Foto: Carlo Alberto D’Alatri insieme alla copertina e retro copertina del suo libro. 

 

Compositore, umorista, performer, Carlo Alberto D’Alatri scrive e si esibisce per i più noti esponenti della comicità italiana. È stato direttore artistico e fondatore nel 1989, insieme a Raffaele Polese e Massimo Guelfi, dell’Acquofono Club, tempio per oltre vent’anni del cabaret capitolino. Dal 2006 collabora alla trasmissione 610 di Lillo & Greg su Rai Radio2 con la sua rubrica I neologismi di Carlo D’Alatri, molti dei quali raccolti in questa opera.

Come si dice quando…  I neologismi di Carlo Alberto d’Alatri, com’è nata questa divertente raccolta?

Da molti anni ormai lavoro su Radio2Rai per la trasmissione comica condotta da Lillo &Greg: “610”. È qui che mi diverto da pazzi, curo e presento le mie numerosissime rubriche, ne ho fatte e ne faccio continuamente. Una di queste si chiama “I neologismi di Carlo D’Alatri “ dove presento i miei neologismi che ho pensato di raccogliere ora in questo piccolo dizionario.

Per offrire a chi ci legge un’idea maggiore di questa tua creazione letteraria, potresti anticipare una delle voci in essa contenute? 

È incredibile come un determinato problema che ci affligge possa ai nostri occhi variare dimensione, crescere, ingigantirsi, per poi sgonfiarsi fino a diventare un’inezia la mattina seguente (o viceversa). Mi sembra veramente una buona notizia per tutti noi, sapere che siamo i possessori della pompa che gonfia o sgonfia, proprio come per un palloncino. Ecco, ho pensato che questo fenomeno, evidente a tutti, abbia bisogno di essere semplificato in una sola parola: “lumiachia”. Usare questo termine può servire, credo, per avere un migliore rapporto con i nostri problemi.

Non mi prendete troppo sul serio comunque, il mio è un libro umoristico da tenere in salotto, e sfogliare a casaccio con gli amici, un po’ per riflettere ma soprattutto per ridere dei nostri comportamenti, abitudini, e mettere al microscopio quegli attimi di vita che sembrano così scontati ma in realtà meravigliosamente interessanti. Sono fotografie su persone, oggetti, situazioni che dovevano essere chiamate in qualche modo, avevano il diritto di un nome, ed io gliel’ho dato. La raccolta di questi vocaboli è divisa per categorie, ce ne sono diverse: c’è la “parcheggiologia” che parla dei parcheggi metropolitani, o la “psicologia degli oggetti” che indaga sul comportamento misterioso di un motore guasto che smette sistematicamente di fare il difetto davanti al meccanico, insomma ci sono molte categorie ma … non vorrei dirvi ancora di più…

Sebbene ci conosciamo da oltre quarant’anni, quarantaquattro per l’esattezza, ti chiedo a nome del pubblico interessato al libro e a chi ti segue, soprattutto in relazione con i temi trattati da Come si dice quando…, cos’è che rilevi o detesti nelle manifestazioni e azioni delle persone o della società?

Il conformismo. Mi sembra il contrario esatto della fantasia: stiamo entrando in un’era tristemente povera di fantasia. Nel mio libro sostengo che gli oggetti pensano, soffrono, gioiscono ed hanno un loro carattere. Non so se sia proprio vera questa visione ma so che vederla così è indispensabile per creare nuove connessioni nella nostra mente e so che per sperare in un mondo nuovo abbiamo bisogno di nuove connessioni, cioè di idee nuove.

Quali sono per te i valori della vita? E i disvalori?

Credo che in cima a tutte le priorità ci sia il rispetto verso la nostra casa terra, verso il nostro pianeta e tutto il creato. Come e chi lo ha fatto non mi interessa molto, da millenni l’umanità perde tempo e combina guai nel tentativo di capire questo mistero. Credo invece che il principale disvalore sia proprio la macchina economica con la quale stiamo interpretando la nostra esistenza, tutto dipende dall’economia e finché i soldi saranno il nostro Dio, nulla potrà mai cambiare e salvare questa stupenda creazione.

Cosa ti annoia?

Quelli che sono convinti. Non voglio passare il mio tempo con chi ha le idee troppo chiare.

Cosa ti diverte di più?

Mi piace mettere in dubbio tutto, anche quello che sto dicendo adesso. È per questo che adoro la comicità “non sense” o come la chiama qualcuno “demenziale”, che è poi quella che trovate in “come si dice quando…” mi piace prendere in giro, dissacrare, molestare e rivoltare le cose per cercare di guardarle sempre con occhi nuovi.

Tanti anni fa tuo padre mi raccontò che un giorno che vi trovavate in un grande magazzino di Roma, piccolissimo di età, ti mettesti a suonare su di un pianofortino giocattolo che era in esposizione, deliziando tutta la clientela presente. Oggi pianista e compositore, cantante e interprete di cabaret come interpreti questa tua inclinazione artistica e musicale, pensi che sia per te un modo di comunicare oppure un modo di essere?

Forse un modo di essere. Spesso non ho bisogno di comunicare quello che invento, lo faccio per me, perché mi diverto. Succede poi che a qualcuno piace, meglio così.

Come hanno accolto questo libro tuo figlio e le persone a te più vicine?

Sono fortunato. La vita mi ha regalato amici, familiari e persone stupende accanto, credo che questo sia veramente un successo, il resto conta poco. Le persone più vicine hanno preso sicuramente questa mia attività come un’altra delle tante “follie” di Carlo e come sempre… mi hanno apprezzato, ma soprattutto sopportato (!)

Pratichi la meditazione buddhista, coltivi un orto, e sei un gran lettore. Cos’è la serenità?

È solo non cercandola che si trova la serenità. Per questo sto cercando da una vita di togliermi il vizio di cercare: all’orto, in meditazione o leggendo ci riesco un po’.

Se un tuo desiderio potesse mai essere esaudito, cosa chiederesti per il pianeta in cui abiti?

Credo che se ognuno di noi abbandonasse le proprie convinzioni non ci sarebbe più nessuno che abbia ragione o torto e quindi i conflitti finirebbero. Credo che sia proprio la comicità una strada buona che ci aiuta a non credere troppo e a ridere di tutto, soprattutto di noi stessi. Se un Islamico e un cristiano dicessero ad esempio “forse la mia è la vera religione” diventerebbero subito amici. C’è un urgente bisogno di salvare il pianeta e non si può fare litigando tra di noi.

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