(Foto: Giuseppe Sugamele nel corso di una manifestazione).

Nel mondo dei sindacati Giuseppe Sugamele, Segretario Generale del sindacato autonomo Libersind/Confsal è quasi un’istituzione. Originario del piccolo Comune di Serrone nel Lazio, Cavaliere al merito della Repubblica dal 2000, Sugamele si è sempre occupato di problemi sociali e umanitari. Invece, sul piano personale ha avuto due preferenze: la prima riguarda l’arte (non a caso gran parte della sua attività l’ha dedicata agli artisti della Radio e Televisione Italiana – RAI) mentre la seconda è rappresentata dall’amore per la storia. Insieme a diversi colleghi e studiosi da diversi anni segue quello che avviene negli altri Paesi, indipendentemente dal contesto culturale o dall’impostazione politica. “Quello che conta”, ama ripetere, “sono i risultati concreti, il resto spesso è solo filosofia”. Nell’ambito di questi suoi interessi storici rientra certamente anche la realtà latino-americana, che Sugamele ha sempre osservato con particolare attenzione. Ecco perché lo abbiamo intervistato.

Nota della redazione

Punto Continenti, in collaborazione con la sede romana di UNIPACE e la REARadiotelevisioni Europee Associate, sta eseguendo una serie di indagini e interviste sul ruolo dell’America Latina nella nuova geopolitica mondiale. Per la realizzazione e diffusione di questa indagine Punto Continente s’avvale della collaborazione di esperti di organizzazioni come lIILA (l’Organizzazione Internazionale Italo Latino-americana); Mediatrends America Europa (gestito dal giornalista Roberto Montoya che organizza incontri internazionali di altolivello); il Movimento Tutela Sociale (un Movimento d’opinione internazionale – vedere la pagina Facebook:

 https://www.facebook.com/groups/508452549970758/); nonché di programmi giornalistici, radiofonici e televisivi come Sentir Latino, diretto dal giornalista boliviano Luis Flores, che va in onda in Italia (su Radio Mambo e presto su One Tv a Milano) e in America Latina.

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Giuseppe SUGAMELE

(Segretario Generale del sindacato Autonomo Libersind/Confsal)

Nel mondo dei sindacati Giuseppe Sugamele, Segretario Generale del sindacato autonomo Libersind/Confsal è quasi un’istituzione. Originario del piccolo Comune di Serrone nel Lazio, Cavaliere al merito della Repubblica dal 2000, Sugamele si è sempre occupato di problemi sociali e umanitari. Invece, sul piano personale ha avuto due preferenze: la prima riguarda l’arte (non a caso gran parte della sua attività l’ha dedicata agli artisti della Radio e Televisione Italiana – RAI) mentre la seconda è rappresentata dall’amore per la storia. Insieme a diversi colleghi e studiosi da diversi anni segue quello che avviene negli altri Paesi, indipendentemente dal contesto culturale o dall’impostazione politica. “Quello che conta”, ama ripetere, “sono i risultati concreti, il resto spesso è solo filosofia”. Nell’ambito di questi suoi interessi storici rientra certamente anche la realtà latino-americana, che Sugamele ha sempre osservato con particolare attenzione. Ecco perché lo abbiamo intervistato.

In estrema sintesi come si è sviluppato il movimento sindacale in America Latina?

Diciamo che storicamente i sindacati latino-americano hanno registrato una sensibile evoluzione dopo la seconda guerra mondiale. Su di essi hanno influito certamente i sindacati europei e naturalmente anche l’Organizzazione Internazionale del Lavoro che ha promosso nel dopoguerra una serie di Conferenze Regionali, tra cui quella di Città del Messico nel 1946, di Montevideo nel 1949, di  Petropolis in Brasile nel 1952 o dell’Havana nel 1956. Da questi incontri e dibattiti è maturata una forte consapevolezza sulla necessità di regolare in profondità i rapporti di lavoro, nonché di creare un’efficiente organizzazione sindacale. Comunque, è giusto ricordare che già nel 1938  si era costituita la Confederazione dei lavoratori dell’America Latina (CTAL).

Passando a tempi più recenti, che tipo di evoluzione ha avuto il sindacalismo in America Latina?

Certamene durante gli anni ottanta e novanta in America Latina i sindacati hanno promosso una serie di importante riforme nel campo del lavoro che spesso s‘ispiravano alle lotte portate avanti negli Stati Uniti e in Europa. In quel momento il Continente latinoamericano usciva dal periodo estremamente buio caratterizzato da colpi di Stato e feroci dittature militari. Molti sono stati i sindacalisti perseguiti, torturati, uccisi o scomparsi. Non dimentichiamo che tra le diverse giunte militari si è creata un’alleanza meglio conosciuta come piano Condor che prevedeva l’eliminazione fisica degli oppositori, tra cui figuravano anche numerosi sindacalisti.

Una volta cadute le dittature cosa è successo?

Sicuramente il tentativo di ricostituzione dei sindacati è stato molto complesso e difficile. Spesso i sindacalisti erano confluiti nelle organizzazioni clandestine. Questa rottura e polverizzazione dell’intero sistema sindacale ha rappresento un grande ostacolo alla ricomposizione di strutture efficienti e rappresentative. In alcuni Paesi, come è il caso del Cile, la questione si è complicata dal fatto che mentre alcuni leader sindacali avevano pagato un prezzo altissimo, altri erano stati cooptati dal regime di Pinochet. Molti sindacalisti hanno poi preferito intraprendere la carriera politica.

È il caso, ad esempio, del Presidente appena eletto del Brasile Inacio Lula. Giusto?

Il caso di Lula è un caso molto particolare. Per molti anni è stato un sindcalista proveniente da una delle Regioni più povere del Paese. Il suo carisma personale e la sua capacità di sostenere le cause dei lavoratori lo hanno proiettato sulla scena nazionale e internazionale. Sull’onda di questo successo ha fondato il PT, il Partito dei lavoratori.

Dopo aver tentato più volte di essere eletto Presidente della Repubblica, ci è riuscito per ben due volte dal 2003 al 2011.

Dopodiché, come è noto, è stato travolto da una serie di scandali prima di essere riabilitato e di riconquistare per la terza volta, alla fine del 2022, la carica di Presidente della Repubblica. Lula rappresenta forse l’esempio più eclatante di un sindacalista arrivato al vertice dello Stato.  

Come giudica questo suo passaggio da sindacalista a Presidente?       

Certamente il suo passato da sindacalista ha indotto Lula a impostare il suo programma politico su obiettivi prettamente sociali, come la Bolsa Familia e Fome Zero. Lo stesso si può dire per quanto riguarda gli sforzi di innalzare il livello educativo e sociale. I risultati sono stati abbastanza positivi a sentire alcuni amici e colleghi brasiliani. Lo so che le candidature di Lula e del suo antagonista il Presidente uscente Bolsonaro, hanno alimentato una forte polarizzazione nel Paese. In questa sede non mi interessa entrare nel merito dei passati governi di Lula quanto di rimarcare che la sua impostazione politica si è basata essenzialmente su presupposti sindacali.

Ma forse più che sindacali sono presupposti tipicamente di sinistra.

Attenzione, una cosa sono le impostazioni e gli obiettivi sindacali, un’altra è la gestione politica di questi obiettivi. È vero che Lula è un uomo di sinistra e che proviene da un mondo sindacale fortemente caratterizzato. È vero anche che si è battuto per il raggiungimento di alcuni obiettivi che hanno avuto successo, come l’uscita dalla soglia di povertà per milioni di brasiliani. Ma ci sono altri esempi di politici di sinistra che hanno determinato risultati diametralmente opposti.

A chi si riferisce in particolare?    

Vediamo cosa è successo, ad esempio, in un Paese notoriamente di sinistra come il Venezuela. La mancanza di rapporti coordinati con i sindacati ha portato a una gestione disastrosa dell’economia. Ricordiamo che a suo tempo il Presidente Chávez aveva praticamente azzerato il ruolo dei sindacati. Addirittura, quelli promossi indirettamente dallo stesso Governo.

Per mantenere i benefici sociali il Paese si è affidato esclusivamente all’estrazione del petrolio con la conseguenza di far collassare l’intera economia, gettando nella miseria la popolazione.

Situazioni più o mano analoghe sono avvenute anche in Argentina, Cile e Colombia, ecc. In Argentina, ad esempio, oggi quasi la metà della popolazione vive al di sotto  della soglia di povertà e l’inflazione cresce a un ritmo dell’8% al mese. Milioni di persone riescono a sopravvivere solo grazie ai buoni spesa e all’elemosina. Inoltre, il Paese deve restituire ben 44,5 miliardi al Fondo Monetario Internazionale per un prestito concesso nel 2018.

Nel 2019 è stato celebrato il Centenario dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Quali riflessi questa celebrazione ha avuto sulle piattaforme programmatiche dei sindacati latinoamericani?      

Certo, parlare in generale è sempre abbastanza complicato. Ogni Paese ha la sua storia sindacale. Comunque, ritengo che complessivamente in America Latina non solo i sindacati ma l’intero tessuto sociale sta cercando non solo di tutelare i diritti dei lavorati ma di contribuire concretamente, ad esempio, alla crescita e al rafforzamento della classe media. Insieme al mantenimento del potere d’acquisto, sempre di più i sindacati si stanno interessando anche di altri obiettivi, come l’erogazione dei servizi sociali, l’elevazione culturale della popolazione, la tutela dell’ambiente, la sicurezza personale, l’innovazione tecnologia, ecc.

Cosa ci può dire, invece, per quanto riguarda i rapporti con i sindacati europei?

Credo che gradualmente la situazione si stia completamente capovolgendo. Per molti anni i sindacati latinoamericani hanno guardato al modello nordamericano ed europeo. Forse è arrivato il momento per noi europei di cominciare a guardare, possibilmente  senza alcuna sufficienza, a quello che sta avvenendo dall’altra parte dell’Oceano. Del resto, è inutile nasconderci: mentre in America Latina il ruolo dei sindacati sta crescendo in molti Paesi, da noi i sindacati registrano una continua perdita di consensi, di iscrizioni e forse, mi duole dirlo, anche di prestigio. Come ribaltare questa situazione? Ad esempio, promuovendo dei gemellaggi di categoria con i sindacati latino americani. Un confronto di idee ed esperienze può solo essere interessante, utile e stimolante per tutti.

E lei sul piano personale cosa pensa di fare?       

Considerata la mia età, posso solo dire che quello che ho potuto fare ho fatto. Se bene o male lo lascio giudicare agli altri. Ora la palla passa ai giovani. Quello che in ogni caso continuerò a realizzare è osservare e studiare quello che avviene sul piano internazionale. Dopodiché cercherò di trasmettere queste informazioni ed esperienze ai nuovi sindacalisti. Saranno loro che dovranno decidere quale strada intraprendere. In questo quadro, a mio avviso la ricerca di contatti e collaborazioni con il mondo sindacale latino-americano rappresenterebbe decisamente una scelta opportuna.

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Videoclip del ‘Movimento Tutela Sociale’ vincitore del Premio ‘Musica per il sociale’ promosso dalle Radio e Televisioni della REA (con sottotitolazione in spagnolo)