Antonio Diomede, Presidente della REA (piccole e medie radio e televisioni europee associate), da diversi anni è impegnato nella tutela della legalità nell’emittenza locale.  Recentemente ha presentato alla stampa i contenuti principali di un Dossier sull’emittenza televisiva locale che verrà consegnato al Procuratore Generale Giuseppe Pignatone riguardante una serie di storture e abusi commessi in questo settore. Nel corso dell’incontro con i giornalisti Diomede ha parlato anche del pericolo della creazione di un monopolio informativo a livello mondiale. Ed è proprio su questo aspetto che Punto Continenti ha voluto porre al Presidente della REA alcune domande specifiche.  

 

Secondo lei esiste un reale pericolo che si venga a costituire a livello mondiale un monopolio dell’informazione?

 

Un monopolio in senso stretto no, ma è possibile che si costituisca  una centrale oligarchica della comunicazione globale come diretta conseguenza dell’accentramento dei mezzi di comunicazione in poche mani. E’ scontato che chi comanderà il mondo del domani non tanto lontano, parliamo massimo del 2050, saranno coloro che avranno nelle mani le reti di comunicazione. L’operazione è partita dall’Italia nel 1993 con la legge Mammì che assegnò tre reti televisive nazionali a un unico soggetto privato precostituendo così un duopolio del potere mediatico contro lo storico monopolio della RAI.

 

Il passo successivo, quello del potere mediatico oligarchico, in forma ancora embrionale, lo si è visto con il passaggio al digitale nel 2010 che vide assegnare alle reti private nazionali 15 canali televisivi, di cui sei a Mediaset, cinque a La7 e quattro a reti nazionali minori con la parallela distruzione della fastidiosa emittenza locale. L’Europa ha fatto suo questo progetto “made in Italy” esportandolo nei Paesi della comunità anche su suggerimento dell’ITU (International Telecommunication Union),  particolarmente interessata a pianificare a livello mondiale le frequenze radioelettriche ai fini del controllo totale dei mezzi di comunicazione da parte delle società telefoniche. Infatti è dal 2010 che si assiste alla campagna acquisti delle frequenze televisive da parte delle Telecoms con l’apparente motivazione dello sviluppo della telefonia mobile LTE ma che in realtà rappresenta il cammino verso il controllo totale dei mezzi di diffusione (frequenze e impianti) per una possibile gestione centralizzata dell’ informazione mondiale. Dunque dobbiamo aspettarci un diverso modello di democrazia che non sarà più pluralista e territoriale ma, come ho già accennato, oligarchica e vigilata.

 

Quando è iniziata questa operazione e in quanto tempo si potrebbe verificare questa sciagura e chi farebbe parte di questo super potere?

 

Il progetto ebbe inizio a Ginevra il 1992 in occasione della riforma dell’ITU dove le società telefoniche hanno avuto buon gioco nel determinare l’assetto delle frequenze a livello mondiale. Ora si procede a passi di dieci/dodici anni. Infatti , dopo il 1992, la successiva Conferenza mondiale sulle telecomunicazioni di Ginevra 2006 determinò la brillante idea (si fa per dire) dei telefonici e dei maggiori broadcaster televisivi di parcellizzare l’attività di diffusione e produzione televisiva in modo da separare le due attività: quella di operatore di rete (proprietario della rete) e quella di fornitore di contenuti (colui che provvede a realizzare la programmazione). Dietro questa distinzione, apparentemente anche più razionale, si potrebbe  nascondere la pericolosità dell’operazione di “accentramento dei mezzi di comunicazione”, che gran parte dei Governi, data la crisi economica vedono di buon occhio, sottraendo frequenze alle libere voci territoriali per venderle alle ricchissime Telecoms. Ufficialmente a muoversi sono le Telecoms, ma quali poteri superiori si possano nascondere è difficile da dirsi, ma facile da immaginare. La finanza mondiale sicuramente c’è…..

 

Cosa intende esattamente quando afferma che quello che oggi Rai e Mediaset stanno facendo alle piccole e medie emitenti locali domani sarà fatto loro dai grandi gruppi dell’informazione mondiale?

 

Il prossimo step sarà la Conferenza di Ginevra che si svolgerà a Novembre 2015, dove già si preannuncia che altre preziose frequenze televisive  verranno assegnate alle Telecoms e sono quelle della banda 700 che comprende i canali dal 49 al 60. Si è anche accennato che nella già prevista Conferenza del 2030, le Telecoms vorrebbero condividere anche le frequenze ora occupate da Mediaset, RAI e La7. A quel punto, se ciò si verificherà, avremo la prova provata che l’accentramento dei mezzi di comunicazione mondiale si è realizzato anche per l’accelerata spinta che si sta dando alla fibra ottica e alla comunicazione satellitare già in gran parte in possesso delle Telecoms mondiali. In questo processo bisogna distinguere il destino di RAI da quello di Mediaset che è perfettamente integrata nell’operazione con la sua holding Fininvest. Il problema salvezza vale per la RAI così come vale oggi vale le emittenti locali. Tutto dipende dalla volontà della politica e del  Governo di turno che si troverà ad affrontare il problema se far cessare definitivamente il servizio pubblico vendendo le sue reti alle Telecoms o mostrare i denti per difendere ciò che rimane dei diritti costituzionali.

 

Come vede nel suo complesso l’attuale sistema informativo italiano, sia televisivo che della carta stampata?

 

Parlare di sistema informativo italiano significa parlare di spartizione del potere mediatico stratificato su diversi livelli. Il primo livello è quello delle televisioni e dei giornali nazionali controllato dai poteri forti dello Stato (Partiti e Finanza innanzi tutto). Il livello intermedio, testate interregionali, per via del processo di accentramento di cui ho già parlato, sono in completa crisi esistenziale, in quanto nel panorama mediatico non sono né carne né pesce. Cioè non hanno possibilità di crescere per elevarsi a testate nazionali e non riescono a identificarsi in uno specifico territorio. Le testate più piccole, quelle più tipicamente locali, essendo radicate sul territorio hanno ruolo importante d’informazione, ma le stanno ammazzando proprio per questo. Sono difficilmente controllabili dai poteri forti e rappresentano una variabile indipendente rispetto a qualsiasi tentazione autoritaria.

 

 Antonio Diomede