(Foto: nel riquadro Riccardo Cappello)

L’avvocato Riccardo Cappello quando si mette a scrivere ci va giù pesante. Così è stato, ad esempio, nel suo libro ‘Il Cappio’, edito da Rubbettino, quando ha messo sotto accusa e senza sconti gli ordini professionali che, secondo l’autore, sono una delle tante caste che convivono in Italia strozzando l’economia, ostacolando la nascita di un vero mercato, obbedendo alla logica dell’autoconservazione”. Del clima malsano e corrotto dell’economia italiana si è occupato invece nel libro ‘Una democrazia mafiosa’ (edito da Impressionigrafiche).

Ora è la volta della ex Alitalia. In questo caso il libro ‘Aeroflop Italia senza Ali’, potrebbe sembrare di voler sparare sulla croce rossa: sono moltissimi anni, infatti, che tutti gli esperti si lamentano dello sperpero e della gestione clientelistica che ha caratterizzato la vita della nostra compagnia di bandiera. Ma nessuno fino ad oggi è entrato così in profondità come Cappello in una delle più sanguinose piaghe dell’economia italiana. E lo ha fatto coraggiosamente con un lungo e dettagliato elenco di nomi, fatti  e responsabili del mondo della politica, dell’economia e del sindacalismo. Ma sentiamo cosa ci ha detto in proposito.

Avvocato, in estrema sintesi, in cosa consiste il caso Alitalia?

La storia di Alitalia è quella di un Paese povero di cultura del mercato e molto lontano dall’Europa, in cui lo sviluppo della corruzione è direttamente proporzionale all’assenza di competitività. Dall’Aeroporto di Fiumicino costruito su un terreno pagato 734.000 mila lire all’ettaro, mentre i terreni attigui erano stati pagati 60.000, al costo preventivato di 15 miliardi di lire ma che a fine lavori ha superato gli 80. Infine, tutto doveva essere ultimato per il giubileo del 1950, ma è stato invece inaugurato con 15 anni di ritardo e con la pista principale che è sprofondata al primo atterraggio. 

E nessuno ha detto niente?

La commissione d’inchiesta ha minimizzato, la Procura ha archiviato e tutto è finito a tarallucci e vino.  Cosi Alitalia va a gonfie vele fin quando lo Stato distribuisce montagne di denaro senza controllo, poiché  i bilanci non li legge nessuno e la compagnia opera in regime di monopolio. La pacchia finisce con la liberalizzazione del trasporto aereo negli anni ‘70 e con l’arrivo delle low cost.  Da allora la Compagnia ha bruciato decine di miliardi di soldi pubblici, attraversando, tre nazionalizzazioni, quotazioni in Borsa, mancate fusioni, fallimenti e capitani che trovavano il coraggio solo davanti alla prospettiva di accaparrarsi soldi pubblici. È passata attraverso grandi scandali e piccole ruberie, tutti uguali nella progettazione, nello sviluppo e nella costante impunità di quelli che avevano concorso a realizzarli.  

Con quali conseguenze?

Sulla Compagnia si sono arricchiti, burocrati corrotti, militari infedeli, imprenditori senza capacità imprenditoriali, faccendieri senza scrupoli, politici voraci, sindacati irresponsabili ed eserciti di consiglieri e consulenti.  Nella storia della Compagnia non poteva mancare l’istituzione di una rotta ad personam, l’acquisto di un aereo presidenziale, un suicidio ed un incidente stradale, troppo tempestivo per non destare sospetti. E c’è un’Italia stracciona che corre a mungere la mucca: piloti ed assistenti di volo strapagati, conferimenti sopravalutati, vertici che cercano di arricchirsi e di aiutare famiglia e famigli. Il tutto condito da una montagna di conflitti d’interesse.

Comunque, chi sono i maggiori responsabili?

Alla radice del disastro si trova certamente la politica che ha gestito la Compagnia con la bussola elettorale per farvi convergere assunzioni e nomine, subordinando i piani industriali alle necessità clientelari del politico di turno. Quando tutti i tentativi sono falliti, il governo, pur di non portare i libri in tribunale, ha fatto ricorso ad un vecchio stratagemma: ha costituito una bad company in cui ha fatto convergere le passività, ed una mini compagnia, interamente pubblica, di dimensioni troppo ridotte per stare da sola sul mercato nella speranza di poterla rifilare a Lufthansa, con la quale è stato raggiunto un accordo.

Nel frattempo come si è comportato l’Unione Europea?

Per dare il consenso alla fusione la UE aveva chiesto la discontinuità tra la vecchia e la nuova compagnia ma il tribunale civile di Roma, disponendo la riassunzione in ITA di alcuni dipendenti della vecchia Alitalia, ha sancito la continuità tra i due vettori. La trattativa, quindi, è tornata in alto mare anche per il sopraggiungere delle elezioni che potrebbero cambiare gli indirizzi della politica europea. Facile pronosticare che la compagnia tedesca, di fronte alla richiesta della UE di tagliare alcune molto redditizie rotte transoceaniche, possa rinunciare all’acquisizione. Il film da incubo non finisce e la giostra ricomincia. 

AeroFlop: Italia senza ali

di Riccardo Cappello | 28 nov. 2023

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