Stefano Schembri

Di Stefano Schembri.

Nell’ esaminare la grave crisi che negli ultimi mesi ha investito l’Ucraina occorre necessariamente volgere lo sguardo indietro di almeno quindici anni.Infatti, con l’inizio del III millennio, una serie di rivoluzioni colpì  alcuni Paesi dell’ex Unione Sovietica. Queste rivoluzioni hanno seguito modalità molto simili, portando a esiti altrettanto analoghi. I vari regimi politici di Serbia, Georgia, Ucraina e Kirghizistan, hanno dovuto lasciare il passo a ‘rivolte democratiche’, non violente, nate apparentemente dal basso, per il desiderio di una maggiore libertà e democrazia contro le corruzioni delle dittature-mascherate al potere. Ma uno sguardo globale degli eventi, e un pizzico di teorie cospirative, ha portato alcuni studiosi geopolitici a trarre conclusioni diverse. Si è visto, nella lunga serie di analogie fra le varie rivoluzioni, e nel breve lasso di tempo in cui si sono svolte, una sorta di ‘pianificazione invisibile’, attribuibile a potenze esterne, presumibilmente filo-occidentali ed anti sovietiche.

 

Queste teorie geopolitiche non sono tuttavia nuove, anzi, sono storicamente comprovate da strategie realmente applicate nel passato. Così come nel XIX secolo l’Inghilterra, potenza mondiale dominante, s’impegnava attivamente nel ridurre l’influenza russa nell’Eurasia (specie dopo che le conquiste russe nell’impero ottomano le avevano aperto le porte del Mediterraneo e del mar Nero) costituendo una forte minaccia al power of balance britannico, allo stesso modo nel XX e XXI secolo possiamo vedere che tale compito verrà svolto con ancor maggior vigore dagli Stati Uniti.

 

Nel suo libro Next Decade, il politologo americano George Friedman fa una brillante analisi dei comportamenti che la superpotenza americana deve tenere per conservare il suo status. Per quanto concerne la Russia specifica che il presidente degli Stati Uniti deve adoperarsi in ogni modo affinché si eviti un avvicinamento fra Russia ed Europa, specialmente fra Russia e Germania. Tale ipotesi costituirebbe una minaccia economica, demografica e tecnologica agli USA, che andrebbe scongiurata limitando l’espansione russa attraverso alcuni Stati chiave per la loro posizione geografica in Europa, come la Polonia e l’Ucraina (dando per scontata la forte influenza russa in Bielorussia). Per lo studioso è altrettanto importante tenere un piede anche nel caucaso, in partiolare in Georgia, Armenia e Azerbaijan onde evitare un rischioso avvicinamento fra Russia e Turchia, ora possibile per la dipendenza di quest’ultima dal petrolio russo. Come vedremo, parte dei Paesi citati sono effettivamente finiti nelle strategie americane.

 

Sulla base di queste ed altre considerazioni, taluni studiosi presumono che le cosiddette rivoluzioni colorate siano orchestrate dal mondo occidentale. Gli Stati Uniti avrebbero finanziato e sostenuto le correnti politiche rivoluzionarie facilitandone l’arrivo al potere, mentre allo stesso tempo avrebbero provveduto a creare una serie di associazioni e di ONG (come la USIP, la NED, la USAID ecc.) che presentandosi come garanti della democrazia avrebbero segretamente risposto alle direttive della CIA.

Possiamo quindi guardare alle rivoluzioni colorate con tre diversi livelli di analisi:

  1. livello individuale: vincente connubbio fra personalità autorevoli e intellettuali (Koštunica,  Sakashvili, Juščenko e Bakiyev) e personalità passionali (Yulia Tymoshenko, Maric, Lazendic, e i vari movimenti studenteschi),  uniti contro i freddi autoritarismi privi di concessioni, dei precedenti leader filo-russi (Milošević, Janukovyc, Sevardnadze, ecc.)
  2. livello di Stato e società: Stati revisionisti per anni sotto la dipendenza e forte influenza russa che ora cercano di ottenere maggiore indipendenza e democrazia allineandosi alle potenze occidentali.
  3. livello sistemico: una sorta di continuum della guerra fredda, nella lotta per le sfere d’influenza fra occidente e mondo sovietico.

 

Prima di analizzare singolarmente le rivoluzioni colorate di Serbia, Georgia, Ucraina e Kirghizistan possiamo evidenziare alcune forti similitudini in gran parte valide per tutti i casi.

I movimenti di protesta:

– sono formati prevalentemente da gruppi studenteschi;

– si professano anti sovietici ed in favore delle democrazie;

– si ispirano ai testi dell’intellettuale statunitense Gene Sharp;

– fanno uso di merchandising e di simbologie affini (come i pugni chiusi):

– danno alle rivoluzioni nomi simili di fiori o colori (rivoluzione delle rose, rivoluzione dei tulipani, rivoluzione arancione, ecc);

– usano slogan brevi e concisi come Gotov! (è finito!) in Serbia, Pora! (è l’ora!) in Ucraina, Kmara! (neabbiamo abbastanza! ) in Georgia;

– riscontrano il sostegno e la simpatia dei media internazionali;

– nascono a seguito della denuncia di brogli elettorali;

– proseguono con manifestazioni pacifiche nelle piazze principali.

 

I governi che vengono al potere con le rivoluzioni:

a)portano al congelamento dei rapporti con la Russia e all’avvicinamento a NATO e Stati Uniti;

b)aprono le economie nazionali al mercato estero e alle privatizzazioni;

c) vengono rovesciati pochi anni dopo, con il ritorno di regimi filo russi.

 

Rivoluzione dei Bulldozer, Serbia 2000. La rivoluzione Serba del 2000 prende il nome dai bulldozer che migliaia di minatori hanno usato per assaltare il Parlamento, ancor prima dell’esito delle elezioni che porteranno al governo Vojislav Kostunica, decretando la fine di Slobodan Milošević. Durante il governo Koštunica verranno installate basi militari americane in Kosovo, rendendo questa provincia indipendente dalla Serbia. Il movimento protagonista della rivoluzione era l’Otpor! (resistenza!). Fra i suoi membri vi erano Aleksandar Maric e Tanko Lazendic, due personaggi che pochi anni dopo verranno accusati dai presidenti di Ucraina e Bielorussia (rispettivamente Kouchma e Lukaschenko) di essere “istigatori di un colpo di stato” e dei “pericoli pubblici”.

 

Lazendic ha di recente affermato che, dopo che l’Otpor! ha rovesciato Milosevic, rendendolo celebre nel mondo intero, lo hanno contattato organizzazioni di tutti i paesi dell’Europa dell’est. Maric, ha invece ammesso di avere avuto legami diretti con la Casa Bianca e di ricevere finanziamenti dalla ONG USAID. Qualche anno dopo l’ONG americana Freedom House ha assunto Lazendic e Maric come consiglieri speciali per i movimenti giovanili in Ucraina allo scopo ufficiale dello ‘sviluppo della società civile’. Alle elezioni del 2008 Kostunica non viene rieletto, e lasciò il posto a  Mirko Cvetkovic, al quale nel luglio del 2012 subentrò come primo ministro Ivica Dacic.

 

Recentemente la rottura dell’accordo di coalizioni del del governo ha posto fine al dominio di Dačić. Il 16 marzo 2014 si sono tenute le elezioni parlamentari anticipate. Esse hanno visto la vittoria del SNS (partito Progressista Serbo) e l’elezione del suo leader Aleksander Vucic come nuovo primo ministro.

 

Rivoluzione delle Rose, Georgia 2003. Nel 2003 è la volta della Georgia. Alle accuse di brogli elettorali indirizzate al Presidente Edouard  Sevardnadze (ex ministro degli esteri dell’Unione Sovietica durante l’era di Michail Gorbaciov), si accompagnano rivolte di piazza che portano moltissime persone, guidate dal movimento Kmara, nelle piazze di Tiblisi. Alle dimissioni di  Sevardnadze seguono le elezioni del 4 gennaio 2004 che registrano l’imponente vittoria di Michail Sakashvili, con il 96% dei voti validi! Il governo Sakashvili si mostrerà ancora più filo-americano di quello di Koštunica in Serbia, muovendo richieste di adesione alla NATO e all’UE.

 

L’allontanamento dalla Russia diviene ancor più chiaro quando nel 2008 viene bombardata la regione dell’Ossezia del Sud, dove sono presenti molti russi. La reazione di Putin non si fa attendere, costringendo l’esercito georgiano ad indietreggiare. La vera vittoria per la Russia si avrà recentemente, con l’elezione a Primo Ministro del mecenate filo-russo Bidzina Ivanishvili  che chiude la parentesi filoatlantica di Sakashviliv e della Rivoluzione delle Rose accusata di non aver portato al promesso aumento della democrazia (con la repressione delle manifestazioni di protesta, la chiusura delle tv dell’opposizione, ecc.). Nel 2013 le elezioni presidenziali che hanno visto la vittoria del candidato Giorgi Margvelashvil, mentre primo ministro è diventato Irakli Garibashvili. 

 

Rivoluzione Arancione, Ucraina 2004. Come già detto, anche la grave crisi politica che in questo momento attanaglia l’Ucraina trae origine nelle rivolte colorate. Come in Georgia, infatti, l’elezioni presidenziale del filo-russo Viktor Janukovyc è stata infangata da accuse di brogli elettorali. Quindici giorni di grande partecipazione popolare non-violenta nelle piazze di Kiev, hanno portato  la Corte Suprema Ucraina ad invalidare le elezioni, e ad indirne delle nuove per il 26 dicembre 2004. Da registrare che il movimento di protesta Pora! venne finanziato da George Soros, miliardario di origine ungherese naturalizzato americano. Salutato positivamente dai media internazionali e da organizzazioni come OCSE, NATO, Consiglio d’Europa e Parlamento Europeo, il ritorno alle urne portò alla vittoria dell’occidentale Viktor Juscenko, leader della Rivoluzione Arancione insieme alla sua compagna di partito Julija Tymošenko.

 

Secondo alcuni esperti il governo degli Stati Uniti avrebbe speso 65 milioni di dollari per finanziare la ‘rivoluzione arancione’ e che i risultati di tale ‘investimento’ siano stati la costruzione di una superpipeline che, attraverso l’Ucraina, ha portato sui mercati occidentali il gas e il petrolio del bacino Caspico, bypassando la rete di oleodotti e gasdotti controllati da Mosca. Un’operazione che nulla aveva a che vedere con le promesse di democrazia, libertà e benessere per il popolo ucraino che, anzi, subì un vertiginoso aumento del costo della vita. Nel 2009 il mandato presidenziale di Juščenko non venne rinnovato dai cittadini ucraini che alle elezioni lo bocciarono con un misero 5% di voti, favorendo il ritorno di  Janukovyč. Ancor peggiore è stato l’esito del primo ministro Julija Tymošenko, che, accusata di corruzione, nel 2011 viene arrestata.

Il resto è storia d’oggi. Nel 2012 la Corte Suprema dell’Ucraina ha confermato  la condanna di sette anni per la Tymosenko mentre la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto illegale la sua detenzione. A seguito di forti pressioni popolari nel febbraio del 2014 la Tymosenko è stata scarcerata e il Presidente Janukovyc costretto alle dimissioni. L’attuale Presidente è il ricchissimo imprenditore Petro Poroshenko mentre il primo ministro ad interim è Arsenij Jacenjuk.

 

Rivoluzione dei Tulipani, Kirghizstan 2005. La Rivoluzione dei Tulipani, ricordata anche come Rivoluzione Rosa, portò alle dimissioni del presidente Askar Akayev, a seguito di una fuga nell’ambasciata Kirghiza a Mosca. Diversamente dalle rivoluzioni già citate, il movimento Kelkel dell’opposizione kirghisa, ha incluso nelle proteste alcune derive violente (causando qualche morto). Tuttavia anche nel caso del Kirghizstan, la causa primaria sono le accuse di brogli elettorali riguardanti le elezioni parlamentari del 27 febbraio e del 13 marzo 2005. I brogli  furono confermati dagli osservatori dell’OCSE, e nella ripetizione delle elezioni il protagonista della Rivoluzione dei Tulipani, Kourmanbek Bakiev ha ottenuto una netta vittoria con l’88,9% dei consensi. Durante il suo mandato Bakiev venderà le poche risorse del suo paese a società americane, favorendo anche l’installazione di una base militare a Manas. Nel 2010 una nuova rivolta popolare porta alle dimissioni di Bakiev, che verrà sostituito alla presidenza da Roza Otunbayeva. Il 3 luglio 2010 Roza Otunbayeva giurò come Presidente della Repubblica e anche come Capo di governo. Nel 2011 la Otunbayeva non si ripresentò alle elezioni spianando la strada a Almazbek Atanbayev. presidente del partito socialdemocratico Kirghiso. 

 

Altri tentativi di rivoluzioni. Da notare che oltre alle quattro rivoluzioni citate vi sono stati altri tentativi di rivoluzioni che però sono morte sul nascere: in Azerbaijan (2005), in Mongolia (2005), e soprattutto in Bielorussia con il movimento Zubr e la cosiddetta ‘Rivoluzione dei Jeans’ (basta il nome per capirne l’orientamento filo-americano). Tuttavia la Bielorussia ha saputo reprimere sul nascere queste proteste, grazie al suo forte apparato statale, vietando le ONG ed espellendo i rivoluzionari. Anche in Russia stessa, Putin ha dovuto provvedere a reprimere il movimento Oborona, ma come possiamo immaginare, non è stata una battaglia particolarmente ardua. Secondo alcuni, anche i processi che hanno portato alle rivoluzioni delle Primavere Arabe seguono direttive occidentali, seppur si differenzino dalle Rivoluzioni Colorate citate per determinate caratteristiche, di cui la principale è l’uso della violenza, che ha portato in alcuni casi (Libia, Siria ecc.) a vere e proprie guerre.

 

Considerazioni finali. Nel complesso, fra rivoluzioni represse sul nascere, e rivoluzioni durate pochi anni, possiamo dire che con la fine nel 2007 del mandato di Sakashvili in Georgia, può considerarsi concluso il periodo delle rivoluzioni colorate. E’ difficile dire se la parentesi occidentale abbia portato a questi paesi quei miglioramenti promessi, dal punto di vista della libertà, della democrazia e del tenore di vita, ma considerato che nessun governo ha goduto, per più di un mandato, dell’appoggio di coloro che erano scesi in piazza per portarlo al potere, viene da pensare che si è rimasti quantomeno alle stesse condizioni di un decennio fa. Metaforicamente, dunque, come i Gelsomini della mancata Rivoluzione Cinese, anche i fiori delle rivoluzioni colorate (le rose della Georgia e tulipani del Kirghizstan) possono considerarsi, ormai, appassiti.

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