(foto: Antonio Diomede, invitato al Parlamento Europeo per palare delle Radio e TV)

Presidente della REA (Radiotelevisioni Europee Associate) Antonio Diomede è stato uno dei protagonisti in Italia della grande ventata di innovazione e libertà avviata verso la fine degli anni settanta con la nascita delle radio e televisioni locali. In quel periodo, grazie a una sentenza della Corte Costituzionale è stato rotto il monopolio esercitato fino a quel momento dalla RAI, la televisione pubblica. Sin dalla sua nascita la REA ha sempre avuto un’attenzione particolare per le realtà estera. Dall’Europa questo interesse si è gradualmente allargato anche verso altre aree geografiche, tra cui l’America Latina, dove vive una grande Comunità italiana.

Nel 1999, dopo laboriose ricerche a livello europeo, Diomede ha partecipato all’introduzione in Italia del DAB (Digital Audio Broadcasting) costituendo il primo consorzio di radio locali, Eurodab Italia. Nel 2002 è stato chiamato a far parte del Comitato ministeriale di indagini e studi per lo sviluppo dei sistemi digitali in preparazione del Libro Bianco sulla Televisione Digitale Terrestre edito dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Nello stesso anno, in qualità di Presidente della REA, viene chiamato a far parte della  Commissione per l’Assetto Radiotelevisivo, istituita con decreto del Ministro Gasparri, in esecuzione del Decreto Legge 27 agosto 1993, n.323, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 ottobre 1993, n.422.

Attualmente Diomede è impegnato in una difficile battaglia per la difesa di centinaia di emittenti locali che a causa della crisi economica e di alcune leggi inique rischiano di chiudere e quindi di ridurre lo spazio della libertà d’informazione.

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Nota della redazione

Punto Continenti, in collaborazione con la sede romana di UNIPACE e la REARadiotelevisioni Europee Associate, sta eseguendo una serie di indagini e interviste sul ruolo dell’America Latina nella nuova geopolitica mondiale. Per la realizzazione e diffusione di questa indagine Punto Continente s’avvale della collaborazione di esperti di organizzazioni come lIILA (l’Organizzazione Internazionale Italo Latino-americana); Mediatrends America Europa (gestito dal giornalista Roberto Montoya che organizza incontri internazionali di altolivello); il Movimento Tutela Sociale (un Movimento d’opinione internazionale – vedere la pagina Facebook:

 https://www.facebook.com/groups/508452549970758/); nonché di programmi giornalistici, radiofonici e televisivi come Sentir Latino, diretto dal giornalista boliviano Luis Flores, che va in onda in Italia (su Radio Mambo e presto su One Tv a Milano) e in America Latina.

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Quando si parla di ruolo dei media in America Latina cosa le viene in mente subito, sia per le radio che per la televisione?

Per quanto riguarda la radio credo che siano rimasti nella storia i discorsi radiofonici di Evita Peron, le sue arringhe ai descamisados. Non v’è dubbio che con il suo modo passionale di comunicare ha contribuito decisamente a far salire e a rafforzare il potere del marito Juan Domingo Peron. Ancora oggi Evita rappresenta un mito per molti argentini e sono sicuro che, indipendentemente dalle sue idee politiche, la sua capacità oratoria e la sua empatia verso le classi più povere hanno rappresentato un fattore di successo per il cosiddetto giustizialismo.

E per quanto riguarda la televisione?

Beh, in questo caso viene spontaneo pensare al Brasile, in particolare alla famiglia Marinho che attraverso la rete Globo praticamente ha condizionato e condiziona ancora oggi la politica brasiliana. Alcuni in Brasile sostengono, ad esempio, che ancora più dei militari, dei grandi interessi nazionali, delle preoccupazioni americane, a rendere possibile l’attuazione del golpe militare del 1964 sia stata proprio la rete Globo che ha martellato l’opinione pubblica brasiliana sul pericolo rosso, sui comunisti cinesi e di altre provenienze, sul rischio di trasformare l’intero Brasile in una nuova Cuba.

Oggi il gruppo televisivo vale circa 5 miliardi di dollari e ha compiuto un notevole balzo tecnologico. Grazie anche al contributo di Accenture (la società internazionale nata dalla Arthur Andersen), è diventato un grande e moderno conglomerato mediatico, il più grande dell’intera America Latina. Recentemente ha firmato un accordo di partnership strategica anche con Google. Indubbiamente  è guidato da manager di valore, ma resta un affare di famiglia. 

Oggi come si presenta la situazione della libertà di stampa in America Latina?

Secondo l’analisi compiuta nel 2021 dall’Associazione Reporter senza frontiere, la situazione sta peggiorando.  Le situazioni più gravi avvengono a Cuba, Honduras, Messico e Venezuela, mentre segnali positivi giungono da Costa Rica, Uruguay, Repubblica Dominicana e Belize. Molto ha inciso anche la pandemia. È il caso del Brasile governato fino alla fine del 2022 da Jair Bolsonaro, sconfitto da Inacio Lula alle presidenziali. Ebbene, a un certo punto l’accesso alle cifre ufficiali dell’epidemia è diventato un vero. Bolsonaro accusava la stampa di enfatizzare i dati in chiave antigovernativa.

E oltre al Brasile?

Dei problemi seri si sono verificati anche in El Salvador guidato dal giovane Presidente Nayb Bukele il quale farebbe di tutto, sempre secondo RSF, per screditare gli organi di comunicazione. Altri problemi vengono registrati in Messico, attualmente guidato dal progressista Lopez Obrador. Anche questo, Presidente sembra che non gradisca particolarmente le critiche al suo operato. Ben più grave è naturalmente la situazione in Nicaragua sottomessa al regime autoritario di Daniel Ortega o quella del Venezuela di Maduro, un Paese che vive una situazione drammatica.

E di Cuba cosa si può dire?

Questa è probabilmente la situazione peggiore. Non a caso Cuba si trova al 171° posto nella graduatoria della libertà di Stampa. L’uscita di scena dei fratelli Castro non ha migliorato la situazione. Anzi, è peggiorata, anche perché l’attuale governo di Miguel Diaz Canel deve affrontare una crescente insoddisfazione popolare a causa del peggioramento delle condizioni economiche e sociale. Eppure, il Paese in alcuni campi ha registrato dei successi considerevoli come, ad esempio, nella sanità, nella lotta all’analfabetismo e sul piano della dignità personale. Ma queste conquiste ora non bastano più. La gente vuole più libertà e più libertà di stampa.

Se dovesse descrivere la situazione dei media e dei giornalisti in America Latina sul piano generale cosa direbbe?

Prenderei semplicemente per buono quello che afferma il documento RSF: “L’omicidio, il rapimento, l’intimidazione di e/o le minacce nei confronti di giornalisti, così come la distruzione materiale dei mezzi di comunicazione, violano i diritti fondamentali degli individui e limitano gravemente la libertà d’espressione. È compito dello Stato prevenire ed investigare su tali eventi, punire gli autori di tali crimini e assicurarsi che le vittime ricevano giusto risarcimento.” Penso che sia sufficientemente esauriente.

Ma i Governi nazionali non fanno nulla per tutelare la sicurezza dei reporter?

A quanto mi risulta solo Colombia e Messico hanno avviato dei programmi per salvaguardare l’incolumità dei giornalisti, anche se questi programmi non stanno dando dei grandi risultati. Lo dimostra la realtà del Messico: solo nella prima metà dell’anno sono stati assassinati 9 giornalisti, tra cui diversi Presidenti di testate locali e autonome. Questa perdita viene molto sentita non solo in Messico ma in quasi tutti i Paesi latinoamericani.

Ecco, parliamo di informazione locale, un argomento che interessa molto la sua organizzazione che rappresenta numerose radio e televisioni locali. C’è una qualche lezione che in Italia possiamo trarre dalla realtà latino-americana?

Certamente. Per molti anni l’Italia è stata il campione mondiale per numero di radio e televisioni locali. Purtroppo, negli ultimi tempi la situazione è decisamente cambiata in negativo, a causa soprattutto di alcuni interventi legislativi. Attraverso una serie di leggi assurde si sta distruggendo un fiore all’occhiello tipicamente italiano. Ebbene, quello che potremmo imparare dalla realtà latino-americana, è che distruggendo l’informazione locale si compie il primo passo verso l’omologazione dell’informazione: in parole povere, un primo passo verso l’annichilimento della libertà di stampa e quindi della democrazia.

Sin dalla sua nascita la sua organizzazione nel chiamarsi REA, Radio e televisioni europee associate, ha voluto assumere un carattere internazionale. È forse arrivato il momento di guardare oltre all’Europa e, quindi, anche a continenti come l’America Latina?

Non v’è dubbio, tanto più che nelle Americhe come in Australia vivono milioni di italiani e oriundi italiani che spesso la stampa, le radio e le televisioni hanno trascurato, se escludiamo le informazioni sulla musica e sul calcio. Nel nostro piccolo abbiamo iniziato a seguire più da vicino questa realtà che, a mio parere, è destinata a giocare un ruolo molto importante nella nuova geopolitica mondiale. Infatti, oltre a servizi e interviste stiamo avviando dei contatti più stretti anche con giornali, radio e televisioni latinoamericane. Inoltre, cercheremo di promuovere e informare anche su scala internazionale la qualità dei prodotti Made in Italy.

Ma concretamente come operate?

In questa ricerca ci appoggiamo, ad esempio, sulla sede romana di UNIPACE, l’Università Internazionale della Pace istituita dall’ONU nel 1980 e che ha il suo centro principale proprio in America Latina, a San José in Costa Rica. Inoltre, insieme ad altre organizzazioni sosteniamo anche il Movimento Tutela Sociale, un movimento d’opinione internazionale composto da illustri personaggi italiani e stranieri. Del resto, la difesa della libertà di stampa non può avvenire in un solo Paese ma è un fatto globale. La libertà di uno aiuta a salvaguardare la libertà dell’altro.

Quali risultati avete raggiunto e che potrebbero rappresentare un esempio anche per il sistema radiotelevisivo latinoamericano?

Ci sono molte battaglie vinte che hanno fatto la storia delle radiotelevisioni locali.  E’ stata la REA a introdurre il diritto di cronaca negli stadi con un durissimo confronto con la Lega Calcio. Idem dicasi per il Codice sportivo contro la violenza negli stadi e per il codice TV e minori di protezione ai  più piccoli, nati anche su spinta della REA. Le nostre battaglie hanno riguardato inoltre la parità di genere in TV e l’abbattimento degli esosi canoni di concessione per le piccole radio e tv, nonché  l’automatico conguaglio debiti/crediti delle emittenti con il ministero. Ci siamo, poi, battuti per l’abbattimento dei falsi dati di ascolto della Società Autoradio, successivamente fatta fallire. Stessa sorte ancora non è toccata ad Auditel per le televisioni ma anche in questo caso non mancano delle perplessità. Poi ci sono altre decine di battaglie vinte sul piano amministrativo e sul diritto d’autore, nonché sui diritti vantati dalle Major. Ma penso che sia meglio che mi fermi  qui. Questa intervista proiettata, infatti, sull’America Latina e non sull’Italia.

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Videoclip del ‘Movimento Tutela Sociale’ vincitore del Premio ‘Musica per il sociale’ promosso dalle Radio e Televisioni della REA (sottotitolazione in spagnolo)