Di Rainero Schembri

Allo stesso modo che gli antichi romani s’ispiravano alla cultura e al teatro greco nell’Italia della metà del sedicesimo secolo si guardava alla vecchia Atene per creare un nuovo modello di teatro cantato. Più precisamente parliamo della Firenze governata dalla potente famiglia dei Medici, amante del lusso e dell’arte. Alla corte di Ferdinando de’Medici (1587-1609) venivano in continuazione allestiti balletti, rappresentazioni di vita pastorale, racconti musicali, commedie madrigalesche (in cui la trama si sviluppa attraverso il susseguirsi di brani polifonici a più voci) e Intermedi (brevi inserti musicali che si intersecano alle rappresentazioni teatrali).

 

Camerata fiorentina. Ed è in questo contesto che nasce la ‘Camerata Fiorentina’, conosciuta anche come ‘Camerata de’ Bardi’ dal nome del Conte Giovanni de’Bardi che nel XVI secolo ospitò nel Palazzo che porta il suo nome un gruppo di nobili che s’incontravano in maniera del tutto informale per parlare di musica, letteratura, scienza e arti (la prima riunione è avvenuta il 14 gennaio del 1573). Di questo gruppo faceva parte anche Vincenzo Galilei, padre del grande astronomo. L’obiettivo era di far rivivere lo stile drammatico degli antichi greci. Sarà Galilei a introdurre il nuovo stile con musiche adattate al canto dantesco del Conte Ugolino.

 

La prima vera opera porta, comunque, la firma di Jacopo Peri con libretto di Ottavio Rinuccini: si tratta diDafne, Opera che s’ispira alle Metamorfosi di Ovidio, poema epico-mitologico basato sull’antichità greca e romana. Purtroppo di quest’Opera è rimasto quasi nulla mentre è arrivata a noi il secondo lavoro del duo Peri-Rinuccini: Euridice, composta per le celebrazioni delle nozze tra Enrico IV di Francia e Maria de’ Medici.   Insieme a Euridice, durante le festività per le nozze venne rappresentato anche Il rapimento di Cefalo, una composizione di Giulio Caccini (insieme ad altri) con testo di Gabriele Chiabrera. Si basava sul racconto mitologico del rapimento di Cefalo da parte della dea Eos.

 

Ma quando è stata usata per la prima volta il termine ‘Opera’ nell’attuale concezione?   Secondo gli storici, ciò è avvenuto nel 1647, quando la casa editrice Prospero Bonelli di Ancona utilizzò il termine Opera come sottotitolo di una raccolta di libretti. Fino a quel momento il nuovo stile veniva chiamato indifferentementeFavola in musica, Favola drammatica musicale, Favoletta da rappresentarsi cantando, ecc. A seguito del successo ottenuto a Firenze l’Opera cominciò a diffondersi in diverse altre città italiane e ciò ha comportato importanti cambiamenti.

 

Periodo romano. Nella città dei Papi un ruolo fondamentale ha svolto il musicista Emilio De’ Cavalieri, che è stato il primo compositore a introdurre lo stile monodico (un basso continuo sostenuto da accordi di clavicembalo sul quale si cantava) a una composizione sacra.  La Rappresentazione di Anima e Corpo (su libretto di padre Agostino Manni) venne eseguita nella chiesa di Santa Maria in Vallicella. Roma diventò a quel punto il principale centro di cantanti in Europa, molti dei quali si esibivano nelle varie chiese. Inoltre, nascono le ‘Compagnie ambulanti’ con attori e cantanti girovaghi che fanno conoscere l’Opera in altre città italiane.

 

Corte di Mantova. Claudio Monteverdi è stato sicuramente il più grande compositore della prima metà del XVII secolo. Originario di Cremona, ha vissuto per molti anni a Mantova, città che sotto l’impulso della dinastia dei Gonzaga è riuscita a rivaleggiare con Firenze come grande centro musicale italiano. Con l’Orfeo di Monteverdi l’Opera diventa a tutti gli effetti una rappresentazione teatrale musicale:ancora oggi viene inserita nei repertori dei Teatri moderni. In seguito Monteverdi assumerà l’incarico di Direttore musicale della Basilica di San Marco a Venezia.

 

Periodo veneziano. Se a Firenze e a Mantova l’Opera era rimasta circoscritta ai salotti dell’aristocrazia, a Venezia diventa popolare. E questo per una ragione molto semplice: a Venezia il Governo era retto dal Doge eletto da un Consiglio al quale doveva rispondere. Quindi non c’era un mecenatismo di Stato ma molto era affidato ai privati che facevano pagare i biglietti ai veneziani. In questo modo l’Opera da spettacolo di Cortediventa spettacolo popolare. La prima rappresentazione per il pubblico è avvenuta il 16 aprile del 1630 al Teatro San Cassiano, con l’Opera Andromada, musicata da Francesco Manelli su testo di Benedetto Ferrari.

 

Il successo del Teatro San Cassiano (che resterà in vita fino al 1800) stimolerà la nascita di numerosi altri Teatri (oltre una decina), diventati col tempo uno status simbol, oltre che una fonte di guadagno e un mezzo di influenza politica.   Insieme a Monteverdi, spicca in quel periodo a Venezia Francesco Cavalli. Ed è in un ambiente certamente poco raffinato (sono note le varie intemperanze del pubblico) che l’Opera matura sia dal punto vista musicale che della qualità delle voci e delle scenografie, intraprendendo un cammino che nei secoli successivi farà dell’Opera italiana una delle più affermate espressioni artistiche nel mondo.

 

Il Settecento. Verso la metà del secolo XVIII mentre all’estero s’impongono compositori come Goerg Friedrich Haendel, Johann Sebastian Bach (con la sua morte nel 1750 si chiude l’epoca del Barocco per iniziare quello del Classicismo), Christoph Willibald Gluck, Joseph Hayd e il ‘genio’ Wolfgang Amadeus Mozart, in Italia emergono Antonio Vivaldi, Giovanni Bononcini, Domenico Cimarosa e Giovanni Paisiello. Il passaggio dal Settecento all’Ottocento coinciderà con il passaggio dal Classicismo al Romanticismo. Gli ultimi grandi interpreti del Classicismo, ma già con alcune tendenze Romantiche, sono gli italiani Gaspare Spontini (che per molti anni ha vissuto in Francia), Luigi Cherubini (anche lui è stato a lungo in Francia) e soprattutto l’esuberante Gioachino Rossini, autore di opere famose come Il Barbiere di Siviglia, La Cenerentola e altri capolavori.

 

L’Ottocento. Il Romanticismo dell’Ottocento viene generalmente suddiviso in due priodi: il primo va dal 1830 fino al 1869, quando muore il compositore francese Hector Berlioz. In Italia emergono Giovanni Pacini, Saverio Mercadante, Vincenzo Bellini e Gaetano Donizzetti. Dopo il 1850 primeggiano, invece, i due giganti dell’Opera: il tedesco Richard Wagner e l’italiano Giuseppe Verdi, da molti considerato il più grande compositore lirico in assoluto. Le sue innumerevoli e splendide Opere hanno contribuito, tra l’altro, all’affermarsi del Risorgimento italiano.

 

Novecento. Con la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento prende forma il Verismo. Nell’Opera il rinnovamento tra i due secoli avviene con la Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni. Nasce, inoltre, la Giovane scuola italiana con grandi nomi come Ruggero Leoncavallo, Francesco Cilea, Umberto Giordano, Riccardo Zandonai e Giacomo Puccini, considerato dopo Verdi il più grande compositore operistico italiano. Gli anni che vanno dalla seconda metà del secolo XIX alla prima metà del XX  possono essere considerati  gli anni d’oro della lirica italiana grazie anche a una generazione di direttori d’orchestra e cantanti italiani forse irripetibile.

 

Tra i primi possiamo annoverare Arturo Toscanini (considerato il più grande direttore d’orchestra di tutti i tempi), Victor De Sabata, Carlo Maria Giulini, Antonio Guarnieri, Tullio Serafin e altri. Numerosissimi sono stati anche i cantanti italiani che per un lungo periodo si sono affermati ovunque, dal leggendario Enrico Caruso (scomparso nel 1921) a Beniamino Gigli, Titta Ruffo, Franco Corelli, Mario Del Monaco, Renata Tebaldi, Mafalda Favero, Licia Albanese, Fedora Barbieri, Clara Petrella e Giuseppe Di Stefano, forse la voce più bella in assoluto. Si tratta di una lista che potrebbe essere allungata all’infinito.

 

Negli anni più recenti ci sono stati altri interpreti, come Luciano Pavarotti, che hanno tenuto alto il buon nome della lirica ma non c’è stata più una schiera di cantanti italiani capaci di primeggiare nel mondo.   Aveva quindi ragione Di Stefano quando in una intervista ha sostenuto che la grande Lirica è finita negli anni cinquanta?

 

Per quanto riguarda l’Italia, il settore ha sofferto sicuramente le conseguenze di una crisi che ha coinvolto progressivamente l’intero sistema produttivo e culturale italiano. Per l’Opera c’è stato decisamente un calo di interesse sia a livello politico che nell’ambito delle nuove generazioni, tra l’altro poco stimolate dalla scuola. Tutto ciò lo dimostrano anche i vari Concorsi lirici che vedono un crescente numero di candidati stranieri (molti provenienti anche dalla Corea, dalla Cina e dal Giappone) prevalere spesso sia numericamente che qualitativamente sui candidati italiani.

 

Quello che sicuramente è finito è un modo e uno stile di scrivere l’Opera.   In parole povere, probabilmente non avremo mai più compositori che si assomigliano a  Verdi, Puccini, Rossini, Bellini o Mascagni, ma questo del resto è nell’ordine naturale delle cose, anche perché nel frattempo si sono sviluppate altre forme musicali.   La nota positiva è che anche in questo nuovo contesto il contributo italiano rimane sempre importante.

 

Prendiamo il caso del Musical, che è nato in America anche se sostanzialmente è un derivato dell’Operetta. La risposta italiana al Musical, che ha beneficiato sul piano promozionale delle numerose versioni cinematografiche di Hollywood, è stata la Comedia musicale, che ha preso spunto dal teatro di rivista, dal caffè concerto e dal varietà. Con questo genere si è affermata la coppia Pietro Garinei e Sandro Giovanni, che prima con Attanasio e poi con Rinaldo in campo ha ottenuto numerosi successi internazionali. Alla riuscita del lavoro hanno collaborato, tra gli altri, Domenico Modugno (per le musiche e come cantante) e il notissimo scenografo di Broadway Herbert Ross.

 

In Italia è nato anche uno stile denominato Opera popolare o Opera moderna che s’ispira alla tradizione operistica e musicale italiana e francese, con qualche riferimento alle forme musicali anglosassoni di stampo pop/rock. Tra i musicisti che si distinguono in questo genere figura Riccardo Cocciante autore di Notre-Dame De Paris. Ma ci sono anche altre Opere popolari italiane che hanno varcato felicemente i confini nazionali. Ecco qualche esempio:  Tosca amore disperato di Lucio Dalla; Dracula Opera Rock della Premiata Forneria Marconi; Giulietta e Romeo di Pasquale Panella e Riccardo Cocciante; Montecristo di Robert Steiner e Francesco Marchetti; Le Vie dal Mare e Dintorni di Emanuele Giunti e autori vari.

 

Ma anche per quanto riguarda l’Opera Rock che, come già è stato detto, è di stampo anglosassone, è bene ricordare che il primo esperimento fu realizzato nel 1967 da Tito Schipa Junior, figlio del grande tenore Tito Schipa con l’Opera Then an Alley (nota anche come The Beat Opera) con l’adattamento di ben 18 canzoni di Bob Dylan. Infine, merita di essere citato anche Michele Guardì e il musicista Pippo Flora che nel 2010 hanno portato in scena I promessi sposi – Opera moderna, ispirandosi  ovviamente al famoso romanzo di Alessandro Manzoni.  La prima dello spettacolo è avvenuto il 18 giugno 2010 allo stadio Giuseppe Meazza di Milano per poi essere trasmesso su Rai 1. Portato in diverse località italiane, ottenendo un successo clamoroso.

 

In conclusione possiamo solo ribadire che quello che è finito è certamente un particolare modello di Opera che ha raggiunto il suo apice tra la fine dell’Ottocento  e la prima metà del novecento. Si tratta ora di conservare questo grande patrimonio culturale che ha visto l’Italia primeggiare in assoluto, sia per quanto riguarda i compositori che per i suoi interpreti. Un patrimonio che potrà essere valorizzato continuamente con nuove tecnologie scenografiche ma che non dovrebbe mai essere snaturato con ambientazioni, stili e atmosfere che si discostano completamente dallo spirito e dalla volontà dei suoi creatori.

 

Ambientazioni forzatamente moderne e originali possono servire forse a richiamare l’attenzione su fantasiosi registi e scenografi ma rischiano di distruggere la grande magia che da sempre accompagna questo genere spettacolo. Allo stesso modo che Amleto non potrà mai diventare il dittatore di uno statarello, neppure Radames non potrà mai essere un generale dei marines, Norma una sacerdotessa presbiteriana e Violettauna sfortunata massaia d’oltralpe.