Sull’affascinante e tormentata vita di Giuseppe Di Stefano, uno dei più grandi tenori della storia della lirica mondiale, è stato detto e scritto moltissimo. Riassumendola velocemente possiamo che ‘Pippo’, com’era chiamato dagli amici, è nato nel 1921 a Motta di Sant’Anastasia in provincia di Catania. Durante la prima infanzia si è trasferito a Milano con i suoi genitori iniziando a cantare in un coro di Gesuiti. Durante la guerra è riuscito miracolosamente a evitare di andare sul fronte russo. In seguito, grazie al baritono Luigi Montesanto (che prima gli ha dato lezioni di canto e poi gli ha fatto da manager) è arrivato prestissimo alla scala di Milano. La sua sarà una carriera fulminante, che a partire dal 1946 illuminerà i teatri più importanti del mondo.

 

 

Sull’affascinante e tormentata vita di Giuseppe Di Stefano, uno dei più grandi tenori della storia della lirica mondiale, è stato detto e scritto moltissimo. Riassumendola velocemente possiamo dire che ‘Pippo’, così veniva chiamato dagli amici, è nato nel 1921 a Motta di Sant’Anastasia in provincia di Catania. Durante la prima infanzia si è trasferito a Milano con i suoi genitori iniziando a cantare in un coro di Gesuiti. Durante la guerra è riuscito miracolosamente a evitare di andare sul fronte russo. In seguito, grazie al baritono Luigi Montesanto (che prima gli ha dato lezioni di canto e poi gli ha fatto da manager) è arrivato prestissimo alla scala di Milano. La sua sarà una carriera fulminante, che a partire dal 1946 illuminerà i teatri più importanti del mondo.

Nel 1948 Di Stefano sposerà la bella studentessa di musica Maria Girolami, scomparsa recentemente, dalla quale avrà tre figli: Giuseppe, Luisa e Floria. Purtroppo, nel ’75 morirà in giovanissima età Luisa a causa di una gravissima leucemia. Il dolore per questa tragedia contribuirà alla separazione dei coniugi Di Stefano avvenuta solo un anno dopo. Alcuni anni prima era, comunque, entrata in scena anche la grande Maria Callas con la quale Di Stefano ha avuto per diversi anni un forte legame professionale e sentimentale. Insieme hanno cantato in tutto il mondo con i più grandi direttori d’orchestra.

Di Stefano si risposerà nel 1993 con la cantante lirica tedesca Monika Curth che aveva conosciuto molti anni prima. In tarda età le loro vite si divideranno tra la casa di Santa Maria Hoè, in provincia di Lecco, e quella di Diani Beach, in Kenya. Purtroppo, proprio nella casa africana il 3 dicembre del 2004 Di Stefano subì una violenta aggressione da parte di un gruppo di banditi dalla quale non si è mai più ripreso del tutto.  Morirà, accudito fino all’ultimo giorno dalla moglie, il 3 marzo del 2008, all’età di 87 anni a Santa Maria Hoè.

Ebbene, come abbiamo detto all’inizio, su Di Stefano sono state riempite pagine e pagine di giornali e rotocalchi e non solo per descrivere le sue ineguagliabili doti vocali. Eppure, in tutti questi anni praticamente non si è saputo più nulla dei suoi figli, che praticamente si sono rinchiusi in un riserbo assoluto. E’ per questo che ringraziamo sinceramente Floria Di Stefano che ha consentito di colmare finalmente una lacuna e, quindi, d’integrare con la sua testimonianza la biografia di uno dei più grandi artisti italiani di tutti i tempi.

Per cominciare ci racconti un po’ di lei e di suo fratello Giuseppe. Dove avete vissuto in tutti questi anni, di cosa vi occupate, siete sposati, avete figli, vi sentite spesso?

Mio fratello si è trasferito a Sanremo dopo laureato. Ha aperto un’attività commerciale seguita da altre e ha moglie e tre figli, tra i quali un ragazzo di 27 anni, Francesco, che presa la laurea si dedica ora al teatro e alla televisione come attore. ‘La vena artistica della famiglia’.

Io dopo il diploma in lingue ho lavorato per 16 anni nel settore alberghiero fino a diventare consulente commerciale per la Villa D’Este a Cernobbio, dal 90′ al 93′.

Nel 93′ ho fatto fagotto e, abbandonando la carriera, mi sono trasferita nei Caraibi nell’isola di Santa Lucia, dove ho vissuto per 17 anni delle mie due imprese commerciali, un maneggio per escursioni a cavallo guidate e 2 fast food. Ho avuto un figlio, Leonardo che ha 17 anni.

Per via dei suoi studi e per essere vicini alla mia mamma che nel frattempo si era trasferita a Sanremo presso la famiglia di mio fratello, nel 2010 siamo rientrati anche noi, e tuttora risiediamo qui, Perlomeno fintanto che mio figlio non finisca i suoi studi.

Come mai nessuno dei due ha intrapreso una carriera artistica. Non eravate portati o temevate un continuo confronto con vostro padre?

Nessuno di noi 3 figli ha mai riscontrato di avere un talento artistico in nessun genere musicale o teatrale e quindi ci siamo indirizzati verso altre cose.

Che cosa significa essere figlia di un mito, nel bene e nel male?

Essere figli di un mito che, però, era estremamente alla mano come mio padre, vuol dire crescere con gente normale, magari un tantino originale, essere trattato come gli altri, l’orgoglio di ottenere successi personali al di fuori del nome che si porta. Vuol dire anche vedere i genitori a periodi, visto che mia madre era anche la sua assistente personale e si muoveva quasi sempre con lui. Quando la scuola ce lo permetteva, li raggiungevamo, per esempio, a Natale. E allora era una festa, papà si faceva in quattro tra i teatri e il passare del tempo con noi. Ho dei ricordi meravigliosi. Il lato negativo è che i miti hanno sempre una corte al seguito, hanno gente che vuole conoscerli, autografi da firmare, è difficile ritagliare del tempo per la famiglia senza la presenza di estranei.

Come avete vissuto in famiglia la folgorante carriera di vostro padre? Lui parlava del suo lavoro? Vi portava in teatro? Vi faceva conoscere altri cantanti?

Noi figli siamo nati quando papà era all’apice della sua carriera, ‘52, ‘55, ’57, e io che sono l’ultima mi ricordo il velluto rosso del palco, le quinte del teatro, il nervosismo del prima e il tripudio del dopo. Mi ricordo una Tosca dove lui veniva regolarmente fucilato e io scoppiai a piangere disperata, avevano sparato al mio papà!!! Anche più tardi, ormai anziano ma sempre bello e charmant, non importa la piazza, il teatro di provincia o la trasmissione televisiva, lui era sempre adorato, vezzeggiato, corteggiato, premiato. E lui concedeva qualche bella romanza di Tosti o qualche canzone napoletana a questo pubblico in visibilio. Chi non l’ha conosciuto di persona non sa il magnetismo che emanava papà, e la simpatia, l’umanità.

Altri cantanti anche di generi musicali diversi, ne abbiamo conosciuti molti. Menziono José Carreras perché me lo ricordo giovane e aitante e papà era quasi eccitato nel presentarcelo. Era il suo pupillo, l’unico che gli piaceva veramente e gli ricordava se stesso da giovane. Furono sempre amici e mi commuovo a pensare che José e sua moglie presenziarono al funerale di papà che le televisioni ufficiali avevano snobbato, perdendo lo scoop.

E’ vero che la prematura morte di sua sorella Luisa per leucemia a vent’anni ha cambiato completamente il temperamento di suo padre, anche nei rapporti con gli amici e i familiari?

La morte, ma soprattutto la lunga malattia di mia sorella, ha purtroppo minato la felicità di tutti noi, sia individualmente sia come famiglia. Posso solo immaginare cosa potesse provare papà sul palco, col cuore pieno di dolore. Luisa era anche la più possessiva con papà, lo voleva tutto per sé. Seguiva tutto quello che si scriveva di lui, cercava di passare con lui più tempo possibile. Probabilmente sapeva di non averne troppo visto che studiava medicina. Era malata di Morbo di Hodgkin.

Che donna era sua madre?

Mia madre era una donna americana con origini italiane. Educata con i nostri principi tradizionali, era una donna molto pratica e quindi svolgeva tutte quelle attività che semplificano la vita di un artista. Compagna innamoratissima e fedele, si dedicava totalmente alla famiglia, sopportando tenacemente le intrusioni di altre donne che vagavano nell’entourage di mio padre. La morte di sua figlia fu un dolore costante che la accompagnò fintanto che la sua memoria non svanì e acquistò una meritata serenità.

Una delle cause della rottura tra vostro padre e vostra madre è stata relazione prima professionale e poi sentimentale con Maria Callas. Sua madre, insieme alla giornalista Francamaria Trapani, ha scritto nel 1992 addirittura un libro sull’argomento: ‘Callas nemica mia’. In che modo vostro padre ha affrontato con voi questa separazione?

La Callas non fu la causa della rottura tra i miei genitori, ma la relazione che ebbe con la sua futura seconda moglie, Monika, della quale mio padre s’innamorò in seguito. Mia madre ci annunciò che se ne sarebbe andata a vivere per conto suo per trovare un po’ di pace emotiva e mio padre ci disse che voleva cominciare una vita nuova con la sua nuova compagna.

Lei ha mai conosciuto di persona la Callas? Che idea si è fatta di lei come donna?

Per parlare di Callas non bastano 10 righe. Maria era una donna viziata ed esigente, abituata ad avere una corte che la adorava. Io a 18 anni non subivo questo fascino, il successo e la gloria li respiravo già in casa mia fin dalla nascita. Nel tempo libero dovevamo giocare a carte con lei ed io trovavo sempre il modo di svicolare e raggiungere i miei amici. Una volta mi disse che mi stimava per la mia indipendenza e temerarietà.

E’ vero che per solidarietà con vostra madre vi siete abbastanza staccati da vostro padre?

Diciamo che dopo la separazione dei miei, mio padre si trasferì fuori Milano e continuammo a frequentarlo nella sua nuova residenza. Fintanto che vivevo in Italia, non ho mai perso un suo concerto o una qualsiasi apparizione pubblica. Durante i 17 anni che ho vissuto all’estero, non ho mai mancato una sua festa di compleanno, rientrando in Italia per stare un po’ con lui, per vedere mia madre e mio fratello e famiglia.

Nel 1995 la cantante inglese Nicola Kirsh ha dichiarato al tabloid Sunday Express di essere stata per 18 anni l’amore segreto di suo padre e che la Callas avrebbe offerto un milione di dollari affinché lui tornasse da lei. Che lei sappia c’è qualcosa di vero in questa storia?

Nicola Kirsh è una pazza scatenata, una stalker. Si piazzava fuori dalla villa di papà per delle giornate intere aspettando che uscisse per buttarsi sul cofano della sua auto. Qualche volta si faceva accompagnare da paparazzi. I carabinieri avevano le mani legate. La storia della Callas è una delle sue panzane.

Vostro padre è stato uno dei tenori più pagati della storia. Ciò gli ha consentito di accumulare un ingente patrimonio che però si è completamente dissolto negli anni. E’ vero che ha perso una fortuna nelle case da gioco?

L’affermazione che papà fosse uno dei tenori più pagati della storia è inesatta. I cachet degli artisti prima del boom mediatico erano relativi al ricavato della vendita di biglietti di teatro, e punto. Nel caso di papà, i teatri erano sempre pieni quando cantava lui. I cachet miliardari sono subentrati quando le televisioni hanno cominciato a pagare i diritti, diciamo da Pavarotti in poi. Anche Maria Callas dice la stessa cosa in un’intervista. Che poi papà giocasse e spendesse a piacere, è sulla bocca di tutti, la vita se la godeva ma a noi figli non è mai mancato niente.

Com’è stato accolto da voi il suo secondo matrimonio di vostro padre avvenuto con la cantante lirica tedesca Monica Curth? In che rapporti siete con lei?

Monika è stata un’ottima moglie, cordiale con noi, è stata molto vicina a papà fino all’ultimo e di questo gliene siamo infinitamente grati.

Come avete seguito gli ultimi anni di malattia di vostro padre, resi drammatici dalla tragedia avvenuta in Africa che l’ha portato alla morte?

Purtroppo la lontananza non mi ha permesso di stargli molto vicina, mio fratello un po’ di più, lavoro permettendo.

Come spiega il fatto che nonostante lui avesse sempre avuto tanti amici ed estimatori al suo funerale hanno partecipato solo pochi autorevoli rappresentanti del mondo della lirica?

Quando si muore a 86 anni purtroppo tanti amici sono già scomparsi. Il pubblico affezionato e gli amici viventi, anche miei e di mio fratello sono tutti venuti, dei suoi colleghi hanno partecipato Jose’ Carreras, Magda Oliviero e altri. Le grandi assenti sono state la televisione nazionale e Mediaset. Evidentemente la sua dipartita non faceva abbastanza audience.

Qual è il più bel ricordo che ha di suo padre?

Il più bel ricordo: avevo circa 10 anni, tenevo stretta la sua mano guardando un falso babbo natale che attraversando il giardino ci portava i regali in un sacco. Gli dissi: papà sei tu! E lui rise a crepapelle, ‘ma se sono qui e ti tengo per mano!’ Ma a quell’età avevo la convinzione che mio papà facesse miracoli!

C’è stata qualcosa che avrebbe voluto dirgli, ma non l’ha mai detto?

Da ragazzini noi figli preferivamo Mina, Lucio Battisti, i Beatles più dell’opera e lui se ne crucciava. Vorrei che vedesse adesso quanto lo ascolto e quanto lo adoro.

Secondo lei, come viene coltivata in Italia la memoria di suo padre?

In Italia papà è messo nel dimenticatoio. Io speravo che per le celebrazioni dei 150anni dell’Italia, si sarebbe parlato anche di lui, che l’Italia l’ha resa grande e non per la mafia, pizza, spaghetti o Berlusconi. Ho scritto a diversi giornalisti, intrattenitori, a Morandi, visto che lui ha anche cantato al festival di Sanremo. Dite due parole. Niente. Per fortuna il pubblico di amanti dell’opera non l’ha abbandonato mai. Io seguo personalmente 2 siti su fb nei quali ci scambiamo fotografie e registrazioni e mio fratello lavora sul sito ufficiale: www.giuseppedistefano.it

Il fatto che i suoi dischi siano diventati di pubblico dominio e quindi non ci sia più dietro un giro d’affari purtroppo è stato un deterrente. Infatti, insieme con altri artisti viventi o eredi di artisti, stiamo lottando perché l’estensione dei diritti d’autore agli artisti interpreti, da 50 a 70 anni, coinvolga anche i nostri cari. Abbiamo scritto al Presidente Napolitano e al Presidente dl Consiglio Monti, però senza risposta.