Foto: nel riquadro Enea Franza 

 

Fa molto bene Enea Franza, Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche di UniPace (Delegazione di Roma) a ricordare che il problema della fame è anche un problema italiano. Nel mondo si calcola che complessivamente ci sono circa 800 milioni le persone che non usufruiscono di una sana alimentazione. Il Movimento Tutela Sociale (un movimento d’opinione interazione che sostiene il rafforzamento dello Stato Sociale in tutto il mondo) ha spesso affrontato il problema alimentare e dello spreco alimentare. Il Diritto a nutrirsi rappresenta, infatti, uno dei cosiddetti 7 Diritti Capitali, insieme al diritto a una fonte di sostentamento, ad avere un tetto, a curarsi, istruirsi, avere un’assistenza legale umanitaria e a ricevere e dare una corretta informazione. L’istituzione del ‘Reddito alimentare’ costituisce certamente un passo nella giusta direzione. Tuttavia, come rileva anche Franza, si tratta di un passo provvisorio e straordinario. La FAO si è posto l’obiettivo Fame Zero entro il 2030. Ogni nostro Governo, non solo quello italiano, si deve porre l’obiettivo di garantire a tutti i cittadini le condizioni minime per una vita dignitosa. Per chi fosse interessato a questi argomenti invitiamo a iscriversi e a far iscrivere gli amici sensibili alle tematiche sociali alla Pagina Facebook ‘Movimento Tutela Sociale’.  (Rainero Schembri, Coordinatore MTS)

 

La questione della fame riguarda anche il nostro Paese e si accompagna all’assurdo di un enorme spreco di risorse alimentari. Le cifre danno lo spessore della tragedia. Nel 2020 sono 2,7 milioni le persone in Italia a rischio fame e, al contrario, 220mila le tonnellate di generi alimentari buttati via ogni anno dai soli supermercati domestici. A tali considerazioni va aggiunto, peraltro, che secondo i dati raccolti dal Waste Watcher International Observatory, gli sprechi alimentari sono responsabili del 6% delle emissioni di gas serra e della dispersione di 253 Kmdi acqua potabile (solo in agricoltura). Mentre, come spiega la Fao,  1.4 milioni di ettari di terreno coltivabile viene utilizzato per produrre cibo che non verrà mai mangiato (ovvero il 28% della superficie terrestre destinata all’agricoltura). Come si può costatare una tragedia a tutto campo. Ma è’ possibile intervenire in modo fattivo perché il cibo prodotto serva a sfamare e non finisca nelle discariche?

 

In effetti un sistema c’è e ha trovato anche una prima sistemazione normativa, ma ha carattere straordinario e saltuario ed è costituito dal reddito alimentare. Bene, similmente al Reddito di cittadinanza, il reddito alimentare viene previsto a tutte quelle persone in possesso dei requisiti necessari per ottenerlo (ISEE inferiore a 15mila euro annui, patrimonio immobiliare inferiore ai 30mila euro). Come detto si tratta di un aiuto straordinario introdotto dal Governo per far fronte al periodo di emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del coronavirus (COVID-19) e sostenere economicamente i cittadini. I buoni spesa vengono erogati direttamente dai Comuni italiani. Il Decreto Sostegni bis ha rinnovato la misura, quindi saranno erogati nuovi aiuti.

 

Tuttavia, a differenza degli altri strumenti di sussidio, il reddito alimentare non prevede però l’erogazione mensile di denaro sul conto o sulla carta del beneficiario, bensì un diritto ad ottenere generi alimentari, per un ammontare che equivale ad una cifra compresa tra 400 e 600 euro mensili, ottenibili presso i supermercati aderenti all’iniziativa reddito alimentare lanciata sul piano nazionale. L’iniziativa parte dalla considerazione, appunto, che ogni supermercato (purtroppo) getta via generi alimentari. Con una buona programmazione dunque, si possono stimare le eccedenze che non verranno vendute e che, purtroppo, si dovranno buttare. La percentuale prevista di eccedenze, calcolabile dal singolo supermercato, è la quota a cui i beneficiari del Reddito alimentare possono accedere.

 

Nella sostanza al beneficiario del Reddito alimentare, per accedere a quei generi alimentari, basterà andare al supermercato più vicino aderente all’iniziativa e, attraverso un’appappositamente dedicata (o più semplicemente rivolgendosi al personale), saprà quali categorie di generi alimentari potrà ricevere in dono. Fatta dunque la spesa, il beneficiario potrà “pagare” alla cassa con carta non identificabile messa a disposizione dallo Stato grazie ad accordi con i maggiori istituti di credito (Poste italiane, Unicredit ecc.). Attraverso questo sistema, che si basa come detto su un valore equivalente erogato mensilmente, si porta la domanda direttamente nei centri che producono l’offerta, ed evitando di mettere “etichette” di sorta ai beneficiari.

 

Tra i supermercati che accettano tali “buoni spesa” ci sono, generalmente, Conad, Coop, Carrefour, Esselunga, Eurospin, Simply. Per essi sono garantiti una serie di benefici fiscaliste che consentono ai donatori di risparmiare. Ma ricordiamolo, l’iniziativa, per assicurare che i supermercati offrano i loro prodotti in maniera regolare e costante, necessita una forte capacità logistica e, questa costa e spesso non copre i pur previsti benefici fiscali. Forse qui una coerente e sostanziosa iniziative magari finanziata con il sistema del crowfunding potrebbe essere di effettivo supporto.

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Videoclip per una Nuova Era Sociale