(Foto: Museo Nazionale di Riad, Arabia Saudita) – Prosegue l’indagine di REA INTERNATIONAL e del Circuito delle 100 Radio, sulle reali motivazione dei singoli Paesi in occasione della votazione all’ONU sulla mozione di condanna della Russia per l’invasione dell’Ucraina. In questa puntata parliamo di cinque Paesi che hanno condannato la Russia (l’elenco dei Paesi esaminati precedentemente si può trovare a fondo pagina). Complessivamente 141 Stati hanno votato a favore, 34 si sono astenuti, 13 non hanno votato e solo 5 si sono opposti alla condanna.

ARABIA SAUDITA

Parliamo dell’Arabia Saudita, il Regno fondato nel 1932 e luogo di nascita dell’Islam. Nell’immaginario collettivo, l’Arabia Saudita è essenzialmente un Paese molto religioso che ha la fortuna di galleggiare sul petrolio. E siccome tutti hanno bisogno del cosiddetto oro nero, la stampa in generale si è occupata poco di problemi giuridici e sociali che avrebbero potuto infastidire i regnanti sauditi. Ma vediamo alcuni aspetti caratterizzanti la politica di Riad, cominciando dalla politica estera e dall’influenza esercitata sul vicino Yemen.

Dal 2015 i regnanti sauditi combattono i ribelli sciiti Huthi localizzati nel nord dello Yemen e sostenuti dai storici nemici iraniani. Una situazione che ha comportato decine di migliaia di vittime, 4 milioni di persone costrette a fuggire e ad avere bisogno dell’assistenza umanitaria.

Una forte influenza l’Arabia Saudita esercita anche sul Libano. In questo caso il nemico è rappresentato dall’egemone partito degli Hezbollah, anch’esso sostenuto dall’Iran. Da non sottovalutare poi il ruolo dominante,  dell’Arabia Saudita in seno al Consiglio del Golfo, che comprende anche Qatar, Kuweit, Bahrein, Oman ed Emirati Arabi Uniti: cioè, i Paesi che insieme estraggono il 30% del petrolio nel mondo. Ebbene, anche all’interno del Consiglio del Golfo l’Arabia Saudita ha un nemico e concorrente: il Qatar, Paese che ospiterà i prossimi campionati mondiali di calcio.

Che dire, poi, della libertà di stampa e del diritto delle donne?

E’ nota la vicenda di Jamal Khashoggi il giornalista ucciso all’interno del consolato saudita di Istanbul. Allo stesso modo è nota la vicenda del blogger Raif Badawi che ha scontato una condanna di dieci anni con 50 frustate per le sue critiche al regime. E che dire, infine, delle donne saudite che hanno subito il carcere solo per ottenere il diritto a guidare.

Recentemente è salito al potere in Arabia Saudita il giovane principe Mohamed Bin Salman. I media di tutto il mondo lo hanno presentato come un riformatore. Il senatore fiorentino ed ex primo ministro Matteo Renzi si è spinto a indicarlo come il promotore di un nuovo rinascimento. Ebbene, se ai più questa esortazione è sembrata un tantino esagerata, si fa per dire, c’è da augurarsi che dopo l’inevitabile rimescolamento della carte che avverrà alla fine della guerra russo ucraina, l’Arabia Saudita trovi velocemente una sua autorevole collocazione in un mondo alla ricerca di nuovi e più giusti equilibri sociali e politici.

BAHREIN

Parliamo del Bahrein. E’ passata quasi in sordina sulla stampa internazionale la protesta di un gruppo di persone che il 14 febbraio del 2021, nei quartieri a maggioranza sciita intorno alla Capitale Manama, aveva deciso di sventolare bandiere del Bahrein insieme a cartelli contro la famiglia regnate. Era un modo per celebrare il decimo anniversario della sanguinosa rivolta conosciuta come La rivolta delle perle che si ispirava alle primavere arabe.

Altre piccole manifestazioni si sono svolte, sempre nel 2021,  nel nord e nell’ovest del Paese: in tutto avranno partecipato questa volta, qualche migliaia di manifestanti. Cosa chiedevano? Lo stesso che avevano chiesto nel 2011: un Governo eletto e riforme democratiche.

Purtroppo, in questi anni la situazione non sembra molto migliorata, anche il minimo dissenso viene represso.

L’attuale Re è dall’inizio del 2002 Hamad bin Isa Al Khalifa. In verità, una volta salito sul trono, Al Khalifa avviò alcune riforme e aperture, tra cui il rilascio di tutti i prigionieri politici, la concessione del diritto di voto alle donne e lo svolgimento di elezioni parlamentari.

Formato da un arcipelago di 33 isole sulle coste del Golfo Persico, e abitata da circa 1milione e mezzo di persone, il Bahrein si è trasformato da emirato in Regno nel 2002. Ricco di petrolio, il Paese ospita grandi strutture internazionali e organizza importanti avvenimenti, come il Gran Premio di Formula 1.

Dopo un secolo di dominio portoghese, agli inizi del 1600 ci fu un periodo di sottomissione alla Persia. Agli inizi del XIX secolo il Bahrein cadde prima sotto il dominio del sultanato di Oman e poi dell’impero Ottomano. In seguito è diventato un protettorato inglese fino al 1971, quando divenne indipendente.

Per quanto riguarda l’Italia, per un certo periodo ci sono state delle difficoltà a causa dell’inserimento del Bahrein in una lista nera (poi revocata) di paradisi fiscali. L’export italiano continua ad essere trainato da macchinari, impianti, mobili, materiali da costruzione, prodotti agroalimentari, mentre le importazioni riguardano soprattutto i prodotti della raffinazione del petrolio e della lavorazione dell’alluminio. 

A seguito della crisi russo-ucraina con ogni probabilità aumenteranno le forniture di petrolio all’Italia. Da registrare che l’ammodernamento della grande raffineria di BABCO è stato assegnato a un consorzio internazionale guidato dalla Technip Italia. 

EMIRATI ARABI UNITI

Parliamo degli Emirati Arabi Uniti, una federazione di 7 Emirati che si affaccia sul Golfo Persico ed è formata da: Abu Dhabi (che è anche la Capitale), Ajman, Dubai (la più famosa), Fujaira, Ras al-Khaima, Sharja e Umm al-Quaywayn.

Il 13 maggio 2022, all’età di 73 anni, è morto il Presidente degli Emirati nonché sovrano di Abu Dhabi, Kalifa bin Zayed al Nahyan. 

Al suo posto come Presidente è stato eletto all’unanimità il fratellastro e principe ereditario Mohammed bin Zayed, conosciuto anche come Mbz.

Gli emirati sono nati nel 1971. Prima di quella data, era conosciuti come gli Stati della Tregua, a causa di una tregua imposta nel XIX secolo dalla Gran Bretagna per bloccare le attività piratesche esercitate sul posto. Non a caso In passato la Regione veniva chiamata la Costa dei Pirati.

Tutti gli emirati sono ricchissimi di petrolio, che è stato scoperto negli anni cinquanta e che da quel momento ha sempre rivestito una parte essenziale del Prodotto interno lordo.

Sul piano dei rapporti internazionali, gli emirati oltre che con l’Inghilterra hanno sempre mantenuto ottimi rapporti con l’occidente. Non a caso, nel 1990-91, gli Emirati hanno partecipato affianco alle truppe americane e a quelle di numerose altre nazioni, alla prima guerra del Golfo contro l’Iraq.

Nel 2011, poi,  hanno partecipata alla coalizione della Nato contro la Libia mentre nel 2017 hanno rotti i rapporti diplomatici con il Qatar.

Dal 2015, poi, gli Emirati, insieme all’Arabia Saudita partecipano e influiscono sulla guerra civile nello Yemen contro i ribelli sciiti huthi che il 17 gennaio del 2022 hanno reagito con un attentato fatto con i droni ad Abu Dhabi.  Nel frattempo è stato invece avviato, sotto la guida degli Stai Uniti, un  processo di normalizzazione dei rapporti con Israele.

In questo contesto sicuramente si sta distinguendo la città di Dubai, diventata anche un grande centro turistico mondiale. Per i suoi grattacieli e per l’intensa attività commerciale la città viene indentificata spesso come la New York del Golfo Persico.

Per quanto riguarda i rapporti con l’Italia, da segnalare che le relazioni tra i due Paesi sono aumentati notevolmente negli ultimi anni soprattutto sul piano on line.

L’Italia è l’ottavo partner commerciale degli Emirati Arabi Uniti a livello globale. Molti italiani negli ultimi anni si sono trasferiti negli Emirati, soprattutto a Dubai, vista la grande crescita delle opportunità di lavoro e degli investimenti di società italiane. 

KUWAIT

Oggi parliamo del Kuwait, che in arabo significa piccola fortezza. Ricchissimo di petrolio come tutti i Paesi del Golfo, il Kuwait è  una monarchia costituzionale con circa 4 milioni di abitanti.

Invaso dal re macedone Alessandro Magno nel III secolo a.C. il territorio è rimasto per molti secoli un arido deserto. Verso la fine del XIX secolo è stato sottoposto alla dominazione turca, mentre nel 1899 è diventato un protettorato britannico.

A partire dagli anni trenta è iniziato nel Kuwait lo sfruttamento del petrolio ad opera di compagnie: la Anglo-Iranian Oil Company 

e la Gulf Oil. Questo sfruttamento sé è intensificato notevolmente dopo la seconda guerra mondiale.

L’indipendenza del Kuwait è stata raggiunta dal nel 1961 a seguito di lunghe trattative con i britannici. A quel punto, il crescente sviluppo del Paese ha attirato una forte immigrazione proveniente soprattutto dall’Egitto e dall’India.

Nel 1990 il Paese ha vissuto un inaspettato dramma: parliamo della brutale invasione eseguita dall’Iraq di Saddam Hussein, nonostante che in precedenza avesse ottenuto dal Kuwait un prestito di 65 milioni di dollari per fare fronte alla guerra con l’Iran.

Contro questa invasione si è creata in seno all’ONU una coalizione di 34 Paesi che riuscì a liberare il Kuwait. Da registrare che nel corso del suo ritiro le truppe irachene incendiarono 600 pozzi petroliferi causando enormi danni ambientali.

L’attuale emiro è Sabah Al Sabah che ha avviato alcune importanti riforme, tra cui il voto alle donne. Nel corso degli anni sono state, poi, introdotte nuove leggi che favoriscono gli investimenti, i diritti di proprietà intellettuale e le relazioni commerciali. Attualmente ci sono ottime possibilità di investimenti anche in settori come l’energia elettrica, la desalinizzazione e le infrastrutture. Le uniche limitazioni all’import riguardano alcuni prodotti per motivi religiosi, di salute e di sicurezza.

Queste aperture possono solo favorire un ulteriore incremento dei già buoni rapporti economici e commerciali tra l’Italia e il Kuwait.

QATAR

Parliamo del Qatar, il primo paese arabo a organizzare dal 21 novembre al 18 dicembre del 2022 un campionato mondiale di calcio. Si tratta notoriamente di un evento mediatico planetario ma che non ha mancato di sollevare numerose polemiche sul piano dei costi ambientali e umani.

Ma prima di andare avanti è opportuno ricordare  che il Qatar è riuscito a rientrare nel Gruppo dei Paesi del Golfo Persico al quale appartengono anche Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Oman ed Emirati Arabi Uniti. Ebbene, il Qatar venne espulso nel 2017 da questo Gruppo perché sospettato di finanziare movimenti terroristici.

Ma torniamo ai mondiali di calcio che sono serviti da spunto per tutta una serie di importanti lavori: dal nuovo aeroporto alla metropolitana di Doha,  dalla costruzione della città di Lusail all’integrale ammodernamento del lussuoso quartiere di Doha Msheireb. Per questi lavori il Qatar ha mobilitato investimenti per ben 200 miliardi di dollari. 

Sul fronte della politica estera, il Paese si muove in maniera abbastanza autonoma, presentandosi spesso come grande mediatore. Ad esempio, nel conflitto tra israeliani e palestinese, in Afghanistan dopo il ritiro degli americani o in Libia. Inoltre, si sta avvicinando all’Iran e alla Turchia, cioè, ai tradizionali nemici dell’Arabia Saudita e degli Emirati. Da non dimenticare, poi, che Doha ha fornito importanti aiuti sanitari alla Tunisia, al Libano e ad Hamas nella striscia di Gaza.

Per quanto riguarda le sollecitate riforme qualcosa è stato fatto: ad esempio, sono state concesse le prime elezioni libere per un’assemblea legislativa: peccato che neanche una delle donne ammesse in lista è stata eletta. In ogni caso, a questa graduale apertura fa da contrappunto una legislazione del tutto incerta sul piano dei diritti del lavoro, soprattutto della bassa manovalanza costituita da migliaia di migranti asiatici: circa 2 milioni. Secondo il giornale londinese The Guardian in dieci anni sono morti 6.500 lavoratori arrivati da India, Pakistan, Nepal, Bangladseh e Sri Lanka. Molti a causa delle cattive condizioni di lavoro.

Ma voltiamo pagina e parliamo dei buoni rapporti esistenti con l’Italia. Recentemente l’ENI ha siglato con il Qatar un’alleanza strategica denominata North Field East (Nfe), nella quale  QatarEnergy deterrà il 75% e l’Eni il restante 25%. Insieme costituiranno una Joint Venture c L’investimento complessivo è di 28,75 miliardi di dollari. Oltre all’Eni, attualmente ci sono almeno 50 aziende italiane operanti stabilmente in Qatar. Secondo molti operatori economici italiani le maggiori opportunità per il Made in Italy vanno dalla transizione ecologica all’agricoltura, passando per la cosiddetta blue economy: ma questi sono solo alcuni dei campi dove il Qatar vuole svilupparsi e in cui anche l’Italia potrebbe fare la sua parte.

REA International fa riferimento alla REA (Radiotelevisioni Europee Associate) e al Circuito delle 100 Radio                                                                                                                                       

Consulenza scientifica: UNIPACE (Università Internazionale per la Pace) dell’ONU – Sede di Roma

Videoclip del Movimento Tutela Sociale La Nuova Era Sociale

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Puntata n.1 (http://puntocontinenti.it/?p=19857) – Bielorussia, Corea del Nord, Siria, Eritrea

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Puntata n.3 (http://puntocontinenti.it/?p=19916) – Algeria, Sud Africa, Vietnam, Pakistan, Bolivia 

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Puntata n.5 ( http://puntocontinenti.it/?p=20025) – El Salvador, Mali, Armenia, Uganda

Puntata n.6 (http://puntocontinenti.it/?p=20064) – Sri Lanka, Senegal, Bangladesh, Sud Sudan e Tanzania.

Puntata n. 7 (http://puntocontinenti.it/?p=20080– Laos, Khirghizistan, Zimbabwe, Burundi e Madagascar

Puntata n. 8 http://puntocontinenti.it/?p=20117 ) – Mongolia, Namibia, Nicaragua, Repubblica Centrafricana e Tagikistan

Puntata n.9 ( http://puntocontinenti.it/?p=20188 ) – Azerbaigian, Burkina Faso, Camerun, Etiopia

Puntata n.10 ( http://puntocontinenti.it/?p=20213 )- Guinea, Guinea Bissao, Guinea Equatoriale Marocco

Puntata n.11 (Eswatini, Togo, Turkmenistan, Venezuela)

Puntata n.12 (Messico, Ecuador, Costa Rica, Rpubblica Domenicana e Guatemala).

Puntata n.13 (Haiti, Honduras, Panama, Argentina e Brasile).

Puntata n.14  (Cile, Colombia, Paraguay, Perù, Uruguay)

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Videoclip del Movimento Tutela Sociale