Nei riquadri a sinistra e in piccolo Shobana Nelasco; a destra, Ela Gandhi nipote del grande Mahatma 

 

La dottoressa indiana Shobana Nelasco oltre ad essere un’esperta economista (soprattutto di problematiche asiatiche), è anche una grande studiosa del Mahatma Gandhi. Ed è proprio in questa veste che ha intervistato per Punto Continenti, la nipote del grande maestro: Ela Gandhi, attualmente residente a Durban in Sud Africa. Il curriculum della Gandhi è notevole: fondatrice della Natal Organization of Women (fino al 1991), è stata anche co-presidente della Conferenza mondiale sulle religioni per la pace, nonché membro del Parlamento sud africano dal 1994-2004. Ha sempre lottato contro la violenza sulle donne e contro le discriminazioni raziali (uno dei suoi figli è stato ucciso durante la lotta contro l’apartheid). Oltre ad aver fondato il Gandhi Development Trust, è stato anche membro del Comitato per gli affari religiosi ed ha supervisionato una rivista mensile. Oltre a presiedere il Mahatma Gandhi Salt March Committee, è stata rettore della Durban University of Technology. Ma passiamo all’intervista realizzata della Nelasco che, come studiosa, rappresenta un punto di riferimento in India per il Movimento Tutela Sociale, un Movimento d’opinione internazionale promosso dalla REA (Radiotelevisioni Europee Associate) con l’obiettivo di rafforzare in tutti i Paesi lo Stato Sociale. (Rainero Schembri, Coordinatore del MTS).   

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Signora Gandhi, per cominciare ci descriva gli obiettivi del Gandhi Development Trust.  

L’organizzazione fondata nel 2002, è nata su iniziativa un gruppo di attivisti intenzionati a promuovere la cultura della nonviolenza. L’organizzazione si basa essenzialmente sui valori  gandhiani: integrità, equità, rispetto, amore, responsabilità, verità e dignità. Siamo molto impegnati nei campi della formazione e dell’istruzione. Purtroppo gran parte del mondo si sta allontanando da questi ideali fondamentali. Nell’ambito della nostra attività dedichiamo una particolare attenzione all’infanzia. Inoltre, abbiamo avviato alcune iniziative come la celebrazione della famosa marcia del sale di Gandhi (che ha dato il via all’indipendenza indiana), e abbiamo attivato due premi: il premio Gandhi e il  premio Satyagraha (la satyagraha è una teoria etica e politica elaborata e praticata da Gandhi nei primi anni del Novecento, e in seguito adottata da altri politici e attivisti, come Martin Luther King, Nelson Mandela e Aung San Suu Kyi – n.d.r.). Questi premi hanno avuto un grande riscontro mediatico.

 

Parliamo del Sudafrica. Lei ha combattuto duramente contro l’apartheid. Attualmente come si presenta la situazione?

Sostanzialmente viviamo in una società meravigliosa e in pace con se stessa. Il partito di governo, ANC (Congresso Nazionale Africano), sta governando bene e nel rispetto della Costituzione. Purtroppo ci sono anche coloro che incitano alla violenza e che cercano di distruggere ciò che è stato costruito.  Tutto ciò può avere degli effetti devastanti. Comunque ho molta fiducia nella maggioranza delle persone che sicuramente savrà superare le difficoltà in maniera pacifica.

 

Passiamo all’India. Per buona parte della stampa internazionale, l’India da Paese simbolo della nonviolenza è diventato un Paese violento. Lei cosa ne pensa?

Molto dipende da chi osserva il Paese. Una cosa è il parere della stampa, l’altra è quella della gente. Se uno legge il libro Hind Swaraj Gandhi noterà che già a suo tempo Gandhi si era  soffermato a lungo sulla validità delle opinioni espresse sui giornali. Più volte lui ha auspicato un giornalismo onesto e imparziale. Se è vero, infatti, che esiste una minoranza che fomenta divisioni, odio e violenza, la stragrande maggioranza delle persone mostra benevolenza, sensibilità e compassione. I giornali descrivano prevalentemente cose negative e violente. Esiste, poi, anche l’utilizzo del dolore a fini speculativi e per arricchire piccoli gruppi di approfittatori. La gente comune è, invece,  impegnata a contrastare la corruzione, la disonestà, l’intolleranza e l’egoismo, così come auspicato da Gandhi. La verità è che ci sono milioni di brave persone oneste che lavorano duramente e che rispettano i principi e le  leggi, ma che non fanno notizia.

 

Che impatto ha avuto il Covid in India e in Sudafrica?

E’ stata certamente una tempesta che ha coinvolto tutti, indipendentemente dalle condizioni sociali. La pandemia ha fatto capire che tutti hanno bisogno dell’assistenza altrui. E tutti dovrebbero finalmente capire che occorre lavorare sodo, sostenere i valori fondamentali, condurre una vita onesta e guardare al bene: ognuno di noi è chiamato a dare un contributo personale al cambiamento del mondo. Ogni cambiamento parte da noi stessi, da ognuno di noi. Criticare è giusto ma non basta. Bisogna anche aiutare a creare un’alternativa partecipando, ad esempio, a importanti iniziative sociali e ambientali.

 

Ad esempio?

Penso a movimenti come il Chipko (per la conservazione delle foreste in India), al Navdanya (un’iniziativa a sfondo ambientalista lanciata nel 1987 da Vandana Shiva), alle attività dell’ASHA (un’associazione professionale di logopedisti, audiologi e scienziati del linguaggio) o alla  SEWA (associazione di sostegno all’occupazione femminile), nonché  a tante altre organizzazioni nel mondo. Dobbiamo tutti lavorare duramente per poter incidere positivamente sulla qualità della vita delle persone. Il problema è che spesso chi sta comodamente seduto nel suo studio, che solo scrive e parla, viene ascoltato. Chi, invece, lavora duramente sul terreno viene spesso ignorato. Per me il lavoro gandhiano si basa essenzialmente sull’integrazione. Più che appartenere a una minoranza o maggioranza è importante che tutti contribuiscano al raggiungimento di un ideale superiore. Solo lavorando tutti insieme è possibile creare uno Stato forte e solidale.

 

Secondo lei, cosa rimane del grande insegnamento di Gandhi?

I suoi insegnamenti si avvertono stando in mezzo alla gente. Ci sono, infatti, tantissime persone che rischiano la propria vita per migliorare il mondo: dagli addetti alle pulizie, agli operatori sanitari, ai fornitori di servizi, ai volontari, ai moltissimi cittadini disposti ad alleviare le difficili condizioni degli anziani e dei vulnerabili.  Possiamo dire che Gandhi vive nei loro cuori e sta in mezzo a loro. Ed è proprio questo spirito di servizio che, in questo momento, ci deve dare la necessaria forza e speranza per combattere un comune nemico: il Corona Virus. 

 

Per concludere, cosa ci dica qualcosa sulla sua esperienza alla guida di una rivista?  

Dopo la nascita nel 1996 del nuovo governo sudafricano abbiamo pensato di creare una rivista in stile gandhiano. Volevamo raccontare storie positive per trasformare il pensiero e la visione delle persone. Volevamo costruire una società civile forte e pronta ad assumersi le sue responsabilità. Dopo ampie consultazioni, anche sul modo di finanziare la pubblicazione, nel 2000 finalmente è uscita la prima edizione di Satyagraha-In Pursuit of Truth (Satyagraha: alla ricerca della verità) come inserto all’interno di un importante quotidiano. In seguito siamo diventati autonomi sviluppando anche una nostra rete di distribuzione. Infine, dopo 15 anni siamo passati dal cartaceo al digitale. Il nostro obiettivo è di aiutare la prossima generazione a non lasciarsi contagiare dalle divisioni, dall’egocentrismo, dalla ricerca spasmodica della ricchezza. Il Covid 19 ci sta insegnando, infatti, che i valori reali sono ben altri. In altri termini, dobbiamo trovare il piacere nella vita reale e non nello sfarzo. La vera felicità è essere utile agli altri.

 

Videoclip sulla Nuova era sociale