E’ presente in Italia con sette incontri Naim Araidi, poeta ed ex Ambasciatore israeliano in Norvegia, per parlare del suo successo letterario Canzoni di Galilea – La poesia che unisce i popoli – (edizioni SEAM, presentazione e traduzione di Stefania Battistella) e per spiegare il pensiero dei luoghi comuni dell’islam. Il 21 gennaio Araidi sarà  a Roma presso la libreria Pellicanolibri (via Gattico, 3, 06 6156 3181,  ore 18:00) sede delle presentazioni letterarie e dei dibattiti sul sociale organizzati dallo scrittore e poeta  Beppe Costa, fondatore della casa editrice che oggi porta il nome della libreria.

Attualmente Araidi è anche il Direttore del Centro di Letteratura per bambini presso il Collegio Arabo e Coordinatore di Studi per gli studenti non ebrei del Gordon College. Inoltre svolge un’intensa attività giornalistica avendo, tra l’altro, partecipato alla redazione della rivista dell’Unione degli Scrittori Ebrei Mifgash, oltre a fondare la rivista Al-Aswar. Prima di presentare il suo libro a Roma abbiamo avuto modo di intervistarlo per approfondire alcuni aspetti riguardanti il tormentato Medio oriente.

 

Dott. Naim, qual è il principale messaggio che lei cerca di trasmettere attraverso il suo libro ‘Canzoni di Galileia’?

 

Il primo messaggio è la traduzione. Attraverso le poesie voglio far sapere alle persone e ai lettori che, anche considerando la questione che noi viviamo, all’interno di un un conflitto molto complicato, noi dobbiamo ancora amare e vivere tutti assieme. Gli uomini e le donne che provengono da molte religioni, culture, loro possono vivere assieme. Penso che la poesia possa parlare al mio posto dal momento che sono un poeta e non uno scrittore.

 

Ormai è sensazione diffusa che la questione palestinese non si risolverà mai. Eppure, la soluzione di due Stati che convivono pacificamente è l’unica possibile. A lei non è mai venuto il sospetto che sia in campo palestinese che in quello israeliano politicamente ed economicamente ci siano molti, forse troppi, che non hanno alcun interesse a che si arrivi alla pace?

 

Sicuro ci sono molti gruppi da entrambe le parti che hanno qualche interesse a mantenere la situazione in conflitto. Prima di tutto sono d’accordo che la soluzione sia quella di stabilire due Stati perché ogni Stato ha la sua lingua, la sua cultura e così via. Però ci sono molte persone e gruppi che hanno interesse a mantenere solo uno Stato a causa dei loro interessi. E ne possiamo parlare, dei loro interessi. Quindi sono sicuro che questi  interessi ci siano.

 

Come sono le relazioni tra gli intellettuali palestinesi e  israeliani e in che misura gli scrittori e gli artisti possono aiutare a risolvere questo problema?

 

Ci sono molte atteggiamenti che gli intellettuali potrebbero tenere. Da entrambi le parti ci sono comportamenti positivi che portano gli intellettuali e gli artisti a incontrarsi e a parlare, per preparare l’atmosfera per i politici affinché possano prendere la decisione giusta. E loro, gli intellettuali, credono di poterlo fare parlando e dialogando. Ma da entrambe le parti, ci sono correnti ed elementi che non credono nell’incontro e nel dialogo.

 

Per esempio, se pensiamo al campo israeliano, che ha rigettato la possibilità di due Stati, è noto il loro pensiero di non poter dare ai palestinesi il loro Stato perché  ritengono che la maggioranza dei palestinesi pensi solo a uno Stato palestinese che comprenda Gaza e Cisgiordania. Per questi israeliani i palestinesi guardano alle due ‘conquiste’ come punti di partenza o gradini iniziali per tornare a prendere, man mano, quella che era la Palestina nel suo principio, la Palestina storica. E’ questo ciò che molti israeliani pensano in merito all’atteggiamento e alle intenzioni dei palestinesi. Nel campo palestinese, invece, c’è chi crede che Israele non voglia la pace ma pensi solo di prendere tutta la Palestina come è stato promesso nella bibbia.

 

Qual è il suo rapporto personale con l’Italia e come giudica la politica estera italiana e quella europea nei riguardi della questione arabo israeliana?

 

La mia relazione con l’Italia è una relazione legata alla letteratura, alla cultura e all’arte in generale. Non ho relazioni con politici ma solo relazioni riguardanti le arti. So che l’immagine di Israele in Europa, in generale, e specialmente in Italia, è davvero negativa. Perché  gli europei, nei riguardi di questo conflitto, fanno attenzione solo alle conseguenze determinate dai fatti di cronaca riportati dai telegiornali. Non si chiedono perché il conflitto è iniziato, o non dedicano molta attenzione a questo aspetto.

 

Gli europei guardano solo ai fatti senza cercare di risalire ai motivi scatenanti. Per Israele questa è una cosa sbagliata. Per quanto riguarda i palestinesi, che in  maggioranza sono arabi musulmani, tutto ciò che avviene in Europa e nel mondo per opera dell’estremismo musulmano, come gli attacchi terroristici o quello che recentemente è accaduto a Parigi, solo può danneggiarli e rendere ancora più difficile la loro situazione. Quello che mi aspetto dall’Europa è che approfondisca meglio le ragioni di questo conflitto, in modo da avere un quadro generale più corrispondente alla realtà. Solo così potrà assumere delle posizioni equilibrate in grado di influenzare positivamente l’andamento dei negoziati e di incidere concretamente su entrambi i contendenti. In altri termini, di svolgere un efficace ruolo  di mediazione.

 

Come vede in proiezione futura la minaccia dell’Isis?

Non voglio credere e non sono sicuro che questo gruppo sia musulmano o arabo. E’ una cosa che sta succedendo ora quindi non so come sarà in futuro. Penso che sia una nuova creazione, che queste persone siano state create e mandate dal mondo occidentale per distruggere il medio oriente. Non penso che loro avranno in futuro uno Stato o che possano influenzare il mondo arabo. Questa è una creazione che vuole distruggere l’immagine del mondo arabo e del mondo islamico.

Rainero Schembri

 Naim Araidi