Servizio di Punto Continenti

 

L’iniziativa ha decisamente una valenza internazionale e, soprattutto, italiana: far riconoscere dall’Unesco che l’Opera (la più tipica espressione artistica italiana) è un Patrimonio Immateriale dell’Umanità. E’ dal 2003, infatti, che l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura rilascia simili attestati di riconoscimento allo scopo di assicurare e salvaguardare il patrimonio culturale delle comunità, dei gruppi e degli individui.

 

A promuovere questa importante iniziativa è un’associazione fondata nel 2011 e conosciuta come Cantori Professionisti d’Italia (CPI). Sono tutti cantanti lirici (oltre 200) coadiuvati da esperti (come la ricercatrice Alessandra Broccolini o il docente economista Michele Trimarchi), registi, compositori, direttori d’orchestra, musicologi e semplici appassionati della lirica. Inoltre hanno aderito importanti organismi, teatri, conservatori, associazioni e istituti di cultura internazionali. Infine, non sono mancati appoggi di altissimo livello del mondo della cultura come il Premio Nobel Dario Fo o il grande soprano Renata Scotto.

 

Per spiegare il senso della sua proposta la CPI ha organizzato due eventi a Roma: il primo è stato un recital realizzato in collaborazione l’associazione Music Theatre International-MThI, presieduta da Paola Sarcina, e che ha visto la partecipazione gratuita di sei artisti lirici italiani affermati a livello internazionale: Micaela Carosi, Marco Frusoni, Enrico Marrucci, Federico Sacchi, Angela Nisi e Pietro Spagnoli (al pianoforte i maestri Rita Lo Giudice, Antonio Sorgi e Paolo Tagliapietra).

 

La seconda manifestazione è stata una conferenza stampa organizzata in un importante albergo romano e coordinata dal soprano Micaela Carosi. Anche se addolcita da una splendida voce lirica al femminile, si è trattato collettivamente di un vero ‘do’ di petto, da far invidia al grande Caruso, nell’accusare il disinteresse del mondo politico italiano a preservare il nostro vero oro nero, fatto da arte, musica e, in ultima analisi, dalla lirica che, tra l’altro, dà lavoro a migliaia di cantanti, ballerini, musicisti, scenografi, maestranze di grandi e piccoli teatri sparsi lungo la penisola.

 

A questo punto rimane da sperare che questo possibile e probabile riconoscimento internazionale possa rappresentare un’ultima barriera alla cecità di una classe dirigente che tenacemente tende a portare il Paese a farsi del male, cioè a distruggere anche una delle poche fonti di invidia e ammirazione rimaste per l’Italia a livello internazionale.

 

C’è da scommettere che in queste condizioni anche il grande Giuseppe Verdi avrebbe firmato con piacere l’iniziativa del CPI che proprio nell’anno del suo bicentenario intende divulgare ovunque il concetto che l’opera italiana serve non solo per trasmettere il piacere dell’ascolto ma, nel corso degli anni, si è rivelato anche un formidabile ‘strumento’ di diffusione della lingua italiana e dell’immagine del nostro Paese che, certamente, in questo momento non gode di particolare considerazione.