(Foto: Antonio A. Martino sullo sfondo della casa Rosada, la residenza Presidenziale)

È sicuramente una delle personalità italo argentine più autorevoli e ascoltate. Originario di Buenos Aires, Antonio A. Martino è professore emerito della prestigiosa Università Salvador di Buenos Aires e dell’Università di Pisa. Ma Martino è anche tante altre cose: è membro dell’Accademia Nazionale di Diritto e Scienze Sociali di Córdoba, del Center for Artificial Intelligence and Cognate learning dell’Università di Greenwich, dell’Accademia Nazionale delle Scienze di Buenos Aires,  dell’Associazione Europea di Legislazione. Inoltre, è stato dichiarato (Legge 4286) Personalità di spicco della Città Autonoma di Buenos Aires nel campo delle Scienze Giuridiche.

Autore di 53 libri e 749 pubblicazioni scientifiche, Martino è laureato in Diritto e Scienze sociali e come tantissimi altri connazionali  ha dovuto fare i conti con la tragica dittatura militare, durata dal 1976 al 1983. Basti ricordare che per difendere alcuni incarcerati e desaparecidos è finito sulla lista nera della nefasta associazione conosciuta come triplice A (Asociacion Argentina Anticomunista): cioè, nella lista delle persone destinate a scomparire. Questa situazione lo ha portato a vivere e lavorare per molti anni in Italia dove ha cosciuto e collaborato con il grande giurista e filoso Norberto Bobbio all’Università di Torino. In seguito, dal 1976 al 2008 ha avuto la cattedra di Scienze Politiche all’Università di Pisa.

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Punto Continenti, in collaborazione con la sede romana dell’Università Internazionale per la Pace (creata dalla Nazioni Unite nel 1980, con sede principale in Costa Rica) e la REARadiotelevisioni Europee Associate, sta eseguendo una serie di indagini e interviste sul ruolo dell’America Latina nella nuova geopolitica mondiale.   Per la realizzazione e diffusione di questa indagine Punto Continente s’avvale della collaborazione esperti di organizzazioni come lIILA (l’Organizzazione Internazionale Italo Latino Americana)Mediatrends America Europa (gestito dal giornalista Roberto Montoya che organizza incontri internazionali di alto livello); il Movimento Tutela Sociale (un Movimento d’opinione internazionale – vedere la pagina Facebook  https://www.facebook.com/groups/508452549970758/); nonché programmi giornalistici, radiofonici e televisivi come Sentir Latino, diretto dal giornalista Luis Flores, che va in onda in Italia (su Radio Mambo e presto su One Tv) e in America Latina. Ma ecco l’intervista.

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Professore, l’Argentina, attualmente guidata dal Presidente di sinistra  Alberto Ángel Fernández, si trova nuovamente in una grave crisi economica. Pochi Paesi al mondo hanno subito un declino così forte negli ultimi 100 anni. Come si spiega questo fatto, se consideriamo che all’inizio del XX secolo il Pil dell’Argentina era tra i più alti del mondo?

Ho una visione sistemica e olistica del mondo, quindi per me un fatto non dipende mai da una sola causa ma da molteplici circostanze.  Ma cerchiamo di sintetizzare il concetto. Innanzitutto, dobbiamo considerare che dopo il 1945 si è presentata una nuova realtà: mi riferisco all’avvento del peronismo. Un movimento che si proponeva di soddisfare le esigenze urgenti degli ambienti più umili e sfruttati della società. Nel frattempo, si è modificata in negativo la cultura del lavoro, dell’iniziativa privata, della buona fede. Così, per un arco di tempo di circa ottant’anni, gradualmente ha cominciato a prevalere una cultura autoritaria, statalista e assistenziale che dispensava aiuti e non nuovi posti di lavoro. E chi criticava questa scelta veniva automaticamente identificato come un nemico politico. Conclusione: oltre la metà dei poveri ha finito per affidarsi integralmente agli aiuti statali. È chiaro che un’impostazione del genere non ha certamente aiutato il Paese a crescere e a pagare i suoi debiti. Inoltre, ha reso estremamente problematico ricevere nuovi presti sui mercati internazionali.

Se stanno così le cose viene spontaneo fare la seconda domanda: come è possibile che ancora oggi, a più di ottant’anni dall’ascesa al potere di Juan Domingo Peron, il peronismo e il movimento giustizialista siano ancora così radicati nel sentimento popolare, tanto a destra quanto a sinistra?

Anche per rispondere a questa domanda occorre prendere in considerazione vari aspetti. Innanzitutto, ricordiamoci che i militari hanno perso nella loro storia una sola guerra, quella contro gli inglesi per le Malvinas. E quindi godevano all’epoca di un certo prestigio. E poi, Peron era sicuramente un militare decisamente scaltro che in fondo ammirava il fascismo e che ha saputo usare molto bene la sua mistica. 

Non avendo una chiara base ideologica ha saputo amalgamare molto bene le aspirazioni dell’estrema destra con quelle deliranti dell’estrema sinistra. Con analoga impostazione si sono mossi anche i suoi epigoni ugualmente bravi a narrare una storia tanto falsa quanto avvincente.
Un esempio per tutti:  l’attuale vicepresidente Cristina Fernandez è accusata di malversazione di fondi pubblici: accuse precise e documentate. Per una sola di queste accuse, conosciuta come Vialidad e che riguarda la costruzione di strade, il pubblico Ministero ha chiesto ben 12 anni di prigione a seguito di un dibattito durato nove giorni.

Ebbene, come ha reagito la Fernandez? Ha chiesto di parlare dopo il Pubblico Ministero, cosa assolutamente non prevista dalle procedure processuali. E lo ha fatto dal suo studio di Presidente del Senato in modalità quasi a reti unificate. Per dire cosa? primo, che non ci sono prove; secondo, che lei è perseguitata dai poteri forti interni e internazionali (quali?); terzo, che il vero obiettivo è quello di impedirle di candidarsi alle prossime elezioni. FALSO. In Argentina si è innocenti fino all’ultimo grado di giudizio espresso dalla Suprema Corte che in genere impiega più di dieci anni.

Passiamo ad altro. Dalla nascita della dittatura fino ad oggi, che giudizio esprime sulla qualità dell’informazione prodotta da giornali, radio e televisioni, nonché dai social?

Teniamo presente che l’Argentina è un Paese spaccato: da un lato  ci sono i peronisti, nel campo avverso  tutti gli altri.  I mezzi d’informazione peronisti, spesso collegati al Governo, semplicemente non informano ma raccontano storie mentendo spudoratamente e attribuendo a oscure forze capitalistiche e alle multinazionali le proprie colpe ed  errori. Gli altri informano nell’ambito di un sistema che gradualmente si sta avvicinando alla libertà di stampa. Tutto dipende, comunque, dal grado di appartenenza ai vari interessi in campo. Per quanto riguarda i social, mi sembra che generalmente si stiano comportando bene. Tuttavia, la lotta per una corretta informazione rimane sempre molto dura: il peronismo può contare su un’influenza notevole all’interno dei sindacati, delle imprese statali, di tutti i gangli dello Stato.

Lei proviene dagli ambienti universitari.  Che ruolo ha giocato e gioca oggi il Mondo accademico nell’abito della politica argentina?

Per dirla in parole povere, un ruolo molto modesto.  Già nel 1945 i peronisti cantavano “scarpette si, libri no”. Non avendo un programma di governo hanno saputo appropriarsi del passato promuovendo una storia manipolata. In sostanza, hanno riscritto la storia del paese attraverso la creazione di nuove Università dove hanno trovato spazio molti insegnanti compiacenti. Ciò è avvenuto  soprattutto nelle ‘Provincias’ (le Regioni) che in un Paese federalista come l’Argentina godono di un’ampia autonomia.  

Per fortuna, ogni tanto qualche barlume di saggezza cerca di opporsi a codesta menzogna statale: purtroppo, senza alcuna incidenza concreta sul piano politico.

Attualmente a capo della Chiesa Cattolica c’è un Papa argentino. In che misura questo fatto senza precedenti per l’America latina incide o potrà incidere sul futuro del Paese?

La scelta di nominare Bergoglio è stata certamente singolare. Si tratta del primo Papa gesuita nella storia millenaria della Chiesa.  Dico subito che da argentino non condivido alcune delle sue scelte. Intanto, in passato ha espresso chiare simpatie peroniste. Poi, a mio giudizio, si mostra troppo benevole con i regimi dittatoriali di Paesi come Cuba, Venezuela e Nicaragua. E non ho capito il senso di alcuni apprezzamenti fatti a personaggi molto discutibili come Lula, il Presidente appena rieletto in Brasile, e l’ex Presidente della Bolivia Evo Morales. 

Non capisco, inoltre, la sua decisione di non visitare l’Argentina. E poi, l’unica volta che ha ricevuto un Presidente argentino non peronista ha mostrato per tutto il tempo chiari segni di insofferenza. In compenso ha ricevuto amorevolmente la leader dell’Associazione dei lavoratori statali della città di Jujuy, Milagro Sala, che nel 2016 è stata condannata a quattro anni di prigione per appropriazione indebita di fondi destinati ai poveri, attualmente agli arresti domiciliari.

Certo, il Papa è libero di fare quello che ritiene più opportuno e di esprimere simpatie per chi vuole lui. Detto ciò, mi rendo anche conto che forse mi sto soffermando troppo su questioni squisitamente argentine. Ma per rispondere alla sua domanda le dico che non ritengo che il Papa inciderà sul futuro dell’Argentina.

Nel 2023 ci saranno le elezioni presidenziali. Non le chiedo una previsione sui candidati ma quale sarà la grande scommessa politica riguardante il futuro del Paese, in vista anche della nuova geopolitica mondiale che si sta creando a seguito della guerra russo ucraina? 

Secondo gli attuali sondaggi Cristina Fernandez non ha il consenso del 64 % dell’elettorato, mentre i candidati della coalizione Juntos por el Cambio appaiono favoriti. Tuttavia, le elezioni sono ancora lontane. La situazione economica rischia di peggiorare ulteriormente e non si possono escludere rivolte popolari. Da registrare che i peronisti sono contrari a fare ricorso alle primarie per la scelta dei candidati.  Insomma, chi vivrà vedrà  o come diceva l’amico Bobbio chi vedrà, vivrà.  

Come vede, infine,  le relazioni tra l’Italia e l’Argentina, alla luce anche della presenza in Argentina di milioni di italo-argentini?

I rapporti tra Italia e Argentina sono solidi e promettenti. Purtroppo, l’incombere di nuovi rincari e nuove situazioni politiche anche a livello europeo rischiano di spingere l’Italia a rinchiudersi e a concentrarsi solo sulle proprie difficoltà contingenti. Dall’altro canto, l’Argentina appare sempre meno affidabile. La mia sensazione è che in un prossimo futuro aumenteranno i rapporti tra le imprese private, soprattutto di piccole e medie dimensioni, e non tra gli enti statali.

Intervista realizzata il 13 Settembre 2022.

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Intervista rilasciata nel 2020 alla REA (Radiotelevisioni Europee Associate) dal Prof. Antonio A. Martino sulla grande realtà degli italiani residenti in Argentina