(Foto: sullo sfondo di Bogotà, Ernesto Samper e il Presidente della Colombia Gustavo Petro).

Nato in una famiglia di giornalisti, scrittori e politici, Ernesto Samper ha raggiunto le massime cariche pubbliche: Ministro per lo Sviluppo Economico della Colombia, Ambasciatore in Spagna, Segretario del Movimento dei Paesi non allineati, Presidente della Colombia dal 1984 al 1989, Segretario Generale dal 2014 al 2017 dell’UNASUR, l’Unione delle Nazioni SudAmericane. Discendente lontanissimo da uno degli eroi dell’indipendenza della Colombia, Crisanto Valenzuola Conde, Samper è laureato in Economia e giurisprudenza, formandosi alla Pontificia Universidad Javeriana di Bogotá e alla Columbia University di New York.

Nel 1989 Samper è stato ferito da 11 proiettili durante l’assassinio del leader dell’Unione Patriottica José Antequera. Sposato con tre figli, classe 1950, Samper è membro del Partito Liberale che dal 7 agosto 2022 appoggia, insieme a Verdi e Pacto Historico (un raggruppamento di sinistra) il Governo di Gustavo Petro (che in giovane età è stato anche un guerrigliero). Oltre a parlare della situazione colombiana, con Samper cercheremo di esaminare anche il processo di integrazione tra i vari Paesi latinoamericani.

Nota della redazione –  Punto Continenti, in collaborazione con la sede romana di UNIPACE e la REARadiotelevisioni Europee Associate, sta eseguendo una serie di indagini e interviste sul ruolo dell’America Latina nella nuova geopolitica mondiale. Per la realizzazione e diffusione di questa indagine Punto Continente s’avvale della collaborazione di esperti di organizzazioni come lIILA (l’Organizzazione Internazionale Italo Latino-americana); Mediatrends America Europa (gestito dal giornalista Roberto Montoya che organizza incontri internazionali di altolivello); il Movimento Tutela Sociale (un Movimento d’opinione internazionale – vedere la pagina Facebook:  https://www.facebook.com/groups/508452549970758/); nonché di programmi giornalistici, radiofonici e televisivi come Sentir Latino, diretto dal giornalista boliviano Luis Flores, che va in onda in Italia (su Radio Mambo e presto su One Tv a Milano) e in America Latina. Presidente, ci aiuti a conoscere meglio la nuova realtà politica Colombiana. Cominciamo dal nuovo Presidente Gustavo Petro, ex guerrigliero ed ex sindaco di Bogotá. Sul piano strettamente personale come lo descriverebbe dal punto di vista temperamentale, caratteriale e culturale? Il Presidente Petro è un leader sui generis non solo per i suoi aspetti personali, per la sua preparazione accademica, ma per le circostanze in cui ha svolto la sua attività politica. In pratica viene dalle montagne, dalla giungla, dalla lotta armata al centro delle istituzioni, che è il Palacio de Nariño (Residenza ufficiale del Presidente della Repubblica) e che imprime un carattere e conferisce a lui una serie di caratteristiche che lo distinguono come il primo Presidente di sinistra della Colombia. E dal punto di vista politico, quali sono gli obiettivi principali che il Presidente Petro si propone di raggiungere?          Il Presidente ha affermato chiaramente che la sua agenda è un’agenda attuale,  in sintonia con le grandi esigenze e circostanze latinoamericane. In primo luogo, la difesa della vita, che è difesa dell’ambiente e sostegno alla lotta al riscaldamento globale, che sta colpendo in modo particolare la regione latinoamericana. In secondo luogo, la questione della droga, che oggi è una delle maggiori patologie della Regione.  Il Presidente propone un cambiamento della politica proibizionista verso una politica più tollerante, soprattutto nei confronti dei suoi anelli più deboli. Terzo, e questa è una questione fondamentale in Colombia, occorre consolidare la ricerca della pace attraverso la firma di accordi di pacificazione con altri attori armati che si trovano sul territorio colombian0. Nel luglio del 2022 la Commissione per la verità guidata dal sacerdote Francisco de Roux ha presentato il rapporto finale sulla guerra civile colombiana che ha insanguinato per sessant’anni la vita del Paese. In estrema sintesi cosa è emerso da questo rapporto? I due temi che hanno caratterizzato gli accordi di pace dell’Avana sono stati: primo, il riconoscimento delle vittime. La violenza armata in Colombia ha provocato circa 10 milioni di vittime: questo spiega  il significato e la forza etica agli accordi dell’Avana. Questi accordi riguardano  i destinatari finali che sono le vittime e che hanno diritto a riparazioni finanziarie e morali. Ma quello che soprattutto occorre individuare è la verità: la verità su ciò che è successo a loro e ai loro parenti. Solo scoprendo la verità essi potranno elaborare il loro lutto, e solo elaborando il lutto la società colombiana potrà riconciliarsi e percorrere il difficile cammino postbellico. L’obiettivo principale  della Commissione è offrire una narrazione veritiera, non tanto sul ruolo e sulle  responsabilità degli attori armati, ma piuttosto sull’impegno di questi  attori armati a raccontare alle vittime le circostanze in cui i loro parenti o essi stessi furono vittime del conflitto. L’importanza della Commissione per la verità sta proprio qui: nel descrivere non tanto ciò che è accaduto ma, soprattutto, ciò che dovrebbe accadere dopo aver appreso la verità. Possiamo dire che con l’elezione di un ex guerrigliero la fase della guerra civile e della lotta armata in Colombia sia definitivamente conclusa? Non necessariamente a causa dell’arrivo di un ex guerrigliero alla presidenza ma a seguito di un processo che ha posto fine al clima di scontri e violenze che esisteva prima, determinate  da diverse forme di lotta armata, di lotte elettorali, di lotte politiche e di lotte sociale. Ci auguriamo d’ora in poi la democrazia si rafforzi e che quello che i guerriglieri ottenevano con le armi ora lo facciano attraverso le urne, cioè attraverso la democrazia. Questo è un salto di qualità politica che non vedevamo dai tempi dell’indipendenza di 200 anni fa. Lei è stato il Presidente della Colombia dal 1994 al 1998. Quali sono stati gli obiettivi più importanti che ritiene di aver raggiunto? Penso di aver dato al Paese ad un governo sociale. Il mio scopo, molto ben sintetizzato durante  la campagna elettorale, era quello di governare per la gente, di creare nel corso dei quattro anni di governo, le condizioni per ridurre le disuguaglianze e per incrementare la qualità della vita dei colombiani.  Ciò è stato ottenuto attraverso un cambiamento radicale del sistema sanitario, attraverso sussidi a beneficio delle classi meno favorite, a un deciso sostegno alla classe media per migliorare le condizioni salariali e occupazionali, e quindi la stabilità. Durante il mio governo, gli investimenti sociali sono passati dal 7,5% del Prodotto Interno Lordo al 15%: questo grande salto è uno dei risultati che hanno lasciato un segno indelebile del mio governo. Lei è stato anche Segretario Generale dell’UNASUR. Come ricorda questa esperienza? È stata un’esperienza davvero meravigliosa durante la quale ho avuto l’opportunità di guidare un’organizzazione che ha avviato il processo d’integrazione più avanzato dell’America Latina. Abbiamo cercato di amalgamare lo scenario politico puntando sulla pace, sulla democrazia e sui diritti umani. Ma anche su agende settoriali legate a questioni economiche, sociali, educative, sanitarie e culturali. In qualche modo, bisogna dirlo, abbiamo cercato di emulare l’organizzazione dell’Unione Europea. Sono stati, in ogni caso, anni meravigliosi per il progresso e per l’integrazione e che dovranno ripetersi ora che l’America Latina è impegnata ad avviare un nuovo processo d’integrazione. Perché molti Paesi del Sud America hanno deciso di auto sospendersi decretando praticamente la morte dell’UNASUR? Perché l’ideologia delle relazioni internazionali che i governi di destra hanno avviato a partire dal 2016 ha reso praticamente impossibile basarsi sul criterio del consenso, che è sempre stato il criterio base  delle decisioni prese in sede UNASUR. L’UNASUR aveva già avuto esperienze di consensi ottenuti tra governi di diversi orientamenti ideologici. Purtroppo, a un certo momento è diventato difficile preservare l’indipendenza dell’organizzazione.  L’UNASUR non è stata sciolta, è stata disattivata. Ho, comunque, una buona notizia: 7 dei 12 paesi che erano integrati sono intenzionati di rilanciare questa esperienza per costruire un nuovo spazio d’integrazione. Nel corso degli anni in America Latina sono nate tantissime organizzazioni sovranazionali. Forse troppe. Non ritiene che questo sia una grande debolezza del Contenente, incapace di darsi un’unità stabile, indipendentemente dagli orientamenti politici dei singoli Paesi? Questa domanda ha due risposte. Innanzitutto, stiamo lavorando all’interno di un gruppo creato dal Presidente Alberto Fernández dell’Argentina finalizzato a creare un processo di convergenza tra i diversi meccanismi di integrazione sub regionale. Come, ad esempio,  la Comunità Andina, il MERCOSUR, l’Alleanza del Pacifico, l’ALBA, il Patto amazzonico, le esperienze di Integrazione caraibica, centroamericana ecc. Tutto questo dovrebbe, ovviamente,  convergere verso il CELAC, la Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi, che è l’organismo che in qualche modo funge da ombrello a tutti questi processi sub regionali. Nella sostanza,  approfitteremo di questa diversità per raggiungere un meccanismo di integrazione molto più forte, ampio e legittimo. La seconda risposta ha a che fare con i diversi orientamenti politici dei singoli paesi e con le scommesse ideologiche dei governi che non debbono ostacolare le organizzazioni preposte a favorire il processo d’integrazione: gli obiettivi specifici non debbono essere usati come un’arma per ignorare  la necessità dell’integrazione. Una cosa è ideologizzare le relazioni internazionali, cosa sbagliata, un’altra ben diversa è argomentare politicamente su come creare uno scenario in grado di risolvere problemi politici legati all’integrazione. Uno scenario, appunto, come l’UNASUR. A seguito della guerra russo-ucraina si parla molto in Europa della nascita di una nuova geopolitica nella quale Paesi come la Cina e l’India eserciteranno un ruolo fondamentale. In questo nuovo quadro come vede il futuro della Colombia e dell’America Latina? Penso che quanto stia avvenendo nel mondo e in America Latina rientri nel fenomeno della deglobalizzazione. È una reazione alla guerra in Ucraina, alle sanzioni imposte alla Russia, al modo invasivo con cui la Russia si sta imponendo e alle risposte dell’Occidente attuate attraverso il sostegno militare. Anche all’incapacità delle Nazioni Unite di trovare una soluzione politica, all’aumento del prezzo del petrolio dovuto a questa stessa crisi. Lo stesso vale per l’aumento dei fertilizzanti e della produzione alimentare. È  tutta una sfortunata catena di eventi che fanno parte dello scenario della deglobalizzazione, con la quale dobbiamo fare i conti e che richiedono una nuova politica, un nuovo multilateralismo che prevede la partecipazione per blocchi senza pensare che ci siano solo due o tre potenze egemoniche nel mondo in grado in qualche modo di gestire le relazioni internazionali. Credo che siamo maturi per un multilateralismo regionale a cui partecipino i Paesi raggruppati per Regioni, come blocchi regionali, con l’intento rendere più spedita e legittima l’azione di un’organizzazione che assicuri la convivenza planetaria. Secondo Lei cosa bisogna fare per rafforzare, in particolare, i rapporti tra la Colombia e l’Italia, e sul piano generale tra l’America Latina e l’Unione Europea? Occorre costruire una nuova agenda per le relazioni tra l’Europa e l’America Latina con la quale privilegiare alcuni argomenti che non ci sono nemmeno menzionate nell’agenda che l’America Latina ha con gli Stati Uniti L’agenda dell’Europa e dell’America Latina deve contenere temi quali: la salvaguardia dei diritti umani; la questione delle migrazioni; la promozione della piccola e media industria, come base di un’economia informale; la transizione ecologica ugualmente necessaria sia in America Latina come in Europa; la costruzione di modelli di valore che consentano di uscire da una visione estrattivista e puntino sul rafforzamento del concetto di cittadinanza. Serve una nuova agenda che non solo identifichi le priorità dell’Europa e si concentri sulle esigenze del commercio e degli investimenti, ma raggiunga anche altri obiettivi come lo scambio dei fattori produttivi, della conoscenza, del rispetto della natura: tutti valori che cominciano  ad animare le agende dei nuovi governi che stanno arrivando al potere.

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Videoclip del ‘Movimento Tutela Sociale’ vincitore del Premio ‘Musica per il sociale’ promosso dalle Radio e Televisioni della REA (con sottotitolazione in spagnolo)