(Foto: sullo sfondo di Buenos Aires, il prof. Antonio A. Martino, le copertine di due libri e l’Università Salvador)

Per gli italiani interessati alla politica  e all’economia argentina, il professore Antonio A. Marino rappresenta da diversi anni un autentico punto di riferimento. Professore emerito dell’Universidad del Salvador (Argentina) ha insegnato anche all’Università di Pisa. Gli ultimi due libri scritti da Martino hanno registrato entrambi un notevole successo in Argentina: Tecnologias innovadoras para la Justicia (Tecnologie innovatrici per la giustizia) e Logica, informática, derecho y Estado (Lógica, informatica, diritto e Stato).

Nel prendere spunto da queste nuove iniziative editoriali, Punto Continenti ha intervistato il Prof. Martino. In coda all’articolo si trova anche un interessante video realizzato con il professore nel 2021 dalla REA, Radiotelevisioni Europee Associate. Ma prima di iniziare l’intervista ricordiamo che Martino è inoltre membro dell’Accademia Nazionale di Diritto e Scienze Sociali di Córdoba e dell’Accademia Nacional de Ciencias de Buenos Aires, nonché  membro associato del Center for Artificial Intelligence and Cognate learning dell’Università di Greenwich (distretto di Londra).

Infine, è membro della European Association of Legislation e direttore del Manuale del Digesto Argentino (1999/2014). Autore di ben 53 libri e numerosi articoli Martino è stato dichiarato Personalità di spicco della Città Autonoma di Buenos Aires nel campo delle Scienze Giuridiche (Legge 4286).  

Professore, come è nata questa nuova ‘avventura’ editoriale?

La mia dedizione all’intelligenza artificiale e al diritto viene da lontano, quando negli anni 1981-‘93 ero Direttore dell’Istituto per la Documentazione Giuridica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, con sede a Firenze. In quel periodo ho promosso quattro convegni su Logica, informatica e diritto.  In quel periodo è iniziata la mia ricerca sull’intelligenza artificiale, tutta basata su studi logici. Ovviamente questi studi hanno trovato il necessario supporto su Internet e sono stati arricchiti di nuove analisi di grande interesse per avvocati, magistrati, ausiliari del diritto, studiosi e politici.  Nel volume Logica, informatica, derecho y Estado viene poi spiegata l’evoluzione di questo processo che ho cominciato ad affrontare nel 1978 con il libro Logica senza verità.  

Quello che è certo è che, piano piano,  le nuove tecnologie sono entrate nella nostra vita, dall’atto di nascita fino alle procedure collegate al decesso e alle trasmissioni dei beni:  in questo contesto la giustizia doveva necessariamente aggiornarsi. Una profonda trasformazione non è avvenuta, comunque, solo nell’ambito dell’amministrazione della Giustizia ma all’interno della stessa concezione dello Stato ideato da Luigi XIV: uno Stato tutto impegnato a trasferire i vari dati dalla periferia al centro. L’obiettivo era di armonizzare a tutti i livelli e in ogni luogo l’amministrazione della giustizia. Si trattava di uniformare su tutto il territorio francese l’impostazione giuridica elaborata al centro. Oggi diremmo che l’obiettivo era creare lo sportello unico in modo da facilitare notevolmente il rapporto Stato-cittadino.    

In questi anni, come descritto nel libro Tecnologias innovadoras para la Justicia è cresciuta sensibilmente la consapevolezza generale dell’importanza di avere un’amministrazione della giustizia uniforme e capace di adeguarsi in continuazione alle novità tecnologiche.

Ma, in concreto, in che modo l’innovazione tecnologica incide sull’amministrazione della giustizia?

Se in passato, ad esempio, l’avvocato di un qualsiasi paese si fosse addormentato per vent’ anni, rapidamente avrebbe potuto aggiornarsi.  Oggi è impossibile.  Dal mondo della carta (quando si diceva ‘carta canta’)  al  mondo digitale ci sono state delle trasformazioni che prescindono dalle capacità personali. Anzi, possiamo dire che molti di noi sono gli ultimi eredi dell’era Guttemberg, mentre i nostri nipoti sono già digitali.  La miglior prova è che per la prima volta sono i nonni a chiedere aiuto quando hanno qualche problema, ad esempio, col computer.  Ho avuto la fortuna di confrontarmi con tutte le parti in trasformazione e ho visto, ad esempio, come il digitale cambiava la gestione di importanti questioni giuridiche, come la conservazione delle ipoteche: dal sistema nominale utilizzato in Italia a quello reale in Austria, anche se alcune aree dell’Italia si stanno velocemente adeguando.

Questo tema ha riempito intere biblioteche. Nel 1968 partecipai all’automatizzazione del Registro di Proprietà a Buenos Aires e quando siamo passati dal sistema cartaceo a quello digitale non ci furono discussioni su quale fosse il sistema migliore: a prevalere non furono tanto le argomentazioni giuridiche ma quelle di praticità e spazio fisico. Con la carta ogni cambiamento richiede un ulteriore spazio, cioè, un’altra carta, mentre col digitale non fa differenza se una ricerca si concentra sul nome del proprietario, sul numero civico, sulla nomenclatura o sul  numero del registro:  ogni ricerca, ogni alterazione dell’ordine dei fattori, per quanto personalizzata, non altera lo spazio necessario  per la pubblicazione del testo finale.

Poi c’è la velocità.  Le cause civili che in passato in Italia duravano anche dieci anni, oggi vengono risolte in dieci mesi o giù di li.  Nei casi di conflitti, le parti andavano sempre alla ricerca di una giurisprudenza favorevole alla propria istanza, anche se c’era sempre il timore che la controparte finisse per trovare una molto più sfavorevole. Oggi, in pochi minuti un programma è in grado di presentare tutte le cause similari con i rispettivi esiti. A Buenos Aires, ad esempio, i procuratori si avvalgono di programmi come Prometea in grado di prevedere, con notevole precisione, la sentenza probabilmente verrà emessa.

Complessivamente è possibile indicare i maggiori vantaggi e pericoli di questa nuova realtà?   

I maggiori vantaggi dell’introduzione delle nuove tecnologie sono connessi al tempo di lavoro: quello che una volta veniva fatto in giorni e ore,  ora lo si può fare in minuti o, perfino, secondi. Poi c’è la maggiore trasparenza. La veloce pubblicazione delle sentenze e delle azioni legali consente una gestione più democratica, equilibrata e diffusa della giustizia su tutto il territorio, garantendo nel contempo i diritti naturali degli abitanti.   

Ma come ricordava  il grande giurista e accademico italiano, Stefano Rodotà, insieme ai vantaggi la nuova tecnologia comporta anche delle  insidie. Tipo: l’estrema facilità di diffusione dei dati privati rischia di compromettere notevolmente la tutela della privacy.  Lo stesso vale per il riconoscimento faciale e altri mezzi di individuazione degli abitanti sull’intero territorio: da una parte facilita indubbiamente l’azione di polizia nei riguardi dei delinquenti e mafiosi; dall’altra, consente a Paesi  autocrati, come la Cina, la Russia e alte democrazie sospette, una sorveglianza molto stretta su ogni possibile oppositore politico.

La concentrazione dei dati e la possibilità di manipolarli da parte delle grandi aziende tecnologiche ha allarmato, ad esempio, l’Unione Europea, che sta cercando di contrastare questo strapotere. Uno strapotere che, come è avvenuto con Cambridge analitica, va oltre la giustizia per colpire il cuore della democrazia, come si è visto nella gestione della Brexit britannica o delle elezioni nordamericane che hanno consacrato Trump.

Le tecnologie sono semplicemente dei mezzi che possono essere adoperati per finalità le più diverse.  Ma c’è, poi, un’altra considerazione da fare:  le macchine possono eseguire molto meglio degli uomini certe operazioni come, ad esempio,  ricordare tutti i dati o applicare con precisione millimetrica un ago, un bisturi o una bomba.  Tuttavia, non sono in grado di capire concetti come “troppo” o “poco”,  perché ciò richiede l’uso di valori: ebbene, le macchine non avendo coscienza non possono esprimere giudizi di valore.  A questo proposito mi fa piacere ricordare che anni fa avevo ideato un sistema giuridico avanzato (SRL – Sistema di ragionamento legale)  considerato dagli esperti esagerato perché, secondo loro, ragionava troppo e considerava casi che non si sarebbero mai verificati nella vita reale.  Vale a dire SRL era razionale ma non ragionevole.  Ma nessun sistema informatico, a mio avviso,  può essere ragionevole.

Infine, un’ultima riflessione sul diffuso timore che le nuove tecnologie possono togliere lavoro. Da una parte è obiettivamente un timore giusto; dall’altra mostra l’inadeguatezza del sistema scolastico che non prende in considerazione questa problematica. Oggi ci sono molte richieste per lavori sprovvisti di un’adeguata istruzione.  Poi c’è da considerare la veloce evoluzione tecnologica: in passato la tecnologia si sviluppava nel corso delle generazioni, oggi bastano alcuni anni per far diventare qualsiasi innovazione obsoleta. Dato che la Giustizia è fatta da uomini per gli uomini, occorre dedicare una seria riflessione sul corretto utilizzo della tecnologia, senza dimenticare il livello di preparazione sia di chi è chiamato a utilizzare questa tecnologia sia di coloro che sono gli utenti finali.

Su fatto che le macchine saranno sempre di più in grado di sostituirci, mi permetto di esprimere un certo scetticismo basato su due considerazioni: primo, gli algoritmi li facciamo noi; secondo,  bisogna sempre diffidare delle paure messianiche.  Nella cultura ebraico-cristiana il timore per il computer è paragonabile alla paura per il Golem, mitica figura antropomorfa  ebraica, la quale pur comparendo una sola volta nell’antico testamento ha ispirato una vasta letteratura con Frankstein e tra coloro che raccontavano di un personaggio buono che aiutava i polacchi contro i nazisti.

La verità è che abbiamo a che fare con una grande opportunità che, come tutte le importati invenzioni umane, è anche pericolosa.  Cerchiamo di non sciuparla.

Nota:

Tecnologias innovadoras para la Justicia. Astrea, Buenos Aires, 2021,  186 pagine.    Si può comprare direttamente sulla piattaforma di Astrea https://www.astrea.com.ar/  

Logica, informática, derecho y Estado  Grisley,  Lima,  2021,  359 pagine.

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L’altra Italia in Argentina – Conversazione con il Prof. Antonio A. Martino (27 giugno 2020)