(Foto: nei riquadri Alessandro Maggi e Gregorio Alvarez, ultimo dittatore soprannominato Goyo). –

Dal 1973 al 1985 l’Uruguay è stato vittima di una feroce dittatura. Purtroppo, di questo buio periodo della storia dell’America Latina, la realtà uruguaiana è molto meno conosciuta rispetto a ciò che è avvenuto, ad esempio, in Cile, Argentina e Brasile. Eppure, i sistemi impiegati dai militari con gli oppositori (tortura, esilio, sparizioni, uccisioni) sono stati gli stessi. Con un prigioniero politico per 450 abitanti , vale a dire circa “6.000 detenuti” – alcune Ong parlano di 15.000 detenuti, di cui almeno 67 bambini, in un paese di meno di 3 milioni di abitanti – l’ Uruguay ha vissuto in quella che fu la  ” guerra sporca ” nel continente, una delle peggiori repressioni politiche del mondo. 

 In questo oblio ha giocato probabilmente il fattore dimensione del Paese: l’Uruguay è certamente la vittima più piccola di questa tragedia. Ma questo non giustifica un eventuale disinteressamento per una realtà che ha portato all’estremo sacrificio anche molti italo-uruguaiani. Nell’articolo che segue, Alessandro Maggi, direttore del programma radiofonico Italia per Tutti di Colonia del Sacramento in Uruguay, spiega molto bene cosa è successo durante quei terribili anni e cosa oggi si aspettano gli uruguaiani e gli italo-uruguaiani. (Rainero Schembri, REA International e Coordinatore del Movimento Internazionale Tutela Sociale).

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Riflessione di Alessandro Maggi

Lo scorso 27 giugno si è celebrato in Uruguay il 50° anniversario del colpo di stato militare che ha schiacciato per 12 anni questo Paese latinoamericano. Si sono svolte decine di manifestazioni a favore della Verità, della Giustizia e del movimento Mai Più Terrorismo di Stato. Inoltre, è stato ricordato l’eroico sciopero generale con occupazione delle fabbriche e l’attività di resistenza della centrale unica dei lavoratori. Il tutto si è svolto dal 26 al 27 giugno, con l’inaugurazione di un memoriale dedicato a tutte le donne vittime della tortura e della prigionia politica, a pochi metri dell’emblematico palazzo legislativo di Montevideo.

Il nostro programma radiofonico Italia per Tutti ha seguito e trattato con estrema sensibilità il tema della difesa dei diritti umani, in questa storica giornata.

È fondamentale che le nuove generazioni sappiano la verità e i motivi dei fatti accaduti per far sì che non si ripeta mai più il terrorismo di Stato. Molte volte i detentori del potere hanno cercato di imporre un falso resoconto dei fatti con libri e false dichiarazioni, come la denominata Teoria dei due demoni, che afferma che i militari sono venuti per pacificare e combattere la guerriglia, quando in realtà il colpo di Stato è avvenuto quando il movimento guerrigliero già era disarticolato e i suoi aderenti incarcerati.

Questa lotta oggi è ancor più necessaria in Uruguay poiché c’è un nuovo partito in parlamento, di carattere militare, negazionista e revisionista, che fa parte della coalizione di destra che governa il Paese, che sostiene e giustifica apertamente i promotori di quei terribili eventi e i terroristi di Stato, che hanno imposto con la paura e le armi un regime antidemocratico che ha fatto soffrire l’intera società uruguaiana.

Pertanto, il ricordo, la memoria e il desiderio di avere giustizia rimangono l’unico modo per preservare la democrazia. Così  lo hanno fatto cinquant’anni fa gli studenti, i lavoratori e gli intellettuali , che hanno resistito al golpe militare subendo la tortura, il carcere, l’esilio e, in molti casi, anche la cosa più sacra… La vita.

Ricordiamo che nel 1999 alcuni parenti dei desaparecidos di origine italiana denunciarono i fatti davanti al Tribunale italiano, il quale stabilì in secondo grado l’ergastolo a diversi militari uruguaiani, argentini, cileni, peruviani e boliviani. In tutti questi anni si è cercato di conoscere la sorte di una ventina di italo-latinoamericani scomparsi durante l’Operazione Condor, il piano di repressione coordinato dalle dittature latinoamericane tra gli anni ’60 e ’70. Tra questi figurano l’argentino Luis Stamponi, l’ex prete cileno Omar Venturelli, il tupamaro uruguaiano Alvaro Banfi, il sindacalista Gerardo Gatti o l’argentina Marta Landi.

Ci sarà pace e riconciliazione solo quando tutta la società saprà cosa è successo e dove sono tutti corpi dei desaparecidi (più di 120 solo in Uruguay) e si faccia giustizia con i responsabili.

Solo così si potrà chiudere per sempre un capitolo penoso della storia di questo piccolo Paese latinoamericano.

Con i fatti e non con le foto di ex presidenti della Repubblica che si abbracciano il 27 giugno. Da queste persone aspettiamo azioni più coerenti rispetto a quello che affermano. Per gli altri, lasciamo alla storia il compito di giudicarli.

Alessandro Maggi

Italia per Tutti – Colonia del Sacramento, Uruguay


Videoclip del ‘Movimento Tutela Sociale’ vincitore del Premio ‘Musica per il sociale’ promosso dalle Radio e Televisioni della REA (con sotto intitolazione in spagnolo)