E’ da molto tempo che Punto Continenti, insieme a un gruppo di persone che seguono il giornale si occupa della problematica riguardante la rinascita in Italia e in Europa di uno Stato Sociale in grado di assicurare le esigenze minime per una sopravvivenza dignitosa. Non a caso nel parte Video del giornale è stata inserita al primo posto la rubrica ‘Europa e Nuovo Stato Sociale’ ( http://puntocontinenti.it/?p=5344 ) che riporta il parere di autorevoli esponenti del mondo della politica, dell’economia e della cultura.

 

Parliamo di un obiettivo condiviso da moltissime persone, tanto è vero che sull’argomento sono pervenuti numerosi spunti, suggerimenti e proposte.  Tra queste sicuramente una delle più interessanti è stata formulata da Antonio Diomede, Presidente della REA, Radiotelevisioni Europee Associate, per il quale l’Italia dovrebbe adottare il Reddito di Cittadinanza utilizzando i Beni Culturali come fonte primaria di finanziamento di un Nuovo Stato Sociale. Ma vediamo di cosa si tratta.

 

Presidente, lei che ha già tanto da fare con le complesse vicende riguardanti le piccole e medie emittenti radio e televisive come mai si sta occupando anche di Stato Sociale?

 

Perché ritengo che sia un argomento che dovrebbe interessare tutti e che tutti dovrebbero in qualche modo concorrere alla soluzione del problema. Del resto, anche il nostro settore rischia di esser falcidiato sul piano occupazionale, a causa di alcune scellerate decisioni politiche e amministrative, e molti corrono il serio pericolo di sprofondare nella miseria più nera. Comunque, sul piano personale ho sempre dedicato una particolare attenzione al problema e, quindi, mi è venuto quasi spontaneo inserirmi in un dibattito appassionante che voi state seguendo con grande attenzione.

 

Entriamo allora nel merito. Cosa significa concretamente fare dei Beni culturali la fonte primaria di un Nuovo Stato Sociale?

 

A mio avviso la questione va inquadrata da tre punti di vista: quello economico, sociale ed etico-concettuale. Mi spiego meglio. L’Italia è il Paese  che possiede un terzo dei beni culturali e archeologici esistenti nel mondo. Si tratta di una ricchezza inestimabile che tutti c’invidiano che non riusciamo a mettere a “frutto” per diverse ragioni facilmente intuibili.  Per quanto riguarda l’aspetto economico, si stima che l’Italia possegga un capitale immobilizzato di beni che potrebbe aggirarsi sui 20- 30 mila miliardi di euro. L’idea base è di far fruttare questo ingente capitale in modo da finanziare il Reddito di Cittadinanza che non deve essere inteso come sussidio alla disoccupazione ma come autentico  reddito da capitale che spetta a ciascun cittadino italiano in quanto erede naturale di questi beni lasciati in eredità dai nostri antenati.

 

Ci spieghi meglio.

 

Tutti i siti archeologici, tutte le opere d’arte, tutti i beni culturali in astratto appartengono al mondo ma in concreto al Paese dove si trovano e quindi a tutti i suoi cittadini. E’ un bene Comune. Il Colosseo, Pompei, Ostia Antica, i musei, le sculture, i quadri, i grandi lavori, appartengono all’Italia e indistintamente a tutti gli italiani per diritto, diciamo così, di eredità. Dobbiamo decidere cosa vogliamo fare del nostro petrolio. La mia proposta è di destinare alla nascita di un nuovo Stato Sociale tutto il ricavato dai nostri beni culturali.

 

Però la prima obiezione che si potrebbe fare è che i frutti dei Beni culturali già servono per coprire altre esigenze dello Stato.

 

E’ ovvio che parliamo di una precisa e radicale scelta politica. Voglio ricordare che, ad esempio, in Brasile la appena rieletta Presidente Dilma Rousseff ha promesso che l’intero ricavato del petrolio dovrà andare integralmente all’istruzione. E noi cosa vogliamo fare del nostro petrolio? Siamo di fronte a una specifica valutazione sociale, culturale e, quindi politica. Se riconosciamo che il primo obbligo di ogni Stato dovrebbe essere quello di assicurare le condizioni minime di dignità e di sopravvivenza a tutti i suoi cittadini allora possiamo anche concordare sul fatto che la nostra maggiore ricchezza debba essere destinata esclusivamente a risolvere il problema sociale per antonomasia.

 

Un’altra obiezione potrebbe essere che se questi beni sono di tutti non è giusto che i suoi benefici vadano solo a una parte della popolazione, anche se quella più povera.

 

Infatti, il Reddito di Cittadinanza è un diritto che spetterebbe a tutti i cittadini,  senza distinzioni né di ceto sociale né di condizione economica, in quanto è il ricavato di un bene ricevuto in eredità. Piuttosto bisogna pensare come organizzare il bilancio patrimoniale dello Stato affinché sia separata la contabilità dei beni culturali comuni da quella della produzione.

 

Mi scusi, se ho capito bene, dei frutti del petrolio italiano dovrebbero beneficiare tutti, quindi anche i ricchi. Ma non è un assurdo insostenibile?  

 

Nel suo libro ‘Il sogno di Roma’ l’attuale sindaco di Londra Boris Johnson, racconta che nel II secolo a.C. Gaio Gracco, autore di grandi riforme sociali, si stupì nel vedere che in coda per l’annona ci fosse anche Lucio Calpurnio Pisone, ricco snob ed ex Console, che così si giustificò: “non approvo la tua decisione di dare del mio al primo che passa, ma visto che comunque lo farai, anch’io voglio la mia parte”. Oltre due mila anni dopo la nobiltà  dell’Oxfordshire, la contea dell’Inghilterra del sud-est, disquisiva sul diritto morale a utilizzare i buoni dell’autobus destinati ai pensionati più poveri del Paese: “anch’io ho pagato la mia quota”, dicevano, “e voglio il servizio”. Come si vede, è una vecchia questione.

 

Ma visto che siamo in materia, voglio ricordare che l’annona romana, attraverso la pubblica distribuzione del grano (33 chili al mese), alla quale col tempo si aggiunsero elargizioni statali di vino, carne di suino e persino olio d’oliva, nonché agevolazioni sul piano residenziali e di erogazione dei servizi (ad esempio, in certi orari l’uso delle terme era gratuito) sotto alcuni aspetti era più avanzata che molte politiche assistenziali attuate oggi nel mondo. E non era basata su criteri di reddito.

 

D’accordo, ma Roma era un impero. L’Italia di oggi è un Paese in una profonda crisi economica.

 

Certo, qui entriamo nell’aspetto pratico e concreto del problema. Una volta condivisa la scelta di destinare il nostro petrolio per risolvere il nostro ‘principale problema’ occorre quantificare esattamente le risorse necessarie. Inoltre, occorre capire quanta parte dello Stato Sociale dovrà essere erogata in contributi monetari e quanta parte in servizi sociali comuni gratuiti: penso, ad esempio, all’insegnamento gratuito a tutti i livelli, alle esenzioni ai ticket, alle mense pubbliche gratuite, all’edilizia residenziale convenzionate, ecc. Tali servizi comuni gratuiti potrebbero essere finanziati dal ricavato del beni culturali che si stima, potrebbe, aggirarsi sui 300 miliardi di euro posto che si riesca a incassare una rendita dell’1% sull capitale disponibile di 30 mila miliardi di euro.

 

Ovviamente è da capire esattamente come organizzare lo Stato per mettere in moto il meccanismo. Prevedo che ci vorrà una radicale ristrutturazione di alcuni ministeri: Economia, Lavoro, Beni Culturali in particolare.  Tutto ciò comporta un enorme lavoro di semplificazione e riordinamento dell’intero sistema di assistenza sociale. Ad esempio comporterà la soppressione della cassa integrazione e della pensione minima che potrebbero essere assorbite dal Reddito di Cittadinanza.

 

Non sono un ingenuo, so perfettamente che è un lavoro immane. Ma da qualcosa bisogna pur cominciare. Ed è proprio su questo terreno e guardando alle esperienze maturate all’estero, che tutti potrebbe dare un contributo concreto in termini di idee e proposte. Solo così potremmo arrivare a un’ipotesi fattibile di costruzione di un Nuovo Stato Sociale. Più che fare tutto e subito è fondamentale progettare un nuovo cammino.

 Antonio Diomede