(Foto: sullo sfondo dell’Amazzonia, nei riquadri Belém e Leandro Ramos) –

Belém, con 1,3 milioni di abitanti nel nord del Brasile nello Stato del Parà, recentemente ha riunito i rappresentanti degli otto Paesi membri del Trattato di cooperazione amazzonica (OTCAA). Nel 2025 la città ospiterà una conferenza delle nazioni Unite sul clima. La situazione dell’Amazzonia è notoriamente gravissima. Secondo Greenpeace, la foresta continua bruciare a un ritmo allarmante. In un suo comunicato è scritto testualmente: “Sono 15.744 i focolai divampati in Amazzonia nel 2023, con un aumento del 5,3% rispetto al medesimo periodo del 2022. Gli incendi si concentrano principalmente negli Stati di Mato Grosso, Maranhão e Pará, dove l’industria agroalimentare continua a espandersi a scapito della più grande foresta pluviale del pianeta”. Per il presidente brasiliano Lula da Sila, è necessario che i Paesi ricchi contribuiscano a frenare la deforestazione. “Non sono”, ha dichiarato, i “Paesi come Brasile, Colombia e Venezuela ad avere bisogno di soldi. È la natura“. Ma sentiamo cosa pensa Leandro Ramos, Direttore del programma Greenpeace in Brasile.

Qual è la sua opinione sull’incontro di Belém?

La Dichiarazione di Belém non prevede misure chiare per rispondere all’urgenza delle crisi che il mondo sta attraversando. Non esiste un obiettivo o un prezzo per portare a zero la deforestazione, e nessuna indicazione sulla fine dell’estrazione petrolifera nella Regione.Senza la definizione di questi obiettivi, i paesi amazzonici non saranno in grado di cambiare l’attuale rapporto predatorio con la flora, con la sua biodiversità e con le sue popolazioni. Ancora peggio è il fatto che nell’ambito degli impegni assunti nella dichiarazione manca una definizione chiara di come i governi amazzonici intendano agire insieme per rispondere alla crisi climatica, che è una realtà per la popolazione amazzonica, soprattutto per coloro che vivono nelle periferie delle città della Regione.

Ritiene che con il nuovo Presidente Lula qualcosa sia cambiata concretamente?

L’impegno del governo Lula per l’ambiente rispetto al governo precedente è evidente. Possiamo già vedere un calo significativo della deforestazione in Amazzonia durante questo periodo, oltre ad azioni concrete per i diritti delle popolazioni indigene, come la demarcazione di nuovi territori: una politica che è stata completamente paralizzata durante i quattro anni del governo Bolsonaro. Tuttavia, mentre il governo avanza nella protezione dell’Amazzonia, segnala di voler espandere l’esplorazione petrolifera sulla costa brasiliana, nella regione della foce del Rio delle Amazzoni, che è estremamente preoccupante e va nella direzione opposta a quella di cui abbiamo bisogno per affrontare la crisi climatica. La sicurezza energetica del Paese può e deve essere garantita incoraggiando fonti energetiche pulite, eque e rinnovabili che non minaccino le comunità e le popolazioni tradizionali che fanno affidamento sulla biodiversità costiera e marina come fonte di reddito e di sussistenza.

In questo momento quali sono i principali problemi che attanagliano l’Amazzonia? 

La deforestazione è progredita molto in Amazzonia negli ultimi quattro anni e, nonostante sia diminuita nel 2023, dobbiamo continuare a monitorare e allertare il governo affinché adotti urgentemente le misure necessarie per raggiungere la deforestazione zero. Inoltre, anche l’estrazione mineraria nelle terre indigene dell’Amazzonia ha subito un’espansione esponenziale negli ultimi anni, con l’introduzione nell’attività degli escavatori idraulici. L’estrazione mineraria non solo contribuisce alla deforestazione, ma ha anche un enorme impatto sui fiumi della regione, che sono contaminati dal mercurio, una sostanza altamente tossica. Secondo un recente studio, il pesce venduto nella regione amazzonica ha un alto livello di mercurio, contaminando così la popolazione locale. L’estrazione dell’oro è anche una minaccia diretta per le popolazioni indigene, che vedono il loro stile di vita completamente influenzato. Le popolazioni locali corrono il rischio di entrare in conflitto con i minatori che invadono i loro territori, oltre a dover competere con loro per il cibo ed essere esposte a malattie dovute all’attività nei loro territori.

Come pensa di muoversi Greenpeace nei prossimi mesi rispetto ai giganteschi problemi dell’Amazzonia?

Greenpeace è un’organizzazione indipendente che non riceve fondi da governi e aziende. Ci manteniamo solo con i soldi dei privati. Questo ci garantisce anche l’autonomia di criticare o cooperare a seconda di ciò che è sul tavolo. Continueremo a monitorare e riferire sulle minacce che stanno subendo l’Amazzonia, sulla sua biodiversità, sulle popolazioni indigene e le comunità tradizionali. Riferiremo su coloro che finanziano e beneficiano di questa distruzione. Il Brasile ha bisogno di una giusta transizione verso un modello economico che non sia più basato sulla distruzione e mercificazione della foresta e delle sue risorse naturali ma che, al contrario,  valorizzi la foresta e la mantenga in piedi e in armonia con le sue popolazioni locali.

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Videoclip del ‘Movimento Tutela Sociale’ vincitore del Premio ‘Musica per il sociale’ promosso dalle Radio e Televisioni della REA (con sotto intitolazione in portoghese)