(Foto: nel riquadro Rosalia Martinez. Sfondo ambasciata del Messico).

Servizio di Rosalia Alejandra Martinez Islas

Ad Alessandra Martinez, ex consulente internazionale dell’UNIDO e dell’UE, nonché Presidente della PyME, Associazione di Piccole e medie Industrie messicana, abbiamo chiesto una riflessione su quello che è avvento recentemente in Ecuador, dove è stata assaltata dalle forze militari l’Ambasciata del Messico, con l’obiettivo di prelevare l’ex Vicepresidente dell’Ecuador Jorge Glas che aveva ottenuto l’asilo politico (vedere http://puntocontinenti.it/?p=23126 ). Di questa questione si era occupato sul nostro giornale anche Salvatore Foti, Presidente del Comites (italiani in Ecuador). In quella occasione Foti ha sollevato il dubbio che tutte la vicenda Ambasciata era strumentale in vista del Referendum sulla sicurezza che si è svolto domenica 21 aprile: in effetti Noboa ha ottenuto 9 Sì su 11 questioni, avvalorando in buona parte il sospetto di Foti.

Un fatto mai successo prima in America Latina.

È la prima volta nella storia dell’America Latina ciò che è accaduto il 5 aprile scorso nel paese sudamericano dell’Ecuador, da quando il neoeletto presidente Daniel Novoa ha ordinato direttamente alle sue forze militari di invadere violentemente l’ambasciata messicana a Quito, violando i protocolli dell’ONU e gli accordi della Convenzione di Vienna sulle Relazioni Internazionali di inviolabilità per le Ambasciate e il personale diplomatico. Non era mai successo prima che un paese attaccasse un altro paese in tempo di pace. Va ricordato che l’invasione militare del territorio di un altro Paese è considerata una dichiarazione di guerra, e secondo le leggi internazionali i luoghi in cui si trovano le sedi diplomatiche sono considerati parte del suo territorio. Nemmeno le peggiori dittature di Augusto Pinochet in Cile o di Antonio Videla in Argentina hanno osato invadere qualsiasi ambasciata per eliminare con soldati armati i propri nemici politici. Sebbene storicamente ci siano stati alcuni casi di invasione, questi sono stati da parte di cittadini attivisti e guerriglieri, ma non per ordine di un presidente. La cosa sorprendente è che l’Ecuador è stato uno dei primi paesi a firmare tale Convenzione lo stesso giorno della sua pubblicazione, il 18 aprile 1961, e ora che l’ha violata ha fatto infuriare i suoi 188 paesi membri.

Dissidi interni

Ma cosa è successo esattamente il 5 aprile? Il presidente ad interim Daniel Noboa ha ordinato alla sua polizia militare di sfondare la porta dell’ambasciata messicana e di rimuovere con armi di grosso calibro il suo ex vicepresidente ecuadoriano Jorge Glass che si trovava in asilo, violando così anche i protocolli internazionali sull’asilo politico che prevedevano la Convenzione e L’Organizzazione delle Nazioni Unite li concede a persone che temono per la propria vita nel proprio Paese. Il Ministro del Governo dell’Ecuador, Mónica Palencia, messicana-ecuadoriana, ha preso le distanze da questa azione, negando la sua partecipazione e accusando il presidente Daniel Noboa di essere stato colui che ha dato direttamente l’ordine alla polizia militare di invadere l’ambasciata.

In risposta a questa flagrante violazione della Convenzione di Vienna, della sovranità del Messico e del principio fondamentale della coesistenza internazionale, il Messico ha annunciato l’immediata rottura delle relazioni diplomatiche e ha intentato una causa contro l’Ecuador presso la Corte internazionale di giustizia per sanzionare politicamente ed economicamente l’Ecuador, e ha chiesto all’ONU che l’Ecuador venga espulso per non creare impunemente un precedente e correre il rischio che questi attacchi alle sedi diplomatiche si ripetano in altre parti del mondo.

La reazione della Comunità internazionale.

Per questo motivo il Messico ha ricevuto il sostegno praticamente di tutti; della Comunità degli Stati Latinoamericani (CELAC), dell’Unione Europea, degli Stati Uniti, del Canada, dei paesi del Pacifico, del Medio Oriente, dell’Asia e dell’Africa, e per solidarietà il Nicaragua ha rotto anche le relazioni diplomatiche con l’Ecuador. Molte organizzazioni internazionali come l’ONU e l’Organizzazione degli Stati Americani (OAS) hanno votato a favore del Messico e hanno dichiarato che non esiste alcun pretesto di diritto “interno” per l’Ecuador per giustificare la violazione dei suoi obblighi internazionali.

Secondo le dichiarazioni dell’ex presidente dell’Ecuador, Álvaro Correa, in soli quattro mesi Noboa ha battuto tutti i record di corruzione e violenza nel suo breve periodo al potere; ha consentito la vendita di armi russe agli USA senza l’autorizzazione della Russia; è un intellettuale sospettato dell’omicidio del suo avversario e candidato alla presidenza Fernando Villavicencio, pochi giorni prima delle elezioni; è accusato di rapimento di un esiliato politico, che pare sia in coma in un carcere di Quito; ha invaso militarmente l’Ambasciata di un paese fratello, attaccando i diplomatici messicani come se vivessero nel ranch e fossero suoi dipendenti.

Le richieste del Messico

Di fronte a tale aggressione, il Messico ha chiesto all’ONU di informare i 193 stati membri affinché la sua Assemblea Generale determini l’espulsione dell’Ecuador per non creare un precedente di impunità, poiché c’è il rischio che altri paesi subiscano le stesse violazioni. In risposta, l’ONU ha condannato l’Ecuador per la violazione dei principi e valori fondamentali del rispetto, della sicurezza e dell’inviolabilità diplomatica su cui si basa la sua esistenza e ha dichiarato che l’imminente espulsione dell’Ecuador non deve essere interpretata come una misura ostile alla popolazione ecuadoriana, ma sola una misura volta a ritenere il governo Noboa responsabile delle sue azioni. D’altro canto, il Messico ha chiesto misure provvisorie alla Corte internazionale di giustizia contro l’Ecuador per aver violato il suo diritto d’asilo, diritto che l’Ecuador stesso ha reclamato quando ha concesso asilo politico a Julián Assagne presso la sua ambasciata nel Regno Unito.

Il governo del Messico attende le scuse ufficiali del governo dell’Ecuador, tuttavia Daniel Noboa ha dichiarato al canale australiano SBS che “non si pente di nulla”. Noboa, di nazionalità nordamericana-ecuadoriana, è nato, cresciuto e ha studiato a Miami, Florida, USA. Per questo tra il popolo ecuadoriano c’è la preoccupazione che lui venda settori strategici dello Stato, come l’elettricità, a investitori nordamericani e che consideri l’Ecuador come un’estensione degli Stati Uniti d’America, sostituendo le micro, piccole e medie imprese ecuadoriane con le grandi multinazionali nordamericane, il che aggraverebbe la disoccupazione e la chiusura delle PMI nel paese sudamericano. Le azioni di Noboa sono contraddittorie, poiché nel giugno 2012 l’Ecuador fu protagonista dell’asilo politico più lungo e controverso della storia del mondo, quando concesse asilo per sei anni presso la sua ambasciata del Regno Unito a Julian Assange. All’epoca l’Ecuador ha dichiarato di voler essere “fedele alla procedura di asilo” che offre la massima garanzia rispetto al timore di pericolo avvertito per la vita, l’incolumità personale e la libertà dell’australiano Assagne. Ora, però, tutto questo non interessa più per il  suo connazionale Jorge Glass, che è stato rapito con armi di grosso calibro all’ambasciata messicana quando aveva già lo status di esiliato. All’epoca giudicavano l’Australia per non aver fornito un’adeguata protezione ai suoi cittadini, ma ora fanno cose peggiori con il proprio connazionale ecuadoriano.

Le contraddizioni del Presidente Noboa.

Sui social network, l’attuale governo dell’Ecuador viene aspramente criticato dalla comunità internazionale per il suo doppio discorso, poiché durante il periodo di asilo di Assagne ha dichiarato che non lo avrebbero consegnato alla Gran Bretagna, alla Svezia o agli Stati Uniti d’America, perché questi paesi “non rispetterebbe le convenzioni ed i trattati internazionali, e darebbe priorità alle leggi INTERNE di gerarchia secondaria, contravvenendo a norme espresse di applicazione universale”; che è esattamente ciò che Daniel Noboa si sta compiendo ora con il Messico. Noboa non ha scuse e non può affermare di non conoscere le proprie leggi poiché l’articolo 41 della Costituzione e l’articolo 4.7 della Legge Organica del Servizio Estero del 2006 dell’Ecuador, definiscono chiaramente il diritto di asilo diplomatico: cioè, viene specificato che il diritto di gestire e garantire il rimpatrio spetta al Paese che offre l’asilo, che in questo caso è il Messico.  Prelevando il vicepresidente Glass dall’ambasciata messicana Noboa non ha rispettato le sue stesse leggi che prevedono il diritto di asilo, la protezione delle persone, il rispetto di  principi e valori etici di carattere pacifico, solidale, assistenziale e umanitario. Ciò in presenza del  rischio o timore che il richiedente asilo possa essere vittima di persecuzione politica o essere accusato di crimini politici.  Nella sostanza Noboa ha violato non solo le leggi internazionali ma anche la Costituzione del proprio Paese. In sintesi, sembra che il governo dell’Ecuador usi le leggi internazionali a suo piacimento, riconoscendole solo quando gli è favorevole, e ignorandole e violandole quando fa comodo ai suoi interessi interni, non dello Stato, né del governo, ma di un rappresentante del potere.

Rosalia Alejandra Martinez Islas