Classe 1942, originario di Guarico, avvocato con specializzazione in diritto del lavoro, professore universitario, l’attuale Ambasciatore del Venezuela in Italia, Julián Isaías Rodríguez Díaz, durante la Presidenza di Ugo Chavez è stato nel 2000 per un anno anche vicepresidente della Repubblica Bolivariana. Inoltre, per sette anni è stato Procuratore Generale e poi giudice della ‘Sala Costituzionale del Tribunale Supremo’.

 

Isaias ha iniziato la sua attività politica nel 1967 fondando insieme a Luis Beltran Prieto Figueroa il Movimento elettorale del Popolo, un’esperienza proseguita fino al 1981. Da quel momento ha svolto la sua attività nel partito PSUV, il Partito Socialista Unito del Venezuela. Prima di essere nominato Ambasciatore in Italia nel 2011 è stato Ambasciatore in Spagna.

 

Questa intervista è stata rilasciata in un momento drammatico per il Paese: il 19 febbraio scorso la Procura Generale del Venezuela ha chiesto al Tribunale penale la custodia cautelare per Antonio Ledezma, Sindaco di Caracas, accusato di tentativo di colpo di Stato.  Le immagini del suo arresto hanno fatto il giro per il mondo. Per l’Ambasciatore Isaias siamo di fronte all’ennesima ricerca di rovesciare un Governo eletto democraticamente. Comunque, vedremo come si evolverà la situazione. Con l’Ambasciatore abbiamo preferito affrontare la complessa situazione che sta vivendo da alcuni anni il  Paese.

 

Il Venezuela è stato uno degli Stati che ha sofferto maggiormente la caduta del prezzo del Petrolio che nell’economia venezuelana svolge un ruolo fondamentale. Come mai non si è creato in questi anni una produzione industriale alternativa?

 

Nessuno ha mai pensato che fare una rivoluzione sia facile. La cosa meno difficile in una rivoluzione è quella di raggiungere il potere mentre cercare di trasformare la società richiede trasformazioni che trascendono l’economia. Questa è la verità ed è questo che abbiamo vissuto. Il dibattito per sviluppare una strategia industriale orientata a sostituire in maniera efficace le importazioni e per promuovere una politica delle esportazioni nel medio e lungo termine ancora non è stato completato. Il settore industriale non petrolifero che abbiamo trovato nel 1998 si è volatizzato di fronte alla tranquilla prospettiva di puntare sulle importazioni. Abbiamo cercato di introdurre un nuovo modello basato su un’economia sociale e sulla democratizzazione della produzione senza ottenere i risultati sperati, soprattutto a causa della debolezza dei settori agricolo e dell’allevamento di bestiame, con un Paese che importa circa il 70% del suo cibo. Abbiamo compiuto ogni sforzo in questa direzione, molto prima della caduta del prezzo del petrolio.

 

In Venezuela permane una forte conflittualità interna. Le posizioni tra Governo e opposizione sembrano inconciliabili. Cosa impedisce di arrivare a un accordo accettabile da entrambe le parti nell’interesse comune del Paese?

 

Abbiamo cercato tutte le riconciliazioni possibili. Il presidente Chavez nel 2007 ha emanato, su autorizzazione del Parlamento, un decreto di amnistia con l’intento di perdonare tutti i delitti collegati al colpo di Stato e allo sciopero petrolifero. Le concessioni per evitare nuovi conflitti  sociali hanno portato alla pressoché totale impunità. E’ dal 2001 che viviamo in uno stato di guerra continua, al punto che nel corso del 2014 si è arrivati a chiedere pubblicamente l’uso della violenza per porre fine allo stato di diritto. Chiediamo il dialogo ma non abbiamo otteniamo alcun risultato. Per siglare un accordo occorre essere in due.

 

Quali sono state le principali conquiste sociali conseguite dall’ex Presidente Ugo Chavez?

 

Investimento nel sociale. Tra il 1985 e il 1998 la spesa sociale è stata di 78 miliardi e 540 milioni di dollari (36.82%) mentre tra il 1999 e il 2012, le spese sociali sono salite a 551 miliardi e 639 milioni di dollari (62.46%). Nel 1998 la povertà estrema era del 21%, scesa al  5,5% nel  2014.  Nel 1998 il Venezuela aveva 5.360 centri sanitari che sono diventati 13.731 nel 2011. L’ 82,4% della popolazione riceve assistenza medica gratuita. L’UNESCO ha dichiarato il Venezuela Paese esente da analfabetismo. La rivoluzione ha aumentato i campus per l’istruzione da 19.682 a 24.516.

 

La Rivoluzione ha creato il Centro della diversità culturale, l’Istituto di Arti dello Spettacolo e della Musica (IAEM), la Fondazione dei Musei Nazionali, il Sistema Simón Bolívar per le orchestre,  la Casa del cinema e il Programma Nazionale di formazione Cinematografica, che ha consentito a 78 film venezuelani  di partecipare a 121 festival internazionali ottenendo 36 riconoscimenti. Negli ultimi dodici anni sono stati investiti nello sport più di 6 miliardi e 830 milioni di bolivar che hanno permesso di costruire o recuperare 2.885 impianti, la costruzione di tre stadi di calcio e la  modernizzare altri 6. Inoltre, è stata creata l’Università Iberoamericana dello Sport. Mentre nel 1988 il paese aveva 342 stazioni radiofoniche (331 private, 11 dello Stato e nessuna locale) nel 2012 questa cifra è salita a 843 (508 privati, 86 pubbliche e 249 locali), con un incremento complessivo del 146%. Inoltre è stata creata Vive TV e Telesur alle quali dobbiamo aggiungere l’avvio di Radio Sud e la nascita del Correo del Orinoco.

 

Altro dato importante: il tasso di malnutrizione è sceso dal 13,5% a meno del 5%. La FAO ha riconosciuto l’impegno del governo venezuelano a ridurre al minimo i livelli di fame e denutrizione. A 17.554.442 persone è stato facilitato l’accesso al cibo sovvenzionato dallo Stato. Si stima che sono state distribuite 8.059.414 tonnellate di cibo attraverso 16.626 punti vendita. La Grande Missione Casa Venezuela a partire dal 2011 ha consegnato più di 600 mila alloggi decenti, con un minimo di 70 metri quadrati. Molte di queste case sono completamente attrezzate e arredate, con spazi riservati all’educazione, alla salute, alla cultura e allo sport. Non mancano poi spazi attrezzati per bambini fino a 6 anni, scuole, centri diagnostici integrali (CDI) e campi sportivi. Attualmente ci sono in Venezuela oltre 2.521.750 pensionati, mentre solo 16 anni fa non erano 300 mila.

 

Anche se molto legato a Chavez c’è da immaginare che l’attuale Presidente Nicolas Maduro cerchi di dare una propria impronta al suo governo. Secondo lei quali saranno le principali novità nei prossimi anni?

 

Sicuramente una produzione industriale alternativa, la definitiva stabilizzazione del paese, il consolidamento della politica d’integrazione nell’America Latina, un notevole incremento della produzione e dell’esportazione di petrolio, una politica internazionale di pace attraverso il rispetto dei diritti umani, la ricerca di nuovi mercati per il petrolio venezuelano, il consolidamento nel ruolo di riferimento mondiale nella costruzione di un socialismo senza violenza.

 

Quali prospettive presentano attualmente i rapporti tra l’Italia e il Venezuela?

 

Le prospettive sono ottime. Abbiamo bisogno della vostra tecnologia agro alimentare e dell’esperienza maturata con i distretti industriali, nonché l’esperienza e le tecnologia collegate al settore ferroviario. Di fronte all’ostilità dell’attuale governo spagnolo abbiamo proposto di fare dell’Italia la porta d’ingresso del Venezuela in Europa. Ci troviamo, infatti, più in sintonia con l’Italia che con altre esperienze europee. Siamo il terzo paese latino americano con il maggior numero di italiani, la nostra cucina è talmente similare che proporzionalmente siamo il secondo paese al mondo per consumo di pasta. Il trattamento che abbiamo ricevuto dai precedenti governi italiani è stato rispettoso e, come si sa, l’amore viene ripagato con amore.

 Ambasciatore Julián Isaías Rodríguez Díaz