(Foto: sullo sfondo di Santiago del Cile Claudia Candiani)

Figlia di italiani, avvocata, membro della Corte d’Appello di Santiago del Cile e Vicepresidente del Comitato Dante Alighieri con sede nella capitale cilena, Claudia Candiani è decisamente una delle personalità italiane più autorevoli e conosciute nell’ambito della comunità italo-cilena. In prima fila nella tutela dei nostri connazionali all’estero, la Candiani è particolarmente impegnata a sostenere chi ha diritto a chiedere la cittadinanza italiana. Ed è proprio su questo argomento che è incentrata la nostra intervista.

Cosa l’ha spinta ad approfondire con particolare attenzione il tema della cittadinanza italiana?

La motivazione nell’approfondire il tema della cittadinanza nasce dalla profonda convinzione che ogni individuo come persona debba avere accesso a quelli che sono e rappresentano i diritti fondamentali della convivenza civile e della crescita democratica. Tra questi vi è il diritto alla cittadinanza. Il crescente fenomeno della mobilità umana, determinata dalle guerre e dalle depressioni economiche, dovrebbe obbligare gli organismi internazionali a ripensare le regole per chi lascia il proprio Paese e per tutto ciò che comporta questo trasferimento ai propri figli.

Per quanto  mi riguarda, ho visto numerosi casi in cui coloro che avevano diritto alla cittadinanza italiana non ne erano pienamente consapevoli e per questo si sono fermati di fronte alle difficoltà burocratiche che il processo comporta. Questo mi ha spinto a dedicare tempo ed energie per comprendere le leggi e le procedure riguardanti la cittadinanza italiana. Il mio studio legale fornisce un supporto competente e anche di compenetrazione con i clienti potenziali candidati ad ottenere il riconoscimento.

Alla base di questo servizio esiste la convinzione che il valore della cittadinanza è uno strumento fondamentale di inclusione e di appartenenza. L’impegno come avvocato mi porta, in ogni caso,  a privilegiare  soprattutto le situazioni più complesse come quelle legate alla linea materna dove la soluzione dei problemi si gioca praticamente nei tribunali italiani.

L’attuale legge sulla cittadinanza italiana per i nati all’estero, con alcune eccezioni per la linea materna, estende il diritto di cittadinanza a milioni di discendenti italiani nei paesi di emigrazione, secondo il principio dello ius sanguinis. Paesi come Brasile e Argentina contano un gran numero di cittadini italiani e un crescente numero di oriundi  che desiderano ottenere la cittadinanza, un fenomeno in costante aumento. Qual è la sua opinione in merito, tenendo conto anche del fatto che l’ottenimento della cittadinanza italiana include il diritto di voto?  

La mia opinione sul fenomeno soprattutto latino-americano è che ci troviamo di fronte ad una preziosa opportunità che il legislatore italiano offre  ai discendenti di italiani nati nei paesi di emigrazione: cioè, quella di riconnettersi con le proprie radici e di consolidare il legame con l’Italia. Questo fenomeno meriterebbe di essere considerato con maggiore consapevolezza in modo da produrre vantaggi reciproci tra l’ Italia e le comunità italiane all’ estero che crescono ogni volta che un italo-discendente acquista lo ’status giuridico’ di cittadino italiano. La reciprocità deve misurarsi in chiave culturale, sociale ed economica. Non dimentichiamo, infatti, che il  Made in Italy nei Paesi latino-americani trova nei connazionali i migliori alleati  alla sua affermazione.

Allo stesso tempo le nostre comunità più mature generano importanti strutture scolastiche per valorizzare l’Italia e la sua lingua all’ interno dei sistemi educativi. Il vero punto debole della questione riguarda, a mio avviso, la necessità di garantire i requisiti minimi per ottenere la cittadinanza, cioè, un’adeguata conoscenza della lingua e della cultura italiana: conoscenza che certamente non può essere limitata ai ricordi di famiglia. Altrimenti, non è possibile garantire la ‘qualità’ delle nuove cittadinanze.

Per soddisfare questa esigenza l’Italia all’estero è  ben attrezzata, sia attraverso gli Istituti di Cultura, sia dai comitati Dante Alighieri da sempre impegnati nella diffusione della lingua italiana.  Ci sono, quindi, tutte le condizioni per soddisfare l’esigenza di una maggiore qualità. Ciò deve valere non solo per le richieste di cittadinanza per matrimonio ma anche per coloro che avendo superato i 18 anni di età sono interessati ad avviare le necessarie pratiche per diventare italiani, pur non essendo iscritti al consolato.

Per quanto riguarda il diritto di voto, ritengo che sia fondamentale che i nuovi cittadini abbiano piena consapevolezza dei loro diritti e delle loro responsabilità come membri della società italiana che all’ estero si raggruppa in forma virtuale nell’ Anagrafe degli Italiani all’ Estero, l’ Aire.  In conclusione, credo che l’approccio migliore per affrontare questo fenomeno sia quello di promuovere un processo d’integrazione che vada oltre la mera acquisizione della cittadinanza, ma che includa anche un coinvolgimento attivo con la cultura e la società italiana.

Con l’aumento delle richieste di cittadinanza, gli uffici consolari sono sempre più sotto pressione. Queste richieste comportano, infatti, l’aumento delle domande di servizi consolari, nuove emissioni e rinnovi di passaporti, sempre nuovi rilasci dello stato civile, un crescente numero di titoli di studi da convalidare e nuove pratiche per restare ancorati  al sistema previdenziale italiano.  Secondo Lei, il sistema consolare italiano è in grado di reggere  questo continuo sovraccarico di lavoro?

Non v’è dubbio che l’aumento delle richieste di cittadinanza comporta un crescente e a volte pesante aggravio di lavoro per i consolati. È un fenomeno che riguarda quasi tutti i Paesi a forte emigrazione italiana, come lo confermano, ad esempio,  i miei collaboratori  in Brasile e Argentina. Ci vogliono necessariamente più mezzi e uomini.

Per quanto riguarda specificamente il consolato di Santiago, che conosco molto bene, posso testimoniare il grande impegno e la buona accoglienza accodata al pubblico dai suoi funzionari.  Si capisce che hanno molto lavoro e come questo impegno effettivamente continua ad aumentare. E’ evidente che un maggior numero d personale renderebbe più accessibili  alcuni servizi. Sappiamo, però, anche che la possibilità di arruolare gente locale non è semplice, non è come integrare l’organico con personale mandato da Roma. In ogni caso, le nuove tecnologie possono sicuramente dare una mano notevole a ridurre i tempi delle pratiche.  

Il sistema del Prenotami andrebbe, ad esempio,  rivisto e messo in condizione a chi richiede un servizio consolare di poter avere un appuntamento subito anche se lontano nel tempo.  Non ha senso, infatti, essere costretti a provare in continuazione, a volte per mesi, per avere un appuntamento preciso, con giorno e ora. È qui che bisogna intervenire urgentemente e studiare forme più agili per concordare appuntamenti.

Detto ciò, è anche vero che molti dei nostri connazionali hanno la brutta abitudine di rivolgersi all’ultimo momento ai consolato per pratiche urgenti.  Questo vale soprattutto per il rinnovo del passaporto che spesso viene chiesto nell’imminenza di un viaggio. Certo, rimane sempre un diritto, ma non lo si può esigere quando il documento è scaduto da molto tempo.


Videoclip del ‘Movimento Tutela Sociale’ vincitore del Premio ‘Musica per il sociale’ promosso dalle Radio e Televisioni della REA)