Per i giornalisti italiani Carlos Cherniak, Ministro plenipotenziario presso l’Ambasciata argentina di Roma, è diventato negli ultimi anni un preciso punto di riferimento. A lui, profondo conoscitore delle problematiche politiche ed economiche, è spettato, ad esempio, l’ingrato compito di spiegare le ragioni del default in cui si è venuto a trovare il Paese per non aver pagato 1,3 miliardi di dollari (su 9,7 miliardi complessivi) agli Hedge fund americani che hanno acquistato titoli a prezzi stracciati dopo la crisi del 2001 e che poi hanno chiesto un rimborso pari al 100% del valore dei titoli. Da registrare che all’Argentina è stato impedito dalla sentenza del giudice americano Thomas Griesa di rimborsare le cedole ai possessori di tango bond: la priorità doveva essere data agli hedge fund. Da quel momento, inoltre, si sono chiusi tutti i rubinetti del credito internazionale.

 

Ora siamo al termine del secondo mandato della Presidentessa Cristina Kirchner. Le opposizioni già stanno affilando le armi. Molto criticata, ad esempio, è la produzione economica, ritenuta troppo sbilanciata verso il settore primario per l’esportazione delle materie prime agricole. Inoltre, l’inflazione è tornata a crescere sensibilmente e l’aumento della spesa pubblica rischia di riportare deficit e debito pubblico a livelli di guardia. In quest’intervista con Cherniak abbiamo cercato di affrontare il particolare momento attraversato dall’Argentina dove, è bene ricordarlo, vivono milioni di italiani.

 

In ottobre si voterà in Argentina. Dopo quasi un decennio in cui il PIL è aumentato dell’8% annuo il Paese sta fronteggiando nuovamente un periodo di sostanziale stagnazione. Secondo lei è sulla paura di una nuova crisi, simile a quella avvenuta nel 2001, che s’incentrerà il prossimo dibattito elettorale?

 

Non ha alcun senso mettere a confronto le due situazioni. Intanto l’Argentina continua a crescere di circa il 2% e il lavoro è stabile. Non dobbiamo, poi, sottovalutare la grande popolarità della Presidentessa Cristina Fernandez de Kirchner. Credo, invece, che il dibattito s’incentrerà sulla scelta che gli argentini dovranno compiere tra due modelli di sviluppo molto diversi: quello neo liberale antecedente alla grave crisi del 2001/2 e quello incentrato sui diritti umani e sull’inclusione sociale, intrapreso proprio per arginare quel disastro e che ha consentito al Paese di registrare uno sviluppo senza precedenti. Risultato ottenuto, tra l’altro, senza poter contare  sui finanziamenti internazionali, bloccati dalla vertenza sulla ristrutturazione del debito.

 

Nonostante le difficoltà di ogni genere non si può negare che abbiamo raggiunto  conquiste sociali di notevole importanza. Oltre a un sussidio per gli indigenti, è bene ricordare che in Argentina l’insegnamento è completamente gratuito dalle elementari fino all’Università, come è gratuita l’assistenza sanitaria. Inoltre abbiamo completato in maniera del tutto pacifica il processo di transizione dalla dittatura alla piena democrazia. Oggi l’Argentina ha riacquistato un importante ruolo e una notevole fiducia sulla scena internazionale. Lo dimostra il ruolo che gioca l´Argentina nella Regione sudamericana e anche i rapporti economici stabiliti con grandi potenze come, ad esempio, gli Accordi con la Cina e la Russia.

 

A proposito della crisi del 2001, rimane sempre aperta la questione dei rimborsi del debito argentino. Senza riepilogare la lunga vertenza giudiziaria internazionale che ha portato l’Argentina al default, cosa sente di dire concretamente ai creditori italiani che dopo 14 anni ancora aspettano di essere rimborsati?

 

Come dice lei, non è il caso di ripercorrere un’altra volta la lunga vertenza internazionale ormai abbastanza nota. Quello che posso dire è che la maggior parte degli italiani che ha accettato il piano argentino di ristrutturazione viene rimborsata. Chi non ha accettato deve necessariamente aspettare l’evolversi della situazione. Certo, capisco molto bene la sofferenza di chi ha perso tanti soldi in questa vicenda. Tuttavia, se mi permette, chi va al casinò deve mettere in conto anche di perdere. Non a caso molte banche in Italia sono state criticate per aver consigliato male i propri clienti. Purtroppo l’Argentina, dopo aver pagato una parte consistente del suo debito estero, per una serie di motivi non si è più trovata in condizione di rimborsare un prestito fatto a tassi esorbitanti. Ci siamo trovati in una situazione simile a quella vissuta oggi dalla Grecia.

 

I sindacati argentini hanno molto criticato l’affermazione fatta recentemente alla FAO dalla Presidente Kirchner e, cioè, che la povertà in Argentina è sotto il 5%. Per il leader della CTA, Pablo Micheli, ad esempio, in Argentina ci sono 11 milioni di lavoratori che guadagnano meno di 5.500 pesos (611 dollari) e solo nella provincia di Tucuman vivono più di mille bambini malnutriti. Nel recente passato ci sono stati anche diversi scioperi, ad esempio, nel settore dei trasporti. In sostanza esiste o no una grave situazione sociale in Argentina?

 

Innanzitutto, ci sono alcuni sindacati che hanno una posizione critica verso il Governo argentino ma la maggioranza delle parti sociali sostiene un modello economico che tutela il lavoro, il consumo e una economia di inclusione sociale.  Sarebbe assurdo negare il fatto che l’economia mondiale sta attraversando un momento difficile, e che le difficoltà generali hanno degli effetti negativi sulla nostra Regione e quindi anche sull’Argentina. Parliamo di una crisi che ha colpito, ad esempio, il Brasile, un grande importatore dei nostri prodotti.  La questione, a mio avviso, non è quella di rimarcare l’esistenza di problemi sociali ma di verificare l’impegno intrapreso dal Governo per risolvere questi problemi. Ebbene, a mio avviso, indipendentemente dagli orientamenti politici, occorre riconoscere che l’Argentina ha fatto molto per limitare le conseguenze negative di una crisi che è internazionale. Il ruolo dello Stato si è rivelato fondamentale e questo, ovviamente, lo si deve a precise scelte politiche del Governo.

 

Cambiamo argomento. Nel 2010 a Madrid furono ripresi i negoziati tra l’Unione Europea e il Mercosul (il Mercato comune dell’America del sud) avviati nel 1995 e che avrebbero dovuto portare entro il 2005 a una grande area di libero scambio. Dopo diverse interruzioni sembrava che la situazione si fosse finalmente sbloccata.  Eppure sono passati altri cinque anni e tutto è ancora fermo. Aldilà dei buoni propositi che si sentono in giro, si riuscirà in tempi ragionevoli a firmare questo accordo?

 

Indubbiamente la situazione è complicata. Credo, comunque, che oggi ci sia una maggiore disponibilità a trovare un accordo da parte dei Paesi del Mercosur piuttosto che da alcuni Paesi dell’Unione Europea. Ritengo che l´Unione Europea debba costruire una proposta capace di superare il problema del suo protezionismo agricolo. Del resto, è convinzione generale che un accordo senza discriminazioni potrebbe aprire delle prospettive economiche notevoli, oltre a riavvicinare due aree del mondo fortemente legate da vincoli storici e culturali. Va tuttavia,  riconosciuto, che il nuovo Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, l’italiana Federica Mogherini, ha mostrato un forte interesse a portare a termine questo ambizioso obiettivo. Probabilmente quando l’Europa uscirà dalla crisi tutto diventerà più facile.

 

Per concludere, una riflessione sui problemi italiani. Notoriamente l’Argentina è stato un Paese che ha saputo accogliere milioni di immigranti, tra cui molti italiani. Secondo lei c’è qualcosa che l’Europa e, in particolare, l’Italia, potrebbero imparare dall’esperienza argentina?

 

E’ molto difficile dare dei consigli anche perché le situazioni sono sempre molto diverse, sia per quanto riguarda le realtà locali che in merito ai periodi storici. L’Argentina, come il Brasile, dispone di territori immensi. Inoltre, l’immigrazione avvenuta nel dopo guerra  era caratterizzata da una forte predominanza europea ed eravamo, come Paese, in una fase di sostanziale sviluppo. Quello che posso dire è  che nel suo complesso il processo d’integrazione da noi ha funzionato molto bene. Oggi ci sono, ad esempio, milioni di italiani o cittadini di origine italiana perfettamente inseriti a tutti i livelli nella società argentina. Più che dare consigli mi sento di formulare due riflessioni.

 

La prima è che facilitare l’integrazione significa dare diritti e anche creare ricchezza, puntando su un capitale umano che in prospettiva può dare molto. In Argentina i figli di immigranti diventano automaticamente argentini al momento della nascita. Ciò per dire che la tolleranza è cosa ben diversa dall’integrazione.   La seconda riflessione, è che il problema dell’immigrazione di massa è un problema globale che riguarda tutti i Continenti. Nessun Stato può risolvere il problema da solo. Occorre un impegno mondiale che da una parte cerchi di ridurre sensibilmente i numerosi conflitti in corso e dall’altro induca tutti i Governi a garantire almeno le condizioni essenziali di sopravvivenza, riducendo notevolmente il desiderio di espatriare.

 

Nota: l’intervista è  stata realizzata a Roma il 15 giugno 2015 insieme a un video (vedere  http://youtu.be/pevMlRbCKMQ )

 Carlos Cherniak