(Foto: centro storico di Lima, Capitale del Perù. Nel riquadro l’analista politico Juan Carlos Tafur)). E’ con grande piacere che Punto Continente ospita l’intervista fatta dal giornalista Roberto Montoya per Rainews.it a Juan Carlos Tafur, noto analista politico peruviano e direttore del sito Sudaca.pe. Gli argomenti trattati sono di grande interesse per il Movimento Tutela Sociale, un movimento d’opinione internazionale seguito dal nostro giornale e promosso dalla REA (Radiotelevisioni Europee Associate), insieme ad altre associazioni italiane ed estere. Il Movimento si propone di rafforzare in tutto il mondo lo Stato Sociale, ed è in quest’ottica che l’intervista rappresenta un valido contributo per una visione più ampia e approfondita della nuova geopolitica che si sta affermando su scala planetaria dopo la tragica crisi russo-ucraina. (Rainero Schembri, Coordinatore del MTS).  

La pandemia, causando ancor di più problemi sociali politici ed economici dei paesi dell’America Latina, ha deteriorato le fragili democrazie della regione. In parte legata all’incapacità dei politici e dei partiti a non saper incanalare le istanze e le preoccupazioni di una società sempre più insoddisfatta, polarizzata e frammentata. La crisi delle democrazie sta lasciando terreno fertile per rinnovati populismi carismatici caratterizzati da una classe dirigente personalistica e autoritaria.

Il Perù, dopo la lunga ‘era Fujimori’, non ha avuto un capo di Stato che non sia stato coinvolto in problemi di corruzione o che non sia stato rimosso o che non abbia lasciato il paese in balia della disperazione. Per citare qualche nome: Alejandro Toledo (2001-2006), Alan García (2006-2011), Ollanta Humala (2011-2016), Pedro Pablo Kuczynski (2016-2018), Martín Vizcarra (2018-2020), Manuel Merino (5 giorni), Francisco Sagasti (2020-2021). Un quadro allarmante, bisognoso di riforme politiche, che imponga un cambio di marcia nella scelta dei rappresentanti.

La politica peruviana, che ha visto negli ultimi 30 anni il collasso dei partiti e la nascita di gruppi e movimenti di destra e sinistra, frammentati e divisi, alla fine non ha rappresentato le vere istanze del paese, bensì interessi particolari che vanno contro lo Stato di diritto. Nel 2020 il Perù, paese con più di 30 milioni di abitanti, ha affrontato una complessa crisi istituzionale, vedendo alternarsi, nel giro di una sola settimana, tre presidenti, e 5 capi di stato in soli cinque anni. Un fenomeno che ha messo in allerta i processi democratici del Perù, le cui frequenti crisi hanno fatto diventare il paese un malato in costante “terapia intensiva”. 

L’attuale Presidente, Pedro Castillo, eletto per il cambiamento, per risolvere il problema della corruzione e proporre politiche alternative al neo liberalismo, insediatosi appena 8 mesi fa, non è riuscito a tenersi fuori dagli scandali dell’immoralità, costringendo a cambiare il suo gabinetto per ben quattro volte, di cui uno, durato neanche una settimana, ha mandato a casa più di 40 ministri, battendo tutti i record in 41 anni di democrazia. 

L’ingovernabilità del Perù sta raggiungendo limiti insospettati, per un paese abituato a destituire presidenti e ministri alla prima occasione. Un peruviano su quattro afferma che Castillo sta facendo un buon lavoro. L’inesperienza politica del presidente non è stata disconosciuta da quei peruviani che lo hanno votato, di fronte ad una alternativa politica che tuttavia non ha generato fiducia.

Il cardinale peruviano Barreto, nonostante le urla e gli insulti a lui rivolti, ha partecipato con il Presidente Castillo ad un incontro “per il bene del Perù”, e ha avuto l’intenzione “di riabilitare la politica per il bene della nazione slegata da gruppi di interesse che danneggiano l’unità del Paese”. 

Comunque il governo Castillo ha visto superare per la seconda volta il fantasma delle dimissioni. A giudicare dall’indignazione per le strade di Lima e in altre città per l’aumento dei prezzi di cibo e carburante, nessuno sembra avere la ricetta per far uscire il paese, che oggi è diventato uno dei paesi più difficili da governare in America Latina, da questo vicolo cieco. La recente mozione di posto vacante, la “vacancia”, contro l’attuale presidente, anni di scontri tra potere legislativo ed esecutivo e la crisi post pandemica, minacciano di far tornare il paese nel caos.

Abbiamo incontrato Juan Carlos Tafur, analista politico e direttore del sito Sudaca.pe

Il presidente Pedro Castillo ha visto cambiare il suo gabinetto quattro volte in quasi otto mesi di governo. A cosa si deve questa ennesima instabilità nella politica del Perù?

Credo che sostanzialmente nel caso di Castillo l’instabilità sia dovuta alla sua totale incapacità governativa che ha superato di gran lunga le peggiori aspettative dei suoi avversari. Al contrario, ha deluso profondamente le aspettative dei suoi elettori. La crisi politica di Castillo si inserisce in un sistema politico ed elettorale completamente distaccato dalla realtà e questo spiega perché dai tempi di Pedro Pablo Kuczynski la situazione politica è entrata in una spirale di instabilità. Questo è il contesto, a cui nel caso di Castillo, si somma una particolare mediocrità tecnocratica e burocratica nella gestione dello Stato. É proprio questo che sta generando le proteste non solo della destra ma anche di settori popolari sociali suoi alleati all’inizio del governo.

La politica è molto più complessa della matematica, soprattutto in Perù. Perché è così difficile governare questo Paese?

Durante il governo di Fujimori, oltre agli atti di corruzione ed autoritarismo che lo hanno caratterizzato, si diede inizio alle grandi riforme macroeconomiche liberali che hanno permesso al Perù di crescere economicamente in modo spettacolare negli ultimi 25 anni e di cui hanno goduto anche i governi della transizione democratica post Fujimori. Nessuno di questi governi è poi riuscito a dar vita a delle riforme di aspetti di base di convivenza politica e cittadina come ad esempio la sanità pubblica, l’istruzione, la sicurezza della società, generando così un’insoddisfazione di gran lunga superiore rispetto ai benefici economici di cui godeva gran parte della popolazione.

Ma la situazione non è migliorata?

Nessuno dei governi degli ultimi anni è stato in grado di fare qualcosa nei tre ambiti che ho citato prima: sanità, istruzione e sicurezza dei cittadini. La situazione è in continuo peggioramento e questo ha creato un sentimento anti-establishment, anti sistema da parte di persone emarginate che non godono di una qualità di vita minima e che vivono in una condizione di illegalità all’interno del loro stesso Paese. Tutto questo si è espresso con un voto di protesta che sommato all’effetto della pandemia, ha portato ad una situazione anomala nelle ultime elezioni peruviane.

I governi peruviani non sono riusciti a liberarsi dalla corruzione e dall’instabilità politica. Come si esce da questo problema?

Credo che sia necessario attuare riforme politiche radicali di cui il Perù ha bisogno e indire delle elezioni che permettano a chi governa di godere di una relativa stabilità e riesca magari ad intraprendere riforme per garantire alla democrazia un livello minimo di governabilità. Purtroppo, la corruzione si è infiltrata in tutti i livelli della società. Nessun settore dell’amministrazione pubblica è riuscito a salvarsi dalla corruzione. È un cancro che si aggiunge ai gravi problemi del paese. Tutto questo produce dei circuiti mafiosi che corrompono lo Stato e fa sì che sia molto difficile riuscire a mantenere una democrazia contro gli effetti della corruzione.

Poiché non esiste una via d’uscita alla battaglia tra esecutivo e legislativo, c’è la possibilità di un golpe militare per cercare di generare governabilità in Perù?

La possibilità che i militari interrompano il sistema democratico può essere purtroppo una possibilità se la situazione politica peggiora. Per ora non mi sembra molto probabile, non c’è un rischio politico di questo genere. Continueremo con la crisi politica fino alle prossime elezioni con la speranza che possano migliorare o risolvere la situazione che stiamo vivendo attualmente.

La soluzione al problema in Perù è rimuovere Castillo dal governo?

Credo che ci sia un problema strutturale ed è anche probabile che in caso di elezioni vinca un candidato simile a Castillo o che nelle elezioni del 2026 vinca un candidato ancora più radicale di Castillo a causa di un crescente desiderio di votare contro l’establishment. La situazione creata dal professore alimenta questo voto anti-establishment che potrebbe esprimersi nelle prossime elezioni che siano anticipate o meno, cioè nel 2026.

É vero che il presidente ha i giorni contati?

Non ne sono sicuro. Prevedo che governerà 4 anni e tre mesi che è quanto gli manca per terminare il suo mandato. A causa della corruzione nel Congresso in cui ci sono deputati dell’opposizione che poi votano a favore del governo, non credo che il suo mandato finirà prima. L’unica possibilità affinché Castillo lasci il potere è una protesta sociale risultato del malessere dei cittadini a causa della crisi politica e della crisi economica generata dall’inflazione che colpisce i panieri di beni di base e arriva in alcuni casi al 12-13%.

Come sarebbe possibile produrre un cambiamento per poter uscire da questa crisi che ormai dura da anni nel paese?

Credo che il catalizzatore del cambiamento siano le riforme politiche del sistema politico peruviano che attualmente è anacronistico e genera situazioni simili a quelle degli ultimi anni con governi senza maggioranza parlamentare o con maggioranze costruite artificialmente come nel caso di Alejandro Toledo. Sarebbe necessario cambiare anche il sistema di regionalizzazione che in Perù è completamente perverso, corrotto, mediocre. Sarebbe necessario intervenire affinché i profitti prodotti dall’attività estrattiva e mineraria nelle regioni fuori da Lima non vengano sperperati in progetti utili o non finiscano nelle tasche dei politici.

A livello regionale, quanto incide la crisi del governo comunista di Castillo sulla sinistra latinoamericana?

Onestamente credo che incida poco. Il Perù fa eco a quello che accade negli altri paesi ma non è un punto di riferimento internazionale per quello che accade in altri luoghi. Per questo, le inchieste favoriscono in Colombia il candidato Gustavo Petro, la stessa situazione avviene in Cile, Argentina e altri paesi. Il Perù non è un centro di irradiazione politica ed ideologica nella regione. Pertanto, credo che il destino politico di Castillo non produrrà una risposta da parte della destra o dei partiti centristi nella regione.

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Brano la Nuova Era Sociale con traduzione in spagnolo