Alberta Bellussi

Il Comune di Vazzola, in provincia di Treviso,  è stato colpito recentemente da un violento nubifragio. Risultato: strade, campi e case allagate; alberi e vigneti caduti. Si tratta di un problema che ormai avviene con una certa regolarità in diverse località italiane ed estere. Ad ogni modo nell’estate 2016, ma anche nelle precedenti, il Veneto è stato  visitato, in lungo e in largo, da questo fenomeno e purtroppo ne riporta le ferite e i danni (Motta, Conegliano, ecc . ecc.). Parliamo, in sostanza, un fenomeno e che spesso colpisce una zona ristretta con una violenza e impeto tale da dover proclamare in diversi casi lo stato di calamità naturale. Tutto ciò impone, a questo punto, una riflessione più approfondita sulla cosiddetta bomba d’acqua: una definizione che nei vari mass media e social network viene associata a immagini di allagamenti e disastri.  Ma da dove viene questa espressione poco scientifica  ma molto rappresentativa?

“Bomba d’acqua” è, in realtà, un termine giornalistico coniato dai mass media italiani come libera traduzione dell’inglese cloudburst (letteralmente “esplosione di nuvola”). La bomba d’acqua è un violento acquazzone che, in tempi molto brevi, apporta un’ingente precipitazione che può causare allagamenti; si chiama così quando la quantità di pioggia caduta supera i 30 millimetri all’ora, o (secondo altri climatologi) quando le precipitazioni superano i 50 millimetri nell’arco di due ore. La Meteorologia italiana non prevede questo termine, e per definire questo fenomeno usa nubifragio, temporali violenti o  alluvione lampo se la conseguenza delle piogge ha causato lo straripamento di corsi d’acqua.

Come si formano le bombe d’acqua?

Notoriamente le nuvole si formano per la differenza di temperatura tra il suolo e il cielo. L’aria calda presente a livello del mare tende a salire e a condensarsi man mano che salendo trova aria più fredda. Condensandosi forma le nubi che poi , come sappiamo possono degenerare in pioggia e temporali. E’ evidente che maggiore è la differenza di temperatura tra l’aria al livello del mare e quella in quota maggiore sarà l’energia che si dissiperà al momento in cui la nuvola sarà satura di acqua.

Normalmente i temporali sono sempre fenomeni abbastanza isolati ma se l’energia da dissipare è troppa se ne può formare anche più di uno in una stessa zona e quindi possiamo arrivare a 200 millimetri di pioggia in poche ore . Senza dubbio i nubifragi sono aumentati, e la colpa è, ancora una volta, del riscaldamento globale (e in ultima analisi, anche nostra). Dagli anni ’70 ad oggi la temperatura dei mari è salita di quasi un grado, a causa del riscaldamento globale. Per una caratteristica fisica detta  volano termico i mari trattengono il calore del sole più a lungo rispetto alla terra. Acqua più calda significa maggiore umidità, e maggiore differenza di temperatura tra l’aria che sale dal mare e quella incontrata in atmosfera. Le nubi si fanno più gonfie di pioggia ed è più facile che rovescino tutto il loro carico in una sola tornata..

Quando questi fenomeni si manifestano su aree piuttosto ristrette ecco che abbiamo le famose bombe d’acqua. Nel veneto le montagne, irraggiate dal sole, tendono a scaldarsi di più delle pianure e quindi tendono a creare correnti  ascensionali di aria più calda che a contatto con l’aria più fredda in quota tendono a creare formazioni nuvolose più grandi. Quando poi le montagne sono vicine al mare questo fenomeno tende a prendere consistenza. E’ per questo che le Bombe d’acqua si creano maggiormente in zone che hanno un’orografia di questo tipo .

Nel linguaggio colloquiale viene facile usare il termine bomba d’acqua perché rimanda all’immagine devastata che questo fenomeno lascia sul territorio quasi come ciò che accade dopo lo scoppio di una bomba. La grande quantità di acqua piovana, che scende in poco tempo, non riesce a defluire attraverso la rete fognaria, in primo luogo, e spesso nemmeno in quella  fluviale creando notevoli danni alla natura ed alle costruzioni dell’uomo. A questo va aggiunto come la crisi economica e finanziaria abbia portato al taglio dei costi di manutenzione delle strutture e infrastrutture con conseguente abbandono e degrado delle stesse.

Cosa accadrà in futuro?  L’uomo saprà far fronte a queste nuove espressioni naturali?

Anche se i rovesci temporaleschi si possono in qualche modo prevedere con l’analisi metereologica,  la quantità di pioggia che scaricheranno è, in un certo senso, imprevedibile da un lato.  Dall’altro le programmazioni urbanistiche, i piani regolatori, i piani di assetto territoriale, e chi più ne ha più ne metta, dovranno sicuramente tener conto di questo grande cambiamento climatico che è in atto per poter arginare e affrontare le sue conseguenze.