Foto: sullo sfondo della Città di Medellin in Colombia, Martha Hernandez (riquadro a sinistra) e Rosana Angelica Botana

 

Il Movimento Tutela Sociale (Movimento Internazionale che si propone di rafforzare lo Stato Sociale in tutto il mondo) segue da con grande attenzione l’attività politica in America Latina (disponendo, tra l’altro, di osservatori e uffici di collegamento in Brasile, Argentina e Messico). Questa volta ci occupiamo della Colombia, un Paese da anni sconvolto dalla lotta contro i narcotrafficanti e da una guerra civile strisciante: una guerra che a un certo punto sembrava superata ma che recentemente è riesplosa con una serie di tumulti e scioperi promossi spontaneamente da una popolazione esasperata e desiderosa soprattuto di maggiore giustizia sociale. Per Punto Continenti l’analista politica Rosana Angelica Botana, che per molti anni ha vissuto a Buenos Aires e altre località latino americane,  ha intervistato Martha Hernandez, grande esperta di politica internazionale e che segue da vicino l’evolversi dell’attuale difficile situazione colombiana. E’ vero che in questo grande Paese sudamericano vivono poco più di 10mila italiani (niente a che vedere, quindi, con i milioni di oriundi che troviamo, ad esempio, in Brasile e Argentina) ma questo non giustifica minimamente la scarsa attenzione con la quale generalmente la grande stampa italiana segue gli avvenimenti della Colombia, alla pari con quanto avviene per altri Paesi latino americani. Comunque, nel nostro piccolo cerchiamo di dare una mano a invertire questa situazione, nella consapevolezza che i problemi di ogni Paese (anche se geograficamente lontano) sono sempre nostri problemi. (Rainero Schembri, Coordinatore del MTS). 

 

Servizio di Rosana Angelica Botana

Per capire meglio cosa sta accadendo realmente in Colombia, questo martoriato paese latino americano in piena crisi economica e sociale, ci siamo rivolti alla grande esperta  Martha Hernandez.  Laureata in Scienze Politiche (con specializzazione in studi politici), giornalista e comunicatrice sociale da oltre vent’anni,  attualmente la Hernandez è direttrice dell’Associazione Internazionale di Consulenti Politici, Strateghi e Ricercatori Politici (ACEIPOL), nonché coautrice del libro Le tappe della Pace in Colombia. Con lei abbiamo approfondito l’attuale processo di disgregazione del Paese, che praticamente da decenni convive con una specie di guerra civile. Ma questo fenomeno di instabilità e crisi di sistema non riguarda solo la Colombia ma anche altri Paesi sudamericani come l’Argentina, il Brasile, il Peru, il Venezuela e recentemente anche Cuba. Tornando alla Colombia, parliamo di un paese con grandi risorse naturali (petrolio, oro, pietre preziose, gas naturale, carbone, nichel, smeraldi, uranio, plutonio) e una consolidata siderurgia. Negli altri comportati produttivi la Colombia non è invece competitiva. Inoltre, il Paese deve confrontarsi con la piaga delle mafie, dei gruppi di narcos, della guerriglia sopravvissuta alla guerra contro la droga. Una situazione estremamente complessa che ora proviamo di approfondire con la prof.ssa Hernandez.

Cosa sta accadendo in Colombia?

Cominciamo col dire che il Presidente Ivan Duque, eletto recentemente,  ha varato una Riforma Tributaria con l’obiettivo di sanare i conti dello Stato peggiorati sensibilmente a seguito di ingenti acquisti di armi dagli Stati Uniti. Contemporaneamente la popolazione sta vivendo una disastrosa gestione della pandemia caratterizzata, tra l’altro, da una fallimentare somministrazione dei vaccini. Le due cose messe insieme hanno provocato una grave rottura tra il Governo e la società civile che è sfociata in uno sciopero nazionale. Comunque, questa rottura è cominciata prima, più precisamente nel 2019, a causa di una serie di promesse non mantenute che hanno coinvolto anche la  comunità indigena che si è mobilizzata in diverse città, tra cui Cali e Bogotà. Si partiva dalla periferia per arrivare al centro del potere, al quale veniva chiesto una riforma agraria e l’attuazione degli accordi di pace sottoscritti.

Il Governo come reagisce a queste proteste?

Con riforme di chiaro stampo neo liberista, come sta avvenendo in diversi altri Paesi, anche in Europa. Mi riferisco, ad esempio, alla riforma pensionistica che si propone semplicemente di aumentare l’età pensionabile dei cittadini. Poi c’è la riforma dell’istruzione che non soddisfa la richiesta di una maggiore qualità dell’istruzione, nonché un accesso gratuito all’Università.  Per non parlare, poi, della riforma della sanità, tutta incentrata sulla privatizzazione del servizio pubblico. La verità è che il Governo non mostra alcuna disponibilità a intraprendere un dialogo serio e costruttivo con la gente. La scelta di ricorrere allo sciopero nazionale è avvenuto spontaneamente, a prescindere dai sindacati. E’ stata la conseguenza di una disperazione collettiva che purtroppo determina anche conseguenze estreme: recentemente, ad esempio, l’elicottero presidenziale è stato colpito da un bazooka. Questo è, comunque, il livello di tensione vissuto dal Paese.

 

Lei come lo descriverebbe il Presidente Duque?

Direi che è una persona scarsamente empatica e che tende a isolarsi e a condurre una presidenza ispirandosi un po’ allo stile francese di Macron. Lo stesso vale anche sul piano internazionale. Al posto del dialogo il Presidente preferisce la repressione. Lo dimostra, infatti, che ormai abbiamo quasi duecento ‘desaparecidos’ e ci sono numerose denunce per violazione dei diritti umani (in materia di integrità, libertà di riunione, libertà di espressione e opinione, di vita e di ibertà personali). Le zone più colpite sono state fino a ora Antiochia,  Bogotà,  Risaralda, Santander, Tolima e Ibague. Abbiamo, inoltre, più di  mille civili feriti mentre il numero dei manifestanti è arrivato a un milione. Infine, sono in corso ben 85 processi contro la polizia per eccessi e violazione dei diritti umani avvenuti solo durante lo Sciopero Nazionale.

 

Come si sta, invece, comportando il Parlamento?

E’ diviso in entrambi i rami tra sostenitori del Governo e quelli che appoggiano la protesta popolare. In Senato, ad esempio, è stata presentata una mozione di censura nei riguardi del Ministro della Difesa, Diego Molano, che giustificava gli omicidi commessi dall’ Esercito e dalla Polizia.  E’ bene ricordare che in Colombia è vietato l’ uso delle armi  per reprimere le manifestazioni popolari. Cosi come è vietato dallo Statuto di Roma (il trattato istitutivo del 1998 della Corte Penale Internazionale, ndr.) che un Presidente dia via libera a gruppi armati per reprimere le manifestazioni di piazza.

E il potere giudiziario?

Purtroppo il potere giudiziario è quasi integralmente cooptato dal governo nazionale. La Corte Suprema di Giustizia, i giudici e la magistratura sono stati quasi tutti nominati dal potere esecutivo di turno, quindi non sono poteri indipendenti come auspicato dalla Costituzione.  Sul piano concreto in Colombia non esiste più la Democrazia, la Procura, la Magistratura, la Corte dei Conti: tutti sostengono il governo centrale, o meglio, tutti si sostengono reciprocamente. Pertanto non c’è indipendenza fra i poteri, tanto meno contropoteri. Possiamo dire che in Colombia vige in un sistema che il politologo americano Robert Dahl amava chiamare Poliarchia:un sistema, cioè, caratterizzato da una democrazia formale che non rispetta la Costituzione e i limiti nell’esercizio del potere. In questo momento il governo colombiano sta uccidendo la democrazia senza che nessuno possa intervenire per frenare questa violazione.  purtroppo molti settori dell’economia nazionale sostengono il governo e la sua azione di repressione. In compenso il giornalismo internazionale e le imprese estere rendono noto ciò che realmente sta avvenendo nel paese. La situazione è talmente critica che si è preferito non giocare la Coppa America in Colombia, come era nei piani originari.

 

In questo contesto quale ruolo sta assumendo la Chiesa Cattolica?

La chiesa cattolica, attraverso una Conferenza Episcopale, ha cercato di assolvere il ruolo da mediatore naturale fra il governo e le parti sociale, ma i risultati sono stati modesti. Anch’essa sta dimostrando una scarsa capacità di incidere sulle scelte politiche. Nel frattempo il governo continua a narrare che i manifestante sono essenzialmente dei delinquenti, se non terroristi: una narrazione completamente fuorviante e che si propone solo di demonizzare  l’opposizione.

 

La gente come reagisce? E’ sfiduciata o crede ancora in un radicale cambiamento’

Anche se la società colombiana è stanca della corruzione, dell’ingiustizia sociale e della violenza, continua a spingere i giovani a imprimere un’altra dinamica nel paese, nell’ambito della quale il governo si ponga al servizio del cittadino e non dei gruppi tradizionalmente al potere. I giovani auspicano una rivoluzione culturale basata sulla riflessione e non sull’ubbidienza ad oltranza. Una rivoluzione che crei dei cittadini riflessivi e non solo obbedienti. Solo così, del resto, sarà possibile costruire una Repubblica veramente democratica:  una Repubblica sempre attenta alla formazione e alla consapevolezza  del cittadino.

Ma chi comanda veramente e chi sono i principali artefici della situazione colombiana?

Sicuramente il settore della sicurezza, i paramilitari, i vigilanti privati, i gruppi armati fuori legge, i delinquenti comuni e i settori della guerriglia dissidente. Si capisce perché il governo non accetti una verifica da parte della Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDU), tanto meno la presenza di una commissione argentina autorizzata a indagare sulla violazione di diritti umani. Forse verrà accettata la supervisione di una delegazione internazionale. Vorrei, comunque, ricordare che recentemente l’autorevole  Washington Post ha pubblicato un corposo servizio sulla violazione dei diritti umani in Colombia. La verità è che ormai nessun Governo crede più alla narrazione del governo colombiano.

Sul piano internazionale chi sostiene attualmente la Colombia?

Negli Stati Uniti molti appartenenti al Partito Democratico sostengono in modo aperto ed esplicito il governo Duque.  Viceversa, il Governo argentino è solidale con l’opposizione colombiana. Il resto del Sudamerica guarda alla situazione  in modo sostanzialmente neutrale. Per quanto riguarda la maggioranza dei colombiani possiamo dire che il Pase vive una fase di vigile attesa nella speranza che presto si torni a una vera pace sociale.

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Videoclip del Movimento Tutela Sociale