( Foto: Ulan Bator, Capitale della Mongolia) – Prosegue l’indagine di REA INTERNATIONAL e del Circuito delle 100 Radio, sulle reali motivazione dei singoli Paesi in occasione della votazione all’ONU sulla mozione di condanna della Russia per l’invasione dell’Ucraina. In questa puntata parliamo di cinque Paesi che si sono astenuti (l’elenco dei Paesi esaminati precedentemente si trova a fondo pagina). Complessivamente 141 Stati hanno votato a favore, 34 si sono astenuti, 13 non hanno votato  e solo 5 si sono opposti alla condanna.

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MONGOLIA

Sicuramente una delle astensioni più sofferte in occasione del voto all’ONU sulla condanna della Russia per l’invasione dell’Ucraina lo ha espresso la Mongolia. Confinante con Russia e Cina, questo Paese caratterizzato da vaste steppe e montagne, nonché dal grande deserto di Gobi, cerca con fatica di mantenere la sua indipendenza raggiunta integralmente nel 1992 dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica.

Soffermandoci per un attimo sulla storia della Mongolia possiamo ricordare che nel XIII secolo Gengis Khan aveva fondato un grande impero mongolo. Viceversa, nel XX secolo,  la Mongolia fu dominata prima dalla Cina e poi sottomessa a uno stretto controllo dei sovietici, anche se formalmente era autonoma.

L’attuale Presidente Khurelsuk e il primo ministro Oyun-Erdene con grande fatica cercano di assumere una posizione equilibrata non solo nei riguardi di Cina e Russia ma anche rispetto all’occidente, in particolare verso il Giappone, gli Stati Uniti e l’Unione Europea.

Il problema è che l’economia mongola dipende molto sia dalla Cina sia dalla Russia. Quasi tutto il petrolio, ad esempio, arriva da Mosca e molti prodotti vengono importati ed esportati verso i due Paesi vicini.

L’unico dato positivo è legato all’ostracismo che l’occidente sta creando nei riguardi del petrolio russo e che costringe Mosca a trovare nuovi acquirenti. Ebbene, di recente è stato firmato un accordo per costruire un progetto transnazionale che trasporterà attraverso la Mongolia 50 miliardi di metri cubi di gas russo alla Cina.

Ma se questo progetto aiuterà le esauste casse dello Stato, rimane il problema di mantenersi indipendente rispetto ai due ingombranti vicini. Ed ecco spiegata la scelta della Mongolia di tenersi fuori dalla controversia Russia-Ucraina con un deciso voto di astensione all’ONU.  

NAMIBIA

La Namibia in occasione del voto all’ONU sulla condanna della Russia per l’aggressione all’Ucraina si è astenuta. Ma prima di approfondire la politica estera di questo giovane Stato dell’Africa meridionale, è interessante ricordare che la Namibia è stata uno dei pochi Paesi colonizzati che è riuscito ad avere un indennizzo per i danni subiti.

In base a un accordo bilaterale, infatti, la Germania non solo ha riconosciuto il genocidio avvenuto tra il 1904 e il 1908 di centomila herero e nama, insieme all’apertura di campi di concentramento, ma ha accettato di finanziare programmi di sviluppo per 1,1 miliardi di euro da erogare nel corso di trent’anni. Inoltre, si parla della restituzione di diverse opere d’arte conservate in Germania.

La dominazione tedesca è stata comunque solo un limitato passaggio compiuto dalla Namibia verso l’indipendenza. Dopo la prima guerra mondiale, il territorio fu infatti annesso all’Impero britannico nell’ambito dell’Unione Sudafricana. Questa situazione è durata fino al 1961 quando la Namibia divenne una provincia Sudafricana. Da quel momento è iniziata una lunga lotta d’indipendenza durata quasi un quarto di secolo e condotta soprattutto dal Movimento Swapo, l’Organizzazione popolare dell’Africa del sud ovest. 

Nel 1990 la Namibia diventa indipendente. Il suo primo Presidente, considerato anche il padre della patria, è Sam Nujoma, leader della Swapo, che gradualmente ha abbandonato la sua connotazione marxista per assumere col tempo una visione sempre più liberale.

L’attuale Presidente è Hage Geingob, mentre il Primo ministro è una donna: Saara Armadhila. Entrambi stanno cercando di avviare rapporti sempre più stretti non solo con gli altri Paesi africani ma anche con l’intero occidente, senza per questo rinnegare gli aiuti ricevuti durante la lotta per l’indipendenza dagli ex Paesi comunisti, tra cui la Russia.  Ed ecco perché all’ONU, sulla questione dell’invasione dell’Ucraina, la Namibia si è astenuta.

NICARAGUA

Ha destato qualche sorpresa l’astensione del Nicaragua in occasione del voto all’ONU sulla guerra russo-ucraina. Insieme a Cuba e Venezuela questo piccolo Paese dell’America centrale è stato sempre considerato in Sud America un grande amico della Russia. Ma prima di andare avanti facciamo una zoomata sulla storia di questo Paese.

Dopo la conquista spagnola, il Nicaragua ha fatto parte del vicereame della Nuova Spagna. Per diversi secoli non ci sono stati grandi sconvolgimenti. Indipendente dal 1838, verso metà del XIX secolo fu vittima di una dolorosa guerra civile.  All’inizio del XX secolo, gli americani hanno occupato il Paese per meglio tutelare, così si sono giustificati,  gli interessi statunitensi sul posto. In questo contesto nasce la lunga dittatura della famiglia Somoza, durata dal 1936 al 1979 e che ha visto andare al potere prima il padre Garcia e poi i figli Luis e Anastasio.

Contro questa dittatura familiare si sono schierati  i guerriglieri sandinisti, sostenuti da Cuba e Unione Sovietica. Il loro capo, Daniel Ortega, è salito per la prima volta al potere nel 1984. Durante i vari periodi in cui è stato Presidente Ortega è riuscito a portare a buon fine alcune importanti riforme sociali tra cui un vasto programma di alfabetizzazione del Paese, di lotta alla fame, di rafforzamento del sistema sanitario e di riforma agraria.

Ortega ha dovuto, comunque, fronteggiare una drammatica situazione economica, il duro embargo americano e l’attività dei cosiddetti Contras, controrivoluzionari finanziati dagli americani. L’immagine internazionale di Ortega, è entrata in profonda crisi a seguito di alcune misure decisamente autoritarie, come l’arresto di numerosi politici oppositori, intellettuali e amici.

Dopo il primo mandato finito nel 1990 e dopo 15 anni all’opposizione, Ortega è diventato nuovamente Presidente nel 2007, vincendo poi 4 elezioni di seguito. Attualmente la sua moglie ricopre l’incarico di vicepresidente.

Tornado al conflitto in Ucraina, il Nicaragua ha accusato la Nato e gli Stati Uniti per l’escalation, ma al momento di votare si è astenuto. Forse un certo isolamento internazionale comincia ad essere problematico anche per un rivoluzionario come Ortega.

REPUBBLICA CENTRAFRICANA

La Repubblica Centrafricana si è astenuta all’ONU sul voto di condanna dell’aggressione russa all’Ucraina. Ex colonia francese, per molto tempo la Repubblica Centrafricana ha visto le compagnie private francesi sfruttare sistematicamente il suo territorio. Nel 1960 ha raggiunto, invece, l’indipendenza.

Sul piano internazionale per molto tempo l’immagine del Paese è stata legata alla tragica e anche comica figura di Jean Bedel Bokassa che nel 1965, a seguito di un colpo di Stato militare, si è proclamato prima Presidente e poi imperatore dell’Impero centrafricano con il nome di Bokassa I. Un imperatore che finì per essere accusato addirittura di cannibalismo.

Purtroppo, tutta la vita politica della Repubblica Centrafricana è caratterizzata da instabilità e colpi di Stato. Nel 1993 si tennero, comunque,  libere elezioni sotto l’egida dell’ONU. Le vinse Ange Felix Patassé che inizialmente tentò di risanare il Paese ma poi finì per sottomettere gli oppositori a una feroce repressione con l’aiuto di forze congolesi e libiche.

Negli anni successivi, spesso con altri colpi di Stato, si sostituirono ai vertici del Paese una serie di Presidenti e Primi ministri, alcuni dei quali tentarono senza molto successo di attenuare la persistente corruzione, il sottosviluppo, il nepotismo e l’autoritarismo. E pensare che la Repubblica Centrafricana è ricca di risorse naturali, in buona parte ancora non sfruttate. Inoltre, è un grande esportatore di diamanti, anche se la metà, bisogna dirlo, viene venduta clandestinamente.

Nel 2021, venne eletto per la seconda volta l’attuale Presidente Faustin Archage Toudére.  Ma torniamo alla guerra Russo ucraina che ha visto, tra l’altro, una minuscola milizia centrafricana desiderosa di combattere insieme ai russi. Del resto, si sa, la Russia esercita una grande influenza su molti Paesi africani, essendo interessata all’estrazione delle pietre preziose e alla creazione di basi militari. Ufficialmente, come è stato detto, la Repubblica Centrafricana si è astenuta all’ONU sulla questione Ucraina. Probabilmente, su questa scelta ha finito per incidere in maniera determinante la grande dipendenza dall’estero, appunto,  della Repubblica Centrafricana.

TAGIKISTAN

Il Tagikistan si è astenuto in occasione del voto all’ONU sulla condanna dell’aggressione russa all’Ucraina. Questa scelta ha destato qualche sorpresa visto che il Tagikistan ha fatto parte dell’ex Unione Sovietica. Dal 1991, comunque, sul piano formale è una Repubblica Presidenziale anche se di fatto, secondo molti osservatori, è una dittatura gestita da Emomali Rahmon, un generale al potere dal 1994.

Da ricordare che il Tagikistan vanta una lunghissima storia risalente addirittura al II secolo prima di Cristo. Nel corso dei vari secoli è stato sottoposto a numerose invasioni. Passando, ora a tempi più recenti,  dopo la rivoluzione russa del 1917 il Tagikistan è entrato definitivamente nell’orbita russa, pur mantenendo in certi periodi un rapporto conflittuale con Mosca. In ogni caso, dopo il crollo dell’URSS il Paese è sprofondato in una sanguinosa guerra civile che ha contrapposto gli islamici al Partito democratico popolare, il partito del Presidente Rahmon. 

Attualmente, sul piano internazionale, il Tagikistan vive da trent’anni un pesante contenzioso con il Khirghizistan,  a causa di infrastrutture idriche localizzate nell’incerta frontiera tra i due Paesi.

Per quanto riguarda, invece, il conflitto in Ucraina va tenuto presente che circa 4mila tagiki vivono, studiano e lavorano (soprattutto nel settore agricolo e dell’edilizia) in Ucraina, incrementando sensibilmente le rimesse dall’estero. Ma lo stesso avviene anche con la Russia. E questo mette in grande difficoltà il Tagikistan e spiega molto bene perché nella capitale Dushanbe si è optato per una posizione neutrale.

Per quanto riguarda, infine, le relazioni tra l’Italia il Tagikistan, negli ultimi tempi si sta tentando di avviare una serie di rapporti economici e commerciali, in particolare nei settori agroalimentare, tessile, infrastrutture ed energie rinnovabili. Ne costituisce un valido esempio la recente inaugurazione della prima turbina della centrale idroelettrica della diga di Rogun, alla cui realizzazione ha partecipato l’italiana Salini. Per l’Italia si tratta di cogliere le numerose opportunità offerte dall’attuale volontà del Tagikistan di allargare i propri rapporti economici ai Paesi dell’Unione europea.

Puntate precedenti

Puntata n.1 (https://puntocontinenti.it/?p=19857) – Bielorussia, Corea del Nord, Siria, Eritrea

Puntata n.2 (https://puntocontinenti.it/?p=19877) – Cina, Cuba, India, Iraq, Iran

Puntata n.3 (https://puntocontinenti.it/?p=19916) – Algeria, Sud Africa, Vietnam, Pakistan, Bolivia 

Puntata n.4  (https://puntocontinenti.it/?p=19986) – Kasakistan, Mozambico, Angola, Congo e Sudan

Puntata n.5 ( https://puntocontinenti.it/?p=20025) – El Salvador, Mali, Armenia, Uganda

Puntata n.6 (https://puntocontinenti.it/?p=20064) – Sri Lanka, Senegal, Bangladesh, Sud Sudan e Tanzania.

 Puntata n. 7 (https://puntocontinenti.it/?p=20080) – Laos, Khirghizistan, Zimbabwe, Burundi e Madagascar

REA International fa riferimento alla REA (Radiotelevisioni Europee Associate) e al Circuito delle 100 Radio                                                                                                                                                              Consulenza scientifica: UNIPACE (Università Internazionale per la Pace) dell’ONU – Sede di Roma

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