(Foto: Bolivia – Lago di Titicaca. Nel riquadro Luis Flores) –

In Italia il giornalista boliviano Luis Flores è quasi un’istituzione. Da diversi anni gestisce un programma radiofonico e televisivo chiamato ‘Sentir latino’ su varie emittenti italiane e latino americane. Questo programma viene molto seguito dai latino americani residenti in Italia. Attualmente va in onda su Radio Mambo, una radio romana specializzata in musica e informazione sul continente latino americano, con la partecipazione di illustri ospiti (giornalisti, politici, scrittori e artisti).  Sul piano televisivo è prevista per il prossimo futuro una stretta collaborazione con One Tv di Milano.

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Punto Continenti, in collaborazione con la sede romana dell’Università Internazionale per la Pace (creata dalla Nazioni Unite nel 1980, con sede principale in Costa Rica) e la REARadiotelevisioni Europee Associate, sta eseguendo una serie di indagini e interviste sul ruolo dell’America Latina nella nuova geopolitica mondiale.   Per la realizzazione e diffusione di questa indagine Punto Continente s’avvale della collaborazione esperti di organizzazioni come lIILA (l’Organizzazione Internazionale Italo Latino Americana)Mediatrends America Europa (gestito dal giornalista Roberto Montoya che organizza incontri internazionali di alto livello); il Movimento Tutela Sociale (un Movimento d’opinione internazionale – vedere la pagina Facebook  https://www.facebook.com/groups/508452549970758/); nonché programmi giornalistici, radiofonici e televisivi come Sentir Latino, diretto dal giornalista Luis Flores, che va in onda in Italia (su Radio Mambo e presto su One Tv) e in America Latina. Ma ecco l’intervista.

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L’ex Presidente Evo Morales del Movimiento al Socialismo è riuscito a farsi eleggere per tre mandati consecutivi, dal 2006 al 2019 quando è stato costretto a presentare le dimissioni perché accusato di brogli nel corso delle elezioni per il suo quarto mandato. A quel punto è andato in esilio in Messico e Argentina per poi rientrare in Bolivia. Nel frattempo, è diventata Presidente Jeanine Anez, attualmente in stato d’arresto e condannata a dieci anni per essere stata, tra le altre cose, responsabile di alcuni massacri. Ma insomma cosa è successo in quel periodo?

E’ stato certamente un passaggio molto turbolento della storia della Bolivia. In pratica hanno compiuto un vero colpo di Stato. Paradossalmente a organizzarlo sono stati proprio coloro che si sono arricchiti con il governo di Morales, che aveva cercato in tutti i modi di privilegiare le industrie boliviane rispetto a quelle straniere e rispetto alla speculazione internazionale. Finché Morales ha difeso questi interessi andava tutto bene. Quando ha cercato di migliorare le condizioni dei più poveri, di introdurre una più equa distribuzione della ricchezza, per una parte del mondo imprenditoriale non andava più bene.  E così hanno attivato il golpe guidato dall’imprenditore Luis Fernando Camacho insieme ai suoi amici.   

La Jeanine Anez è stata semplicemente strumentalizzata. Per vanità si è prestata a un gioco più grande di lei. Oggi rischia giustamente una condanna pesantissima.

Non v’è dubbio che Morales, oltre ad essere stato il primo Presidente indio, col tempo è diventato una figura mediatica di grande rilevanza internazionale. Sul piano umano come lo descriverebbe?

Era un uomo semplice, particolarmente sensibile, che da ragazzo aveva conosciuto la povertà e le sofferenze dalla popolazione indigena. Lui ha interpretato un forte sentimento di rivalsa e di richiesta di maggiore giustizia sociale proveniente dal mondo rurale e dalla sua gente. Pur non avendo un elevato livello d’istruzione si è affidato a persone esperte nelle varie materie: una scelta tipica delle persone intelligenti. Forse il suo difetto più grande è stato quello di non aver compreso che era arrivata l’ora di uscire di scena. Nessuno, a mio avviso dovrebbe gestire il potere per troppo tempo. E’ fatale che alla fine finisca per perdersi tra compromessi e pressioni varie.

In Europa ha fatto un certo effetto sapere che Morales è stato il leader del movimento sindacale dei ‘cocolero’ boliviani, una federazione di contadini quechua e aymara coltivatori di coca che si oppongono agli sforzi, principalmente degli Stati Uniti, di sradicare le coltivazioni di questa pianta. In un’intervista Morales ha dichiarato: “Niente più cocaina, niente più traffico di droga, ma non niente più coca”. Cosa intendeva dire? 

Il Presidente ha sempre spiegato che la ‘Coca’ non è la cocaina ma una foglia ‘sacra’ per i contadini. La produzione e il consumo degli stupefacenti è sempre stata alimentata dalla domanda dei consumatori, cioè, dal mercato nord americano. In questo contesto va letto la frase del Presidente Morales, pronunciata mentre la DEA agiva sul territorio boliviano. In altri termini, per Morales è giusto combattere il commercio della cocaina ma questo non significa sradicare la foglia della coca, che fa parte della cultura boliviana. In parole povere, Morales ha voluto dire NO all’intromissione di forze straniere in Bolivia.

E’ vero che la politica di nazionalizzazione delle fonti energetiche, soprattutto del gas, ha aumentato notevolmente le entrate dello Stato. Tuttavia, oggi per la Bolivia è diventato molto più complicato attirare gli investimenti esteri, di cui il Paese ha un grande bisogno. Come si pensa di uscire da questa situazione?

La politica di nazionalizzazione in Bolivia viene attuta sulla base di norme e decreti governative. Ciò significa che le grandi aziende interessate a investire in Bolivia debbono tener conto del fatto che ci sono delle leggi nazionali e quindi non basta, come avveniva in passato, sottoscrivere un accordo ministeriale nell’interesse di alcuni politici e non del Paese. La Bolivia per molti anni è stata una miniera saccheggiata da tante imprese internazionali, grazie alla condiscendenza interessata di molti politici. Quando verrà accettata e capita questa nuova situazione, le imprese potranno tornare e investire tranquillamente in Bolivia.

Parliamo della Bolivia. Nel 2020 è entrato in carica come Presidente l’economista Luis Arce, molto vicino a Morales. In precedenza, è stato ministro dell’ economia e delle finanze. Quali sono gli obiettivi principali che Arce intende raggiungere con la sua Presidenza?

Arce è un’economista molto preparato. Anche lui, sull’esempio di quello che ha fatto Morales, si sta sforzando a ridurre sensibilmente le disuguaglianze e la povertà esistente nel Paese. Certo, non si tratta di un compito semplice. I danni che i golpisti hanno fatto sono stati enormi. In poco tempo hanno dilapidato le casse dello Stato e si sono appropriati senza pudore di beni pubblici. Togliere certi privilegi non è certamente facile ma la popolazione più svantaggiata per ora crede nel Presidente.

In America latina si parla molto di un riscatto della popolazione india. E vero che la Bolivia è diventata uno stato plurinazionale ma ci sono ancora nel Paese forti discriminazioni verso le Comunità indigene?

Tutti parlano di questo riscatto che per me è ancora fantomatico. Sulla carta i diritti ci sono. In pratica le discriminazioni, le ingiustizie verso la popolazione india persistono sempre. Così, affianco a un territorio ricco e splendente come Santa Cruz, convivono diverse aree dove regna la povertà assoluta vissuta in massima parte la popolazione indigena.

Ma la cosa che più mi ferisce è la discriminazione culturale: il boliviano ricco e ben sistemato che in fondo disprezza e guarda dall’alto in basso il suo fratello meno fortunato. Purtroppo, come si sa, la cosa più difficile è cambiare mentalità. 

In che misura la pandemia del Covid ha inciso sull’economia boliviana?

In misura molto pesante. Diverse Regioni del Paese non erano assolutamente preparate ad affrontare la pandemia. Sono mancati i medici, sono stati espulsi i medici cubani e venezuelani che lavoravano in Bolivia. La gestione dei vaccini è stata disastrosa e soggetta a una corruzione e speculazione senza limiti. Naturalmente anche in questo caso a pagare le conseguenze più gravi sono stati soprattutto i più poveri. 

Purtroppo anche la Bolivia, come molti altri Paesi latino americani, nel corso della sua storia è stata soggetta a diversi colpi di Stato, alcuni dei quali supportati dagli americani. C’è un serio rischio che qualcosa del genere possa ripetersi anche in futuro?

A breve termine non credo proprio. Dopo tutto quello che si è detto sull’invasione russa in Ucraina come si fa in questo momento a organizzare un colpo di Stato o a invadere un Paese latino-americano? Cosa, invece, succederà in un futuro più lontano non posso certamente prevederlo. Come si dice dalle nostre parti, siamo nelle mani di Dios.

In che misura nuova geopolitica determinata dalla guerra russo-ucraina potrebbe incidere sulla politica estera boliviana?

Francamente non credo che avverranno dei grossi cambiamenti. Forse aumenteranno in una certa misura i rapporti con alcuni grandi Paesi come la Cina e l’India. La mia speranza è che sia arrivato il momento di rafforzare sensibilmente i rapporti con l’Unione Europea. Siamo due Continenti molto vicini per storia, cultura e rapporti personali. Sarebbe un peccato se sprecassimo questo momento.

A proposito di Europa, quali sono le prospettive delle relazioni della Bolivia e con l’Europa e, in particolare, con l’Italia? 

La politica estera boliviana da molto tempo è impegnata a siglare accordi reciproci con alcuni Paesi dove risiedono consistenti comunità di cittadini boliviani. Accordi che garantiscano, ad esempio, la maturazione di una pensione. La Bolivia ha già firmato interessanti accordi con la Spagna e ora sta trattando con l’Italia.

Per quanto riguarda i rapporti della Bolivia con l’Europa, ritengo che ci siano notevoli possibilità di investimenti, soprattutto per quanto riguarda la lavorazione delle risorse naturali.

Intervista realizzata il 27 Settembre 2022.