Dal 5 al 17 marzo (dal martedì al venerdì alle ore 21, sabato ore 19 e domenica ore 17) andrà in scena al Teatro Vascello di Roma Salveremo il Mondo prima dell’alba. Nella drammaturgia di  Gabriele de Luca, “Il bene non potrà mai vincere perché è sfinente. L’onestà, la sincerità, il vero amore, sono tutte cose sfinenti da praticare perché non durano, sono solo degli istanti. Mentre il male è un maledetto maratoneta, uno spietato realista senza sonno che ha la resistenza dalla sua.”

Dopo aver esplorato in diversi spettacoli il mondo degli ultimi, dei reietti, degli esclusi e dei perdenti, intendiamo in questa nuova produzione indagare il mondo del benessere e dell’apparente successo, attraverso il racconto dei primi, dei vincenti, della classe dirigente, dei ricchi, paradossalmente, però, imprigionati nello stesso vortice di responsabilità asfissianti, doveri castranti, sensi di colpa e infelicità che appartengono a tutti e, quindi, frantumati da tutto ciò che la mentalità capitalista non può comprare: l’amore per se stessi, la purezza dei sentimenti, gli affetti sinceri, la ricerca di un senso autentico nell’esistenza.

Salveremo il mondo prima dell’alba è il racconto della vita di alcuni ospiti e di parte dello staff all’interno di una clinica di riabilitazione di lusso specializzata nella cura delle dipendenze contemporanee come dipendenze sessuali, dipendenza da Internet, dipendenze affettive, dipendenze da lavoro, da psicofarmaci e benzoadepine, droghe e antidolorifici.
In un mondo sempre più frenetico, individualista ed esibizionista, dominato da un tempo schizofrenico e performativo, il prezzo da pagare anche per i vincenti sono l’ansia e l’angoscia, conseguenza spesso dall’ossessione di dover ottenere sempre di più, consolidare, capitalizzare, superarsi. A causa di ciò oggi, come mai prima, le persone si sentono sopraffatte da gravi disfunzioni dell’umore come panico sociale, insonnia, burnout da lavoro, insoddisfazione cronica, stress, inquietudine, frustrazione, senso di fallimento e di vuoto. Una sensazione di smarrimento comune ad un’intera generazione, sintomo di un disagio epocale. Ed è così che sprofondati nel disagio per sfuggire alla realtà, gli ospiti del nostro rehab sono rimasti vittime ognuno della propria dipendenza, via di fuga da una realtà opprimente dalla quale, alcuni costretti dalla società, altri per libera scelta, cercano di liberarsi. Ma le dipendenze e la riabilitazione, ovviamente, costituiscono solo il sintomo esteriore di innumerevoli disagi certamente più profondi, esistenziali e sociali; la metafora di un modello di vita ormai giunto a un punto di non ritorno.
Il tutto (senza mai negare l’emotività e anche la drammaticità delle tematiche affrontate) verrà esplorato in pieno stile Carrozzeria Orfeo, grazie a un occhio sempre lucido e, forse, disilluso, che intende cogliere, con ironia e anche estremo divertimento, i paradossi, le contraddizioni e le deformazioni grottesche della realtà attraverso personaggi strabordanti di umanità, ironia e dolore. L’habitat della nostra storia, il rehab di lusso, è costituita da una grande sala comune dotata di tutti i comfort, separata attraverso una luminosa vetrata dall’esterno, dove in una sorta di giardino d’inverno con tanto di sdraio  e bagno turco, gli ospiti facoltosi si possono rilassare e affrontare il loro programma di riabilitazione attraverso la riscoperta di una vita apparentemente semplice e comunitaria nella quale ognuno è chiamato a impegnarsi per il prossimo e la comunità stessa, la loro nuova famiglia. Tutto ciò è evidentemente qualcosa a cui sono profondamente disabituati.

Salveremo il mondo prima dell’alba vuole affrontare alcuni tra i nodi più sensibili della nostra contemporaneità: la proliferazione delle immagini, il fascino della celebrità, il culto del divertimento e della personalità, soprattutto nel nuovo mondo virtuale, come  sintomo di una società sempre più triste eppure satura di foto felici in cui sembra non più esistere un luogo dove riconoscersi come soggetti autentici, né tantomeno in progetti sociali che richiedano la nostra dedizione e la nostra lealtà. La proliferazione di mental coach, di influencer, di trainer, di business man prestati al web, che quotidianamente ci propinano stratagemmi funzionali per raggiungere il successo psicofisico e prevalere sugli altri, essere migliori e dominarli, sono lo specchio di una società che sempre di più, fin da piccoli, fin dalla scuola, ci racconta tutto sulla felicità e sul successo e sempre di meno sul dolore. Dolore inteso, soprattutto, come occasione di ascolto di se stessi, opportunità di trasformazione e crescita. L’errore è bandito, la sofferenza individuale è percepita come una vergogna, una zavorra da nascondere agli altri, come segnale chiaro di debolezza e fallimento; mentre in modo sempre più meschino e ingannevole va affermandosi la nuova eroica parola portavoce del capitalismo: resilienza, che, nel cinico pragmatismo di questo sistema malato, in fondo significa solo: “Resisti, resisti nonostante tutto, ignora te stesso e il tuo dolore, nascondilo, tieni duro, non ascoltarti più e vai avanti. Produci, produci, produci!” E dai desideri soddisfatti nascono sempre nuovi desideri. Sempre più prepotenti, ossessivi e, spesso, indotti dal mondo esterno. Come se volessimo bere il mare di bicchiere in bicchiere. L’infinito. L’impossibile. Un impossibile ricerca senza tempo. Ed è da qui che viene il nostro dolore. Hegel ci parla di Cattivo infinito come di “questo continuo voler sorpassare il limite, che è l’impotenza di toglierlo e la perenne ricaduta in esso.”
E il grande problema sembra essere che ormai non ci si scandalizza nemmeno più delle disfunzioni e delle atrocità del capitalismo perché è un modello di vita diventato così maledettamente normale da essere riuscito a colonizzare il nostro inconscio senza lasciarci nessuna percezione di un’alternativa.  Ed ecco, quindi, che parole come comunità, umanità e gentilezza sono quasi del tutto scomparse e bandite dalla nostra società (e quasi dal nostro modo di pensare), se non per essere strumentalizzate a fini propagandistici, elettorali e commerciali e, quindi, svalutate e svuotate di ogni loro significato primario. Di tutto questo resta un’umanità (poveri e ricchi, senza differenze) confusa e impaurita, esseri umani sopraffatti dall’ossessione di questo continuo doversi vendere, con il terrore che nessuno ti voglia mai comprare.

Il tema centrale di Salveremo il mondo prima dell’alba, quindi, si fonda sulla riflessione che a nostro avviso nei prossimi decenni, l’umanità non potrà essere assolutamente in grado di ritrovarsi unita nel combattere le grandi battaglie da tempo rimaste inascoltate come il cambiamento climatico, l’inquinamento, la fame nel mondo e l’ingiustizia sociale, semplicemente perché non è un’umanità preparata a farlo. Non siamo veramente una comunità. In un mondo dove individualismo, narcisismo, slealtà, tradimento, svalutazione dei valori, compromesso, annullamento della morale dominano incontrastati, in un contesto sociale così performativo, competitivo, alienante, dove le nuove generazioni sembrano ereditare solo valori come successo, visibilità e vittoria, sembra impossibile pensare a una grande battaglia collettiva per salvare questo pianeta e l’umanità che lo abita. Quando i politici stessi si espongono su tik tok per pubblicizzarsi e la vita politica, al pari di tutto il resto, diventa mera comunicazione, non può esistere una classe dirigente in grado di sensibilizzare la cittadinanza sui grandi temi. Forse, allora, per poter combattere delle grandi battaglie comuni, dovremo prima essere in grado di ritrovare quel senso di comunità, reciprocità, solidarietà e gentilezza che sembriamo aver smarrito. Potremmo concentrarci sulle grandi battaglie collettive solo se riusciremo prima a riabituarci a guardare con occhi attenti ciò che ci è vicino, chi ci è di fianco. Potremo, forse, farcela solo se riusciremo ad arginare tutta quell’invisibile, eppur feroce, violenza quotidiana tra uomo e uomo. Perché lo sappiamo tutti, ci troviamo di fronte a una pandemia, sì… di indifferenza ed egoismo. Ma se riusciremo in questo, se riusciremo a riavvicinarci attraverso un gesto e un pensiero sincero, un insignificante atto di gentilezza e cura gratuita; se riusciremo a ritagliare, in mezzo al caos, uno spazio per il pensiero semplice, familiare e umano, forse, come proveranno a fare i ricchi, arrabbiati, delusi e inaffidabili ospiti del nostro rehab… beh, forse (ma chi può dirlo), potremo salvare il mondo prima dell’alba.

“Non siamo in grado di riconoscere le cose importanti, siamo troppo stanchi ed esausti dal resto. Vediamo la vita solo sfiorando la catastrofe.”

Uno spettacolo di CARROZZERIA ORFEO
Drammaturgia Gabriele Di Luca
Con Sebastiano Bronzato, Alice Giroldini, Sergio Romano, Massimiliano Setti, Roberto Serpi, Ivan Zerbinati
Regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi
Consulenza filosofica Andrea Colamedici – TLON
Musiche originali Massimiliano Setti
Scenografia e luci Lucio Diana
Costumi Stefania Cempini
Illustrazione locandina Federico Bassi
Organizzazione Luisa Supino e Francesco Pietrella
Ufficio stampa Raffaella Ilari
Illustrazione locandina Federico Bassi e Giacomo Trivellini

una coproduzione Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro Nazionale di Genova, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
In collaborazione con Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna “L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale

Durata dello spettacolo 150’ con intervallo