Foto di Tommaso Le Pera: Daniela Giovanetti (a sinistra) e Norina Angelini.

 

Il Festival Internazionale Teatro Romano Volterra, fondato da Simone Migliorini, inaugura la sua XVIII Edizione con Bianca, omaggio a Moby Dick di Herman Melville, con adattamento di Gianni Guardigli, prodotto da Gruppo della Creta, regia di Alessandro Di Murro, con Daniela Giovanetti e Norina Angelini, musiche di Enea Chisci, scene e costumi di Laura Giannisi. La messa in scena è impreziosita dai brani tratti da “Marinai, profeti e balene” di Vinicio Capossela, che proprio alla balena bianca ha dedicato il suo doppio album, gentilmente concedendo di renderli drammaturgia sonora.

Per la prima volta a Volterra, Daniela Giovanetti, dichiara con entusiasmo che sarà “felice di esserci. Da tempo, infatti, mi sarebbe piaciuto, e questa volta, finalmente, è stato possibile”. Sull’origine dello spettacolo racconta: “l’idea è nata da un’esigenza. Avevo riletto Moby Dick e questa si è rivelata molto più di una lettura. È stato, per me, come intraprendere realmente un viaggio. Lo spettacolo nasce come omaggio alla balena bianca, a Melville che ha scritto qualcosa di straordinario, di unico, un capolavoro. Così è sorta per me una necessità. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto molto portare in scena quello che Melville è riuscito a darmi con la sua opera: un’emozione fortissima”.

 

“Ne ho parlato con Alessandro Di Murro”, prosegue la Giovanetti, “e nonostante non lo conoscessi da molto tempo, ha condiviso con me questa idea. Poi ne ho parlato con Gianni Guardigli, con il quale avevo già lavorato, ed è stato straordinario cogliere un’affinità, le stesse sensazioni nei confronti di Moby Dick. Anche per lui questo è uno dei romanzi che fanno parte di quella ‘rosa degli unici’, cioè di quelli che ogni tanto rileggiamo. Così è nata Bianca. Il debutto è stato nella ricorrenza dei duecento anni dalla nascita di Melville, nel 1819, esattamente nel giorno del suo compleanno, 1 agosto, presso I Giardini della Filarmonica Romana. Lo abbiamo poi portato in scena al mare, all’alba. Era un’alba meravigliosa sulla spiaggia di Riccione alle 4 del mattino, quando dall’oscurità nasceva l’alba. È stato molto emozionante”. Bianca è stato poi rappresentato, sempre con grandissimo successo, a Roma, al Teatro Basilica, costruito da Daniela Giovanetti, Alessandro Di Murro, con il Gruppo della Creta.

 

Sulla grande attualità di Bianca, Daniela Giovanetti spiega che: “è la voce della balena, della natura. Mai come adesso, dopo quanto accaduto, abbiamo sentito che in questo testo risuona il rapporto tra uomo e natura. Un rapporto che a volte dimentichiamo, credendoci gli unici abitanti della Terra, mentre in realtà non è così: ‘sopra c’è il cielo, sotto c’è il mare, a volte c’è la terra, ma c’è più mare che terra’. Questa è la prima battuta di Bianca, all’inizio dello spettacolo, e posso assicurare che, rileggendo il testo, vi abbiamo trovato ancora più significato e valore rispetto a quando lo abbiamo portato in scena, per la prima volta, un anno e mezzo fa. Penso anche al tipo di ascolto da parte dello spettatore. È diverso, ora, perché abbiamo ancora di più la necessità di raccontarci queste storie, che sono fondamentali, ma che a volte perdiamo. Bianca è questo: c’è Ismaele che intraprende un viaggio e, come dice Melville, dimostra che l’uomo ha necessità del mare, perché esso è un po’ come lo scrigno dei misteri, custodisce le risposte alle nostre domande. È qualcosa alla quale noi torniamo, l’acqua, il mare, verso cui siamo attratti. Si parla della scacchiera bianca e nera: il bene e il male, come se avessero lo stesso valore”.

 

“Ismaele, che racconta questo viaggio, dice, sempre all’inizio dello spettacolo, che quando si sente malinconico, piuttosto che prendere una pistola e spararsi, va per mare, si sposta da dove si trova, prende il largo, cerca di capire di più, si metto in viaggio. Moby Dick è il bianco e Achab è il nero. In qualche modo Ismaele vive attraverso uno e l’altro la grandezza del nostro vivere. Senza il bene e senza il male c’è il niente; senza il bianco e senza il nero c’è il niente. L’uomo deve essere disposto a viaggiare per incontrare l’uno e l’altro, con tutti i rischi possibili. Achab esiste perché deve far vivere la balena che è la natura, quella che alla fine rimarrà.  Ismaele dice che forse non è un caso se è proprio lui che rimane, che dovrà raccontare, mentre gli altri sono morti: ‘ma forse a cielo e mare non importa perché loro restano là’. Questa è l’ultima battuta di Bianca. Penso che questi concetti abbiano oggi ancora più valore e significato. Melville ha scritto qualcosa che è molto più di un romanzo e che è straordinario. Sapeva tutto sugli oceani, sulle balene; è veramente partito per mare e ha conosciuto approfonditamente tutto quello che ha poi raccontato in maniera eccezionale, così come i grandi sanno fare. Abbiamo voluto rendere omaggio a tutto questo. Ci siamo sentiti di doverlo fare. È singolare che lo spettacolo non sia nato adesso ma un anno e mezzo fa e non dettato dai fatti che in questo momento stiamo vivendo”.