzione. All’interno del sottoprogramma Media invece vengono finanziate attività quali la formazione professionale, il sostegno alle compagnie di produzione europee e alla co-produzione internazionale, iniziative per l’impiego e l’occupazione, la produzione di programmi audiovisivi e videogiochi, attività promozionali del settore, la creazione di reti cinematografiche o film festival. Sono poi previsti finanziamenti transettoriali che comprendono la costituzione di garanzie facilitare l’accesso al credito per le imprese operanti in questi settori, la promozione di una politica di cooperazione transnazionale e il supporto alla rete d’aiuto “Europa Creativa” .

 

E’ da segnalare, inoltre, che sussiste l’impegno della UE a promuovere e incoraggiare la libertà e il pluralismo dei media. Ciò si tradotto nella istituzione di un meccanismo di risposta a livello europeo per contrastare le violazioni e il deterioramento della libertà di stampa e dei media negli Stati membri nonché mediante un fondo destinato a sostenere il giornalismo investigativo transfrontaliero nell’UE. Le parti interessate (ad esempio i giornalisti e le ONG) hanno avuto la possibilità di proporre progetti a sostegno del giornalismo indipendente e della cooperazione giornalistica negli Stati membri, o progetti di sensibilizzazione.

 

Ma un’impresa, in concreto, che intende accedere ai fondi europei come si deve muovere? A chi si deve rivolgere?

L’attore principale della politica di informazione e comunicazione della Commissione europea è la Direzione Generale Comunicazione, un servizio che opera sotto l’autorità del Presidente della Commissione e del Vicepresidente con la funzione di:

  • informare i media e i cittadini sulle attività della Commissione e far conoscere gli obiettivi delle sue politiche ed azioni;
  • tenere informata la Commissione sull’evoluzione dell’opinione pubblica negli Stati membri.

Essa opera appunto attraverso una rete di centri d’informazione che fungono da interfaccia tra i cittadini e l’Unione Europea a livello locale. La rete è denominata “Europe Direct”e comprende a sua volta la rete delle antenne Europe Direct (ED) e la rete dei Centri di Documentazione Europea (CDE). Ogni rete ha un ruolo specifico o si rivolge ad una determinata categoria di utenti.

Le antenne Europe Direct (ED) sono centri di informazione al servizio dei cittadini con il compito di:

  • offrire informazioni, consigli e assistenza su questioni riguardanti l’Unione Europea come, per esempio, sulle attività delle sue istituzioni o le opportunità di finanziamento;
  • promuovere il dibattito sull’Europa organizzando eventi;
  • diffondere informazioni adatte alle necessità locali;
  • fornire  l’opportunità di far conoscere le proprie opinioni alle istituzioni comunitarie.

A differenza di altre reti d’informazione che si rivolgono a gruppi di utenti specifici, le antenne Europe Direct si rivolgono a tutti gli utenti e, dal momento che conoscono meglio il contesto culturale locale, li indirizzano verso le informazioni di maggiore interesse.

I Centri di Documentazione Europea (CDE) aiutano le università e gli istituti di ricerca a:

  • promuovere l’insegnamento e la ricerca nel settore dell’integrazione europea;
  • rendere accessibili al pubblico, universitario e non, le informazioni sull’Unione Europea e le sue politiche;
  • partecipare al dibattito sull’Unione Europea (per es. organizzando workshop, info-day, ecc.).

Gli utenti principali dei CDE sono studenti e ricercatori che preparano una tesi o una ricerca riguardante le politiche dell’Unione. Rete italiana dei Centri di Documentazione Europea (CDE): http://www.cdeita.it/

Altre reti d’informazione sono gestite da diverse direzioni generali (DG) della Commissione europea ed offrono una consulenza specializzata alle imprese, in particolare alle PMI.

  • L’Enterprise Europe Network, che è una rete gestita dalla DG Imprese e industria della Commissione europea per aiutare le piccole e medie imprese a cogliere opportunità e vantaggi del mercato europeo e a sviluppare il loro potenziale di innovazione. Alcuni esempi di assistenza offerta sono: identificare potenziali partner commerciali, sviluppare nuovi prodotti, accedere a nuovi mercati, informare sulla legislazione comunitaria e internazionale, informare su opportunità di finanziamento.

Una mappa delle organizzazioni presenti in ogni paese è sul sito: http://een.ec.europa.eu/

  • I Business Innovation Centres (BIC), in italiano “Centri europei d’impresa e innovazione” (CEII). Sono organismi di sostegno alle piccole e medie imprese e agli imprenditori innovativi. Vengono riconosciuti dalla Commissione europea sulla base di una certificazione di qualità che permette di ottenere il marchio europeo “EC BIC” su licenza della DG Imprese e industria. Sono costituiti dai principali operatori economici di una zona o di una regione e forniscono assistenza nella preparazione e nel lancio di nuove attività.

I BIC mirano al rafforzamento della competitività del territorio in collaborazione con enti locali e territoriali, per questo tendono ad operare su progetti che riguardano il tessuto imprenditoriale locale nel suo insieme piuttosto che la singola impresa. L’elenco dei contatti (più di 200) dei BIC è fornito dalla rete European BIC Network (ENB).

  • La Rete europea di centri nazionali Europa coordinata dalla Commissione europea – DG Istruzione e cultura con il supporto del Cedefop (European Centre for Development of Vocational Training). La rete opera per migliorare la trasparenza delle qualifiche e competenze nell’ambito della mobilità formativa e professionale in Europa. Il Centro nazionale Europass Italia (NEC) è stato istituito presso l’Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori). Il compito del NEC in Italia è di far conoscere e fornire, anche su supporto cartaceo, i documenti Europass (Curriculum vitae, Passaporto delle lingue, Diploma supplement, Certificate supplement) utilizzabili per il riconoscimento delle qualifiche e delle competenze. Esso rilascia inoltre il documento Europass-Mobilità, uno strumento che consente di documentare le competenze e le abilità acquisite da un individuo durante un’esperienza di mobilità realizzata all’estero (studio, lavoro, volontariato).

                                     

Nel corso dell’anno, inoltre, possono essere pubblicati uno o più inviti a presentare proposte, fornendo così ai potenziali candidati l’opportunità di presentare una proposta di progetto. Frequentemente, ancor prima della pubblicazione ufficiale degli inviti a presentare proposte, è resa pubblica, dai Punti di Contatto Nazionali (PCN) o da altri fonti di informazione, una bozza dell’invito che permette di intraprendere il lavoro sui contenuti della futura proposta progettuale. Spesso la pubblicazione dei bandi è seguita da giornate informative nei diversi Paesi europei (info-day) che vengono organizzate dalla Commissione Europea o dai Punti di Contatto Nazionali. Più recentemente, varie Direzioni Generali e Agenzie Nazionali organizzano seminari on-line, che permettono anche di formulare quesiti ai relatori/esperti.

 

Per cominciare a preparare la proposta di progetto, infatti, non è necessario attendere la pubblicazione del bando. Una volta definita l’idea progettuale e identificata la linea finanziaria più idonea a sostenerla, è preferibile intraprendere da subito la preparazione. Nonostante, come si vedrà e in molti casi,  i bandi richiedano la concezione di partenariati e di attività tali da generare un impatto apprezzabile a livello europeo, i programmi comunitari sono caratterizzati da una relativa ricchezza delle fonti e dalla disponibilità di informazioni già prima della pubblicazione dei bandi (ad esempio, attraverso il regolamento e il piano di lavoro annuale/biennale del programma). Frequentemente, ancor prima della pubblicazione ufficiale degli inviti a presentare proposte, è resa pubblica, dai Punti di Contatto Nazionali (PCN) o da altri fonti di informazione, una bozza dell’invito che permette di intraprendere il lavoro sui contenuti della futura proposta progettuale.

La Corte dei conti ha raccomandato alla Commissione europea di:

  • migliorare la strategia di marketing e comunicazione per lo strumento;
  • migliorare il sostegno che la Commissione europea fornisce ai punti di contatto nazionali per le PMI e la Rete Enterprise Europe (EEN – Enterprise Europe Network);
  • perfezionare la procedura di selezione dello strumento per far miglior uso delle risorse e finanziare le proposte migliori;
  • porre un limite alla possibilità di ripresentare più volte una proposta e rendere pubblico il tasso di riuscita per proposta di progetto;
  • proporre agli Stati membri che regimi simili alla fase 1 siano gestiti dalla Commissione europea;
  • mantenere un regime simile alla fase 2 nel prossimo periodo di programmazione, partendo dai risultati esistenti;
  • potenziare i servizi di accelerazione d’impresa destinando loro risorse adeguate;
  • individuare e promuovere sinergie tra lo strumento per le PMI e gli strumenti finanziari garantiti dall’UE.

 

Per Maggiori Informazioni:

STUDIO LEGALE POGGIONI

Via Banchi di Sopra 31  53100 SIENA

Via Baldinucci         65  59100 PRATO (r)

TEL. (+39) 0577 43195 – FAX (+39) 0577 47908

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Video: In questo video Pier Paolo Poggioni e il Direttore della CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) Enea Franza parlano durante un Tavolo di Lavoro (organizzato alla Camera dei Deputati) di Debito Pubblico e Fondi Europei.