Foto: Palazzo dell’ONU a N.York) – Non v’è dubbio che l’Ucraina ha ottenuto una schiacciante vittoria all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in occasione della votazione sulla risoluzione di condanna della Russia. 141 Paesi, infatti, hanno votato a favore, 34 si sono astenuti, 13 non hanno votato mentre solo 5 si sono opposti alla condanna, cioè:  Bielorussia, Corea del Nord, Siria, Eritrea e, ovviamente, la Russia.  

A questo punto la REA (Radiotelevisioni Europee Associate) ha ritenuto opportuno indagare sulle motivazioni che hanno orientato le varie scelte.  Di seguito riportiamo i commenti di Rainero Schembri, direttore di REA International, andati in onda nell’ambito del circuito delle 100 radio REA in collaborazione con Radio Incontro di Terni. Ma ecco le motivazioni dei quattro Paese solidali con la Russia.

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BIELORUSSIA

Come abbiamo annunciato, Rea International intende esaminare le motivazioni che hanno comportato le diverse scelte di votare contro o a favore, di astenersi o semplicemente di non votare

la risoluzione di condanna della Russia da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu. 

Escludendo, per ovvii motivi, da questa analisi la stessa Russia, tra i soli cinque Paesi che si sono opposti alla condanna figurano la Bielorussia, la Corea del Nord, la Siria e l’Eritrea. Cominciamo allora dalla Bielorussia, diventata indipendente nel 1994 a seguito del crollo dell’Unione Sovietica.

Non v’è dubbio che l’attuale primo e unico Presidente Alexander Lukashenko, rappresenti oggi il più fedele alleato di Putin. Per la cronaca, si tratta dell’unico Paese delle ex repubbliche dell’Unione Sovietica che ancora ha un servizio segreto denominato KGB.

La rielezione di Lukashenko nel 2020 (non riconosciuta dall’Unione Europea per sospetti brogli elettorali) ha provocato una serie di proteste di piazza conosciute anche come la rivoluzione delle ciabatte. Nel corso, poi, degli ultimi tragici eventi in Ucraina, una parte della popolazione ha espresso tutta la sua contrarietà alla politica di totale accondiscendenza ai piani di Putin. Si parla di ben 800 arresti.

Infine, la stessa Svetlana Tikhanovskaya, candidata alle elezioni presidenziali del 2020 in opposizione proprio a Lukashenko, è arrivata a sollecitare una mobilitazione antimilitarista e a chiedere all’esercito bielorusso di non combattere.

COREA DEL NORD

Parliamo oggi della Corea del Nord, uno dei 5 Paesi che il 2 marzo all’Assemblea generale dell’ONU si è opposto alla condanna della Russia per l’invasione dell’Ucraina.  Più che un sostegno allo storico alleato russo, possiamo dire che Kim Jong-un  il vulcanico presidente e padrone della Corea del Nord, ha voluto lanciare un preciso segnale al Presidente americano Joe Biden. Ma veniamo ai fatti.

Notoriamente gli Stati Uniti sono sempre stati il maggiore nemico della Corea del Nord, soprattutto a causa del suo arsenale atomico costruito con l’aiuto dell’ex Unione Sovietica.

Eppure qualcosa ha cominciato a cambiare durante le Presidenze di Jimmy Carter, che ha visitato la Corea del Nord, e Bill Clinton  che nel 1994 ha sottoscritto il primo vero accordo tra i due Paesi in merito alla questione atomica. Nel 2018, poi,  c’è stato lo storico vertice di Singapore in cui Kim Jong-un e Donald Trump si sono incontrati per stabilire la via della denuclearizzazione della penisola.  

Purtroppo, secondo Pyongjang, l’attuale Presidente americano Joe Biden, insieme alla Corea del Sud e al Giappone,  avrebbe ripreso una politica ostile alla Corea del Nord. Risultato: il 5 e 11 gennaio i nord coreani hanno lanciato due missili balistici che hanno colpito con precisione un’isola nel Mare orientale della Corea. Inoltre, il 2 marzo 2022, in occasione della votazione all’ONU, hanno lanciato un altro missile poco diplomatico che più o meno suonava così: “americani, sappiate che siamo completamente affianco all’alleato russo e non ci provate a insistere con la politica delle sanzioni anche verso la Corea del Nord, con la richiesta di una completa de-nuclearizzazione del nostro Paese e con le esercitazioni militari congiunte con la Corea del Sud davanti ai nostri porti”.

Forse è solo un bluff del vulcanico Kim, però di bluff in bluff non si sa mai come va a finire.

SIRIA

Tra i 5 Paesi che il 2 marzo all’Assemblea generale dell’ONU si sono opposti alla condanna della Russia per l’invasione dell’Ucraina figura la Siria. Una scelta decisamente scontata. Diventata indipendente dalla Francia alla fine della seconda guerra mondiale,  la Siria ha sempre avuto una vita estremamente turbolenta.

Il 13 novembre del 1970 prese il potere il generale Hafiz Al Asad, leader dell’ala più nazionalista del partito Ba’th. Con lui la Siria divenne, tra l’altro,  una grande sostenitrice dei gruppi terroristici violentemente anti israeliani e anti americani.

Sul piano interno Asad cercò di reprimere in tutti i modi l’integralismo islamico. Nel 2000, a seguito della morte di al-Asad prese il potere suo figlio Bashar Al Asad che avviò una serie di repressioni contro i curdi del nord e contro la popolazione che chiedeva più libertà. 

Va detto, però, che nel 2014 Assad venne riconfermato Presidente nel territorio sotto il suo controllo anche se questa elezione fu sempre considerata un’autentica farsa. In ogni caso buona parte del Paese continua ancora oggi ad essere in  mano ai ribelli sostenuti dalla Turchia, ai curdi e a vari gruppi islamici.

Ed è in questo clima di repressione generalizzata che entra in scena pesantemente la Russia. Senza di essa, senza il suo aiuto nei bombardamenti, quasi sicuramente il regime autoritario di Bashar Al Asad  sarebbe caduto. A questo punto diventa ovvia la risposta alla domanda: quale altro voto se non di sostegno integrale alla Russia avrebbe mai potuto esprimere all’ONU Bashar Al Asad?

ERITREA

L’unico stato africano che all’Assemblea Generale dell’ONU ha votato contro la risoluzione di condanna alla Russia è stato l’Eritrea. Ma cosa ha spinto l’ex colonia italiana a schierarsi compatta con la Russia insieme a soli altri tre Paesi: Bielorussia, Siria e Corea del Nord?

Cominciamo col dire che l’Eritrea anche se formalmente è una Repubblica presidenziale, nella realtà è uno dei tanti Paesi governati con il pugno di ferro. L’attuale Presidente Isaias Afewerki è al potere dal 1993, cioè, da quando l’Eritrea è diventata indipendente.

Purtroppo, a partire dal 2020 il Paese si è trovato invischiato nella guerra del Tigrai, una regione ai confini tra l’Eritrea e l’Etiopia e che da diversi anni lotta per ottenere l’indipendenza

proprio dall’Etiopia. Ebbene, politicamente l’Eritrea ha deciso appoggiare lo sforzo dell’Etiopia di soffocare l’insurrezione locale.  

Il problema è che in questa operazione entrambi i Paesi, sia l’Etiopia che l’Eritrea,  si sono macchiati di atrocità gravissime a danno dei tigrini. Per Amnesty International, solo nella città santa di Aksoum, nel Tigray i soldati eritrei hanno ucciso “centinaia di civili”: un vero un massacro classificato come crimine contro l’umanità.

La conseguenza è stata che all’Eritrea vennero imposte da Stati Uniti e Unione Europa pesanti sanzioni, oltre a un serrato isolamento. Tutto ciò ha determinato per il Paese una gravissima crisi economica. Queste misure fatalmente hanno portato l’Eritrea nelle braccia della Russia, ormai vista come l’ultima ancora di salvezza. Ed ecco perché all’ONU l’Eritrea non poteva assolutamente permettersi di votare contro la condanna della Russia.