L’avvocatessa Teresa Santulli s’interessa praticamente da sempre di problemi sociali. Non a caso oltre che in legge si è laureata anche in sociologia, con una tesi di legislazione sociale. Accreditata presso la Camera del Lavoro CGIL – Roma Zona Sud Ovest e Litorianea e presso l’INCA CGIL Zona Est, dal dicembre del 1996 collabora con la Cattedra di Diritto del Lavoro (già “Legislazione Sociale”) del Prof. Amos Andreoni presso la facoltà di Sociologia. Dal 1998 al 2003 ha  collaborato con la Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale, Edizioni EDIESSE, con pubblicazione di note a sentenza.

 

Nel 2012  ho scritto un capitolo del testo ‘La Riforma del Mercato del Lavoro’ della Jovene Editore. Dal 2013 collabora con il portale ‘Diritto24’ del Sole 24 ore. Attualmente esercita attività professionale presso il proprio studio in Roma in viale Angelico n. 54. Dal 2008, infine, è referente su Roma dello Sportello ‘Avvocato di Strada’ che offre assistenza legale gratuita ai senza fissa dimora. Ed è proprio in quest’ultima veste che l’abbiamo intervista.

 

Com’è nata l’associazione Avvocato di strada?

 

E’ nata a Bologna nel 2001 con l’obiettivo fondamentale di tutelare i diritti fondamentali delle persone senza dimora e favorirne il ritorno ad una vita comune. Chi vive in strada in breve tempo può accumulare varie problematiche legali che possono rappresentare un ostacolo insormontabile per chi è privo di risorse economiche e non può pagare un avvocato. Nonostante non possiedano nulla, poiché privi di residenza anagrafica e della documentazione delle proprie storie legali i senzatetto nella maggior parte dei casi non hanno diritto neanche al gratuito patrocinio, l’istituto previsto dallo stato italiano per garantire il diritto alla difesa ai non abbienti. L’associazione nasce quindi per colmare questa lacuna e garantire a chiunque la possibilità di far valere i propri diritti.

 

Chi ha diritto alla vostra assistenza?

 

L’Associazione è presente in 37 città italiane, dislocate sull’intero territorio nazionale. Hanno diritto alla nostra assistenza tutte le persone che vivono in strada in queste città. Per noi non fa differenza se i nostri assistiti sono giovani o anziani, italiani o stranieri, laureati o analfabeti, se hanno un documento di identità o meno: se vivono in strada o in dormitorio possono hanno diritto alla nostra assistenza gratuita.

 

Che tipo di assistenza viene fornita?

 

Presso le nostre sedi le persone senza dimora vengono seguite in tutte le loro problematiche legali, sia da un punto di vista giudiziale e stragiudiziale. Molto spesso i senza tetto sono vittime di soprusi che si possono risolvere facilmente con una telefonata o con una lettera di un avvocato. Se la telefonata o la lettera invece non sono sufficienti procediamo ugualmente con ricorsi o cause.

 

Come è possibile, ad esempio, che  l’elementare e Costituzionale diritto alla Residenza venga ostacolato dalla maggioranza dei Comuni italiani?

 

Purtroppo in Italia viviamo un paradosso. La residenza anagrafica è fondamentale perché se non si possiede questo requisito si perdono una serie di diritti civili. Non ci si può curare, non si può votare, non si ha diritto all’assistenza del servizio sociale, non si può fare domanda per una casa popolare. La residenza è talmente importante che la legge stabilisce che ogni comune è obbligato a dare la residenza a chiunque viva nel proprio territorio.

 

Spesso, però, i comuni fanno orecchie da mercante, preferiscono non dare la residenza ai senza tetto perché temono di doversi accollare la responsabilità di nuove persone in difficoltà e pongono ostacoli insormontabili. In questo caso interveniamo noi e se la situazione non si sblocca dopo una prima richiesta intentiamo una causa al comune, che non può che concludersi che con una nostra vittoria. Quello che gli amministratori dovrebbero capire è che concedere la residenza, oltre ad essere un obbligo di legge, serve a fare in modo che le persone possano uscire dalla propria condizione di difficoltà. Se una persona è senza residenza è condannata a restare a vita nel circuito dell’assistenzialismo, mentre con la residenza le persone possono trovare un lavoro, curarsi e riprendere in mano la propria vita.

 

Quali sono le prime iniziative che un ipotetico nuovo Stato sociale dovrebbe intraprendere per aiutare la parte più debole della popolazione?

 

Le cifre fornite dalle ricerche di settore dicono che chi vive in strada difficilmente ne esce. Questo significa che lo stato sociale che si occupa di grave marginalità non funziona e che andrebbe ripensato. In Italia si spendono fondi per i dormitori, per i servizi sociali, per piccoli sussidi. Forse sarebbe meglio cambiare strategia e prendere spunto dal welfare dei paesi del nord Europa, dove esiste il reddito di disoccupazione e dove a chi vive in strada vengono subito offerte una casa e reali possibilità di formazione e di reinserimento.