(Foto: Rosalia Martinez; nel riquadro il Presidente del Messico Manuel Lopez Obrador)

Per molti imprenditori italiani interessati al mercato messicano Rosalia Martinez Islas rappresenta un preciso punto di riferimento. Da molti anni, infatti, si occupa di relazioni internazionali del Mesico, con una particolare attenzione all’Italia. Laureata in economia e commercio all’Università Tecnologica del Messico, la Martinez ha promosso la nascita di numerosi consorzi all’esportazione, soprattutto nel settore agroindustriale. Inoltre, ha fondato la Pyme (con sede nella capitale e nel Chiapas) che offre ogni tipo di assistenza alle piccole e medie imprese: dalle esportazioni alla commercializzazione dei prodotti, all’elaborazione di strategie, di consulenze logistiche, di promozione internazionale, di attività contrattualistica, di ricerca di partners, di assicurazioni, ecc.

Nel corso degli anni la Martinez ha collaborato come docente nelle più importanti Università del Messico, nonché con diversi organismi internazionali, tra cui l’Unido, la UE, la Presidenza della Repubblica del Messico e quella dell’Honduras,  il Banco Comercio Exterior del Messico, la Confederazione delle Camere di Commercio messicane. Per quanto riguarda specificamente l’Italia, ha avviato alcune interessanti iniziative con la Federexport Piemonte, Le Camere di Commercio di Torino e il Gruppo IRI.  Ma oltre a parlare delle prospettive economiche e del ruolo del Messico nel contesto internazionale, in questa intervista la Rosalia Martinez si sofferma anche sul grande cambiamento politico avvenuto nel 2018 in Messico con l’elezione del Presidente di sinistra Manuel Lopez Obrador: una nomina che ha  rappresentato un’autentica rottura con la recente storia politica del Paese.

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Punto Continenti, in collaborazione con la sede romana dell’Università Internazionale per la Pace (creata dalla Nazioni Unite nel 1980, con sede principale in Costa Rica) e la REA, Radiotelevisioni Europee Associate, sta eseguendo una serie di indagini e interviste sul ruolo dell’America Latina nella nuova geopolitica mondiale.   Per la realizzazione e diffusione di questa indagine Punto Continente s’avvale della collaborazione di esperti di organizzazioni come lIILA (l’Organizzazione Internazionale Italo Latino Americana)Mediatrends America Europa (gestito dal giornalista Roberto Montoya che organizza incontri internazionali di alto livello); il Movimento Tutela Sociale (un Movimento d’opinione internazionale – vedere la pagina Facebook  https://www.facebook.com/groups/508452549970758/); nonché programmi giornalistici, radiofonici e televisivi come Sentir Latino, diretto dal giornalista Luis Flores, che va in onda in Italia (su Radio Mambo e presto su One Tv) e in America Latina. Ma ecco l’intervista.

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Dott.ssa Martinez, per cominciare, ci  può descrivere chi è il Presidente Manuel Lopez Obrador, sia sul piano umano, sia su quello politico?

Intanto cominciamo col dire che è un uomo venuto dal popolo senza legami con alcuna casta politica. Obrador è nato in una famiglia di piccoli commercianti nel villaggio Macuspana nello stato meridionale di Tabasco. Entrato da giovane nel Partito Rivoluzionario Istituzionale si è subito distinto per il suo impegno nel sociale e nella  tutela ambientale, combattendo, ad esempio, la compagnia petrolifera Pemex, ritenuta responsabile di diversi danni ambientali. Dotato di un indubbio carisma ha cercato di democratizzare il PRI. A un certo punto, rendendosi conto che si trattava di una missione impossibile, è entrato nel Partito della Rivoluzione democratica. A seguito di una folgorante carriera basata anche sull’esperienza maturata come sindaco di Città del Messico, nel 2006 e 2012 per un soffio non è riuscito a diventare Presidente della Repubblica.

Nel 2014 Obrador ha fondato il partito Morena,  ovvero il Movimento di Rigenerazione Nazionale: con questo piccolo partito è riuscito quattro anni dopo a diventare Presidente della Repubblica, con il 53,19% dei voti. Da quel momento in Messico sono avvenuti diversi cambiamenti radicali. Ad esempio, è stato attivato un Programma di Welfare  per gli anziani che vivono in comunità indigene fortemente emarginate, programmi pensionistici per il benessere delle persone con disabilità, programmi di riattivazione della produzione agricola e forestale, sussidi per le vittime dei terremoti del 2017, iniziative per il miglioramento urbano, per la consegna diretta delle risorse alla popolazione (in modo da far scomparire gli intermediari), di programmi per lo sviluppo delle piccole e medie industrie. Ma ci sono state anche diverse altre iniziative di rilievo.

Tipo?

Sin dal primo giorno il Presidente ha cercato di pacificare la Nazione e di combattere i più gravi mali endemici dello Stato, come la corruzione e le disuguaglianze sociali. Si è, quindi, dedicato con grande impegno a rafforzare lo Stato Sociale riformando, ad esempio, la legge generale sulla salute per garantire un’assistenza medica abbinata alla distribuzione di medicine gratuite. È stata anche avviata una riforma dell’istruzione; introdotti disposizioni finalizzate a garantire maggiormente la parità di genere negli uffici pubblici; migliorate le condizioni delle Comunità rurali; contrastata l’evasione fiscale, la corruzione a tutti i livelli  e il furto di carburante.  In pratica è stata abbandonata la politica neoliberista che per troppi anni aveva causato gravi danni sul piano economico e sociale.

       Molto più complesso e difficile da raggiungere è obiettivamente l’impegno a sconfiggere il narcotraffico. In un primo momento il Presidente aveva pensato di eliminare soprattutto le cause sociali della criminalità e degli alti livelli di corruzione e impunità.  Purtroppo, come c’era d’aspettarsi, la politica degli “abbracci, non proiettili”, si è rivelata inefficace, tanto è vero che già nel 2019 è stata creata la Guardia Nacional che ha ottenuto alcuni successi.Sul piano economico, invece, va rilevato che il Governo nonostante persegua una politica di crescita sostenibile, è stato costretto, per superare alcune gravi difficoltà interne e internazionali, a puntare molto sul rilancio della compagnia petrolifera Pemex e del settore degli idrocarburi in generale allo scopo di ridurre le importazioni di benzina. Del resto il Messico è un grande produttore ed esportatore di petrolio e di gas naturale.   

       Eppure, molti politici e opinion leaders messicani accusano Obrador di demagogia. Lei cosa ne pensa?

       È ovvio che ci siano dei contestatori. Innanzitutto, perché è abitudine in America Latina considerare demagogo, populista o comunista, chiunque solo cerchi di diminuire le ingiustizie sociali e avviare una maggiore redistribuzione delle ricchezze. Dopodiché, la politica di contrasto alla corruzione e ai privilegi ha colpito un po’ tutti i settori della burocrazia, con drastici tagli dei salari degli alti funzionari che in Messico erano tra i più elevati del mondo. Sono stati poi congelati diversi conti bancari legati a presunte attività illecite e colpiti grandi manager,  notissimi imprenditori e politici collusi con i poteri criminali. È chiaro che per tutti coloro Obrador è solo un grande demagogo.

Detto ciò, il Presidente è sicuramente un uomo di sinistra. Ma a me, come operatrice economica mi interessa poco. Mi interessa molto, invece, che abbia avviato importanti provvedimenti a sostegno delle piccole e medie imprese e dell’imprenditoria femminile,  come, ad esempio, l’erogazione di microcrediti sulla parola: una scelta che ha aiutato molte famiglie in grande difficoltà. Lo stesso si può dire per quanto la salute, l’istruzione, l’educazione, l’alimentazione, l’incremento del salario minimo, ecc. Ovviamente rimane ancora moltissimo da fare. Ad esempio, sul fronte del lavoro sommerso, dell’outsourcing abusivo e della disoccupazione che rimane sempre molto elevata a causa anche della pandemia. È vero, comunque, che ultimamente c’è stato un certo calo di consenso per il Presidente, ma lo considero un fatto quasi fisiologico. In ogni caso, nel corso delle elezioni Mid Term nel giugno del 2022, la coalizione del Presidente Obrador ha ottenuto la maggioranza alla Camera dei deputati, anche se non la maggioranza dei due terzi necessaria per poter approvare alcune auspicate grandi riforme strutturali.

       Tra gli attuali contestatori del Presidente figurano, però, anche le donne e i movimenti femministi. Del resto, è nota la violenza esercita sulle donne in Messico. Basti ricordare che la città di Juarez viene considerata la capitale mondiale per donne rapite, stuprate, mutilate o uccise. Per molte femministe messicane anche Obrador è tipico un maschilista.

       Confesso che la cosa mi fa un po’ sorridere.Io sono una donna e so molto bene quanto sia difficile per una donna riuscire ad affermarsi non solo in Messico ma in tutto il mondo. Che poi l’America Latina sia tendenzialmente un’area molto maschilista non vi sono dubbi. È un fatto storico. Tuttavia, accusare Obrador di maschilismo mi sembra un’esagerazione e forse anche un po’ strumentale. A questo proposito il Presidente una volta ebbe modo di dichiarare pubblicamente: “Sono umanista, non sono contro il femminismo. Sono contro la corruzione, la manipolazione, l’autoritarismo e l’ipocrisia. Ora i conservatori sono femministi? È il colmo”. Detto ciò, nessuno può negare che la media dei femminicidi in Messico sia elevatissima: alcune statistiche parlano addirittura di dieci donne uccise al giorno. Purtroppo, questa tragedia è collegata anche all’attività delle grandi organizzazioni criminali che si sono consolidati negli ultimi ottant’anni. Si tratta di una situazione decisamente inaccettabile, ma anche su questo fronte in quattro anni sono state intraprese delle misure di contrasto che, purtroppo, solo in parte sono riuscite a mitigare quest’autentica tragedia.

Altre contestazioni riguardano la scelta del Governo di attivare un treno ad alta velocità che attraverserà la penisola dello Yucatan, passando vicino a importanti siti archeologici maya e altre zone protette.

       Intanto vorrei ricordare cheall’atto dell’insediamento del Presidente ben 68 gruppi indigeni hanno consegnato simbolicamente a Obrador il cosiddetto testimone, un atto senza precedenti nei rapporti tra le autorità native e la Presidenza della Repubblica. Per quanto riguarda il treno Maya, si tratta indubbiamente di un’opera pubblica estremamente ambiziosa. Parliamo di una ferrovia di 1.525 chilometri che dovrebbe essere ultimata entro il 2023. Il treno ad alta velocità trasporterà merci e passeggeri, faciliterà gli spostamenti degli abitanti della Regione e incrementerà significativamente il turismo. Secondo i piani del Governo dovrebbe attirare tre milioni di stranieri. In ogni caso contribuirà in maniera incisiva allo sviluppo socioeconomico di tutto il sudest del Paese, dimenticato per quasi un secolo. Come sempre succede in questi casi, c’è anche il rovescio della medaglia. C’è chi teme per le possibili conseguenze sul piano ambientale, del disboscamento, dell’infiltrazione della criminalità organizzata, della preservazione dei beni archeologici, ecc. Io capisco tutte queste preoccupazioni. Però arriva un momento in cui bisogna fare una scelta, anche dal punto di vista dello sviluppo sociale. Tutti noi speriamo che questa grande opera possa essere realizzata con il minor danno ambientale possibile.

       Cambiamo argomento. Come si colloca oggi il Messico nella nuova geopolitica?

Per quanto riguarda la politica estera, López Obrador è sempre stato del parere che una buona politica estera richiede necessariamente una buona politica interna: una politica riconosciuta a livello internazionale. Il Presidente ha sempre mantenuto una posizione moderata e di moltissimo rispetto per la sovranità di tutti i governi, come lo impone del resto la Costituzione e la tradizione messicana.  In questo quadro s’inserisce anche il riconoscimento del governo di Nicolas Maduro in Venezuela e l’asilo concesso al Presidente boliviano Evo Morales a seguito del colpo di Stato: due scelte molto contestate da una certa parte politica ma che, a mio avviso, sono coerenti con le impostazioni generali di Obrador e della sua politica estera. Il fatto, poi, che il Messico confini con gli Stati Uniti ci obbliga a confrontarci e a trovare sempre con questo grande Paese una soluzione pacifica e il più possibile soddisfacente per tutti.  

Ecco, ci parli un po’ dei rapporti con gli Stati Uniti.

Non v’è dubbio che inizialmente con la Presidenza di Trump ci sono stati diversi problemi. Come tutti ricorderanno, il Presidente americano voleva addirittura che fosse il Messico a coprire le spese della costruzione di un lunghissimo muro di 2mila chilometri alla frontiera tra i due Paesi, in grado di impedire l’immigrazione clandestina proveniente soprattutto dell’America centrale. Ebbene, con la sua tipica tenacia e pazienza Obrador è riuscito a fare in modo che agli immigranti fosse consentito di raggiungere dei rifugi umanitari, nell’attesa che gli Stati Uniti accordassero i permessi di asilo. Inoltre, vennero varati dei piani di sviluppo socioeconomico nei paesi di origine degli emigranti e gli Stati Uniti accettarono di collaborare nella lotta alla tratta delle persone, alla circolazione delle armi e al traffico delle droghe gestite dalle mafie. Nel 2019, poi, sono stati siglati importanti accordi riguardanti, ad esempio, i visti di lavoro, la competitività, la sicurezza giuridica degli investimenti, il contrasto alla criminalità. Accordi che hanno migliorato sensibilmente i rapporti con gli Stati Uniti.

Cosa ci può dire invece rispetto al Nafta, l’accordo di libero scambio tra gli Stati Uniti, il Canada e il Messico, siglato nel 1994 ma che si è sciolto nel 2020?

       Sulla carta era un accordo molto interessante che tra l’altro s’ispirava all’Unione Europea. Esso è subentrato a un precedente accordo siglato tra gli Stati Uniti e il Canada. Il Nafta porta la firma per il Messico del Presidente Carlos Salinas, mentre per gli Stati Uniti e il Canada hanno firmato rispettivamente George Bush e Brian Mulroney.  L’obiettivo era l’eliminazione di tutte le barriere tariffarie tra i Paesi aderenti. L’accordo proteggeva anche i diritti di proprietà intellettuale e liberalizzava gli investimenti. Sin dal primo giorno, però, ci sono state critiche e contestazioni in tutti e tre i Paesi.  Nello Stato messicano del Chiapas, ad esempio, si è verificata una rivolta da parte delle popolazioni indigene che temevano che l’accordo avrebbe permesso un ulteriore trasferimento di ricchezza dalle zone povere del Messico agli Stati Uniti e al Canada. In effetti, l’accordo non ha diminuito la povertà in Messico e ben 5 milioni di agricoltori messicani hanno perso il lavoro, a causa degli ingenti sovvenzionamenti dati all’agricoltura americana. Per non parlare, poi, dello sfruttamento molto vantaggioso per il Canada delle miniere messicane con uno scarsissimo profitto per la popolazione e l’economia regionale.  

Nel 2020, comunque, il Nafta è stato sostituito dall’accordo USMCA (USA-Messico Canada) conosciuto in Messico come T-MEC, che potrebbe sciogliersi nel 2036 e che in parte ricalca l’accordo Nafta, anche se è prevista una maggiore tutela ambientale e migliori condizioni di lavoro. Da registrare che il nuovo accordo prevede incentivi in grado di aumentare la produzione locale di auto e camion.  

E con il resto del mondo come si presenta la situazione?

Uno dei cardini della politica estera messicana è quella di intensificare i rapporti con l’America Centrale, i Caraibi e l’America del Sud. Siamo molto interessati a migliorare le condizioni dei Paesi più poveri anche per diminuire sensibilmente il fenomeno delle emigrazioni di massa. Inoltre, il Messico collabora con molti Paesi dell’area nella lotta ai grandi trafficanti di droga che, attraverso il Messico, raggiungono gli Stati Uniti. Si tratta di una lotta molto difficile, costosa e pericolosa, ma che va assolutamente combattuta lungo tutti i 2mila chilometri di frontiera.Nell’ambito della nuova geopolitica credo che nei prossimi anni si rafforzeranno moltissimo i rapporti con l’Unione Europea. Del resto, parliamo di due aree economiche complementari. Le potenzialità sono decisamente enormi, ma vanno sfruttate. Infine, rimane la Cina che si sta avvicinando all’America latina in una maniera meno aggressiva di quella perseguita in Africa e Asia.

Parliamo, infine, del futuro dei rapporti tra l’Italia e il Messico.

Intanto mi fa piacere ricordare che la Comunità italiana in Messico non è grande quanto quella in Argentina, Brasile o Venezuela, ma è comunque significativa. Complessivamente tra italiani e oriundi italiani ci sono in Messico circa 100 mila, quasi tutti ben integrati.  Inoltre, ho sempre avvertito una grande simpatia reciproca e questo può solo aiutare nell’ambito dei rapporti politici, economici  e culturali tra i due Paesi. In maniera molto schematica ritengo che le maggiori opportunità si presentano nei tre settori strategici per il Messico: Agricoltura; Risorse minerarie e giacimenti; Turismo.

Per quanto riguarda l’agricoltura, il settore negli ultimi tempi si sta evolvendo notevolmente, anche se spesso mancano le attrezzature più moderne. Penso, ad esempio, agli impianti di micro-irrigazione che potrebbero, ad esempio, evitare l’abbassamento delle falde della regione di Celaya e di tante altri località messicane.Nell’ambito delle risorse minerarie e dei giacimenti, la ricchezza mineraria tradizionale del Messico è l’argento, seguita dal piombo e dal rame. Inoltre, esiste un’importante industria petrolifera controllata dalla compagnia statale Pemex: in tutti questi settori ci sono interessanti possibilità di lavorazione e collaborazione per le imprese italiane, anche di piccole dimensioni.  Infine, c’è il turismo. È abbastanza nota la grande storia precolombiana del Messico che attrae ogni anno milioni di turisti. Per la cronaca, il Messico può vantare ben 35 siti iscritti nella lista dei patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO. In quest’ambito le possibilità di investimento nel campo alberghiero, della ristorazione e delle infrastrutture turistiche sono notevolissime. Ed è anche il momento giusto per farlo: sempre di più, infatti, il Governo centrale e i singoli Stati stanno puntando sul turismo nazionale e internazionale per rilanciare l’economia del Paese.

Per il Presidente Obrador dopo l’Indipendenza, la Riforma dello Sato e la Rivoluzione del 1910, il Messico è entrato nella sua Quarta trasformazione: ebbene, sulla base delle mie conoscenze ed esperienze maturate in Messico e in Italia,  ritengo che il Made in Italy abbia tutte le carte in regola per svolgere in questa fase un ruolo di primissimo piano. Anche perché Messico e Italia sono molto simili: entrambi hanno nelle vicinanze Stati ricchi e Stati poveri; hanno lunghe coste marittime; l’85% del sistema produttivo è composto da piccole e medie imprese; la famiglia e la gastronomia regionale rappresentano un autentico patrimonio nazionale; entrambe le Costituzioni hanno come fondamento il diritto romano; infine, le due lingue sono latine e le due bandiere hanno gli stessi colori.Sempre di più l’America Latina e, in particolare, il Messico, rappresenteranno uno snodo strategico di notevole importanza sul piano degli scambi commerciali a livello internazionale.

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Videoclip del ‘Movimento Tutela Sociale’ vincitore del Premio ‘Musica per il sociale’ promosso dalle Radio e Televisioni della REA