(Foto; sullo sfondo della capitale Santiago del Cile, i riquadri del Presidente Gabriel Boric e di Nello Gargiulo)

Dopo che a breve distanza il Cile per due volte ha bocciato la riforma della Costituzione, e dopo che l’Argentina ha deciso di uscire dall’Accordo BRICS che vede, invece, il Brasile tra i suoi fondatori, molti oggi si chiedono in Italia dove sta andando il Cile, decisamente uno dei Paesi più importanti dell’America Latina e che ospita una consistente Comunità italiana.    

Sentiamo cosa ne pensa Nello Gargiulo, membro del CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero) e autorevole rappresentante degli italiani in Cile, nonché editorialista di prestigio su “Presenza’, noto periodico degli italo-cileni.

Due grandi realtà latinoamericane si trovano attualmente sponde diverse in politica estera. Il Brasile che manifesta una crescente attenzione ai Paesi BRICS e alla Cina, e l’Argentina, che con il suo  nuovo Presidente Javier Milei ha deciso di ritirare la candidatura del suo Paese dai Brics. Come commenta questa realtà?

Effettivamente già durante la sua incandescente campagna elettorale Milei aveva annunciato che la candidatura proposta dall’ex Presidente argentino Fernandez riguardante l’ingresso dell’Argentina  nel Gruppo dei Paesi Brics non sarebbe stata mantenuta sotto la sua Presidenza. E così è stato. Milei ha scartato questa possibilità proponendo che l’Argentina rafforzi i suoi trattati con Gli Stati Uniti ed Israele. La scelta di quest’ ultimo Paese non deve stupire se consideriamo che in Argentina vive la comunità ebraica più numerosa del Mondo fuori da Israele e dopo quella degli Stati Uniti. Oltre a questa virata in politica estera Milei sta cercando di sostituire la forte centralizzazione degli apparati dello Stato che accentrano e controllano una parte consistente del sistema economico e finanziario dell’Argentina. Ma ciò non potrà avvenire in tempi brevi. I sistemici economico-sociali non si cambiano con i decreti ma con politiche ed interventi correttivi che debbono ottenere le necessarie condivisioni per determinare condizioni migliori per i cittadini. Questa è la grande sfida dell’Argentina per tornare ad essere una forza trainante dell’economia sud-americana.

D’altra parte, è anche vero che determinati cambiamenti si realizzano solo con il ricorso ‘‘alla mano dura’’. Bisogna vedere se è possibile riuscire in questo intento in un Paese democratico con usanze politiche pubbliche diventate ormai  ‘’sistema’.  In ogni caso la riduzione dell’inflazione è prioritaria. Il Paese deve sottomettersi alla dura cura di questa malattia sociale. La ricetta Milei è accettabile sul piano delle liberalizzazioni del mercato ma troppo ingenua quando si tratta di potenziare gli strumenti necessari per mantenere equilibri macroeconomici o per dialogare con il Parlamento e le parti sociali. I bastoni del comando nei Paesi presidenzialisti non assicura automaticamente che gli obiettivi dei Presidenti vadano in porto, indipendentemente dai partiti di appartenenza e dalle condizioni sociali.

Che ruolo il Cile ambisce di giocare nella nuova geopolitica e, soprattutto, nell’ambito dell’America Latina?

Nel contesto Latino Americano il Cile sembra fare “storia a sé’. Sarà per la sua posizione geografica e forse anche per essere il Paese latino americano che ha la più lunga storia democratica. In politica estera il Cile persegue un disegno unitario e coerente indipendentemente  dai governi di turno. In pratica, la politica estera è una politica di Stato. In questo senso i Presidenti cileni anche se appartengono agli stessi orientamenti politici dell’Argentina, si caratterizzano quasi sempre per ‘’moderazione nelle scelte”. La lezione, breve ma intensa, dell’Unità Popolare di Allende e quella lunga del regime militare del Generale Pinochet, sono presenti nella memoria non solo dei governanti ma soprattutto del popolo che quando osserva ‘’corpi estranei’’ capaci di turbare la libertà come bene supremo conquistato con l’ indipendenza, fa sentire il suo rifiuto. Così è stato con i due falliti referendum costituzionali: uno promosso dalla sinistra che aveva la maggioranza nell’ Assemblea e l’altro dalla maggioranza dei consiglieri costituenti provenienti dalla destra.

Il giovane presidente Gabriel Boric, che era stato uno dei fautori della necessità di avere una nuova Costituzione, non ha potuto vedere l’aurora, cioè, l’inizio di una vera riconciliazione nazionale. Nonostante  che la grande maggioranza del popolo avesse votato nell’ottobre del 2020 per un cambio dell’attuale Costituzione, poi per ben due volte ha rifiutato i testi proposti. Questa realtà ha messo, tra l’alto, in evidenza la mancanza di una visione comune e consolidata che dovrebbe essere, invece, il modello di sviluppo politico ed economico: un modello che, purtroppo, nel caso specifico è stato macchiato  da una certa avarizia di fondo da parte di entrambe le assemblee costituenti.  Si tratta, comunque, di un fenomeno sul quale occorre riflettere e studiare. In ogni caso il gioco democratico è stato rispettato: il popolo è andato per ben cinque volte alle urne, sia per  eleggere i costituenti, sia per  approvare o rifiutare. Le regole del gioco sono sempre state chiare.

Con Boric, il Cile ha il Presidente più giovane del Mondo. Un Presidente che tuttavia è in minoranza all’interno del Parlamento e quindi ha grandi difficoltà a governare. Secondo Lei cosa potrà succedere nei prossimi mesi?

Non v’è dubbio che ci sono difficoltà ma il Cile ha le carte in regola per andare avanti con successo. Il Paese ha saputo, ad esempio, diversificare le sue esportazioni di materie prime unendo al rame tradizionale anche i prodotti del mare e di una agricoltura che soprattutto nella frutta dimostrata di essere una terra generosa e capace di offrire l’ambiente giusto per ottenere prodotti di qualità a livello internazionale. La cellulosa, poi, è stato il cavallo di battaglia negli ultimi decenni, perché è necessaria a molti paesi anche per la sua elevata qualità. Tuttavia, l’attuale governo in Cile è debitore di alcune importanti riforme come quella delle pensioni e del sistema sanitario. Entrambe vanno concepite come una via per aprire spazi di maggiore uguaglianza e giustizia tra i 20 milioni di abitanti del Cile. La conduzione politica del gruppo di Governo del Presidente, per la maggior parte composta da giovani con poca o nessuna esperienza politica, unita a un certo grado di arroganza dimostrata più volte in questi due anni di governo, sono forse alla base dei risultati poco incoraggianti raggiunti fino ad ora.  

La giovane età del nuovo gruppo dirigente ha reso difficile abbinare l’entusiasmo iniziale alla conquista della fiducia della gente. E questo perché, al volto nuovo che volevano imprimere alla politica per inesperienza nonché, come già detto, una certa arroganza ha determinato errori tattici su moltissimi fronti. Rimane naturalmente il fatto che una riforma del sistema fiscale che se ben accordata e condivisa aumenterebbe le entrate dello Stato, e quindi le disponibilità per intervenire su fronti sensibili quali la salute, l’educazione o la previdenza sociale. La mancanza di disponibilità abbinata a una crescita minima, se non inesistente,  comporta che il Paese si trovi nell’impossibilità di poter disporre dei mezzi tecnologici moderni e necessari alla lotta alla mala vita che sta che, purtroppo, dilagando, rendendo il Paese sempre meno sicuro. Quando gli schieramenti si trovano ad affrontare visioni diverse di società e, quindi, di prospettive politiche, occorre chiedersi come equilibrare le esigenze dello Stato con le regole del mercato, nonché, come connettere la società civile con il terzo settore che fa da cuscinetto tra i primi due. Un discorso che attualmente nella pratica non trova spazi.

Il Cile di oggi si trova di fronte a un tentativo di attuare cambi sociopolitici da parte di una nuova generazione di governanti che poi sono gli stessi che 15 anni addietro occupavano le strade e le Università proprio per cambiare questa società. Il problema è ora questi giovani sono costretti a confrontarsi in prima persona con il vuoto che intercorre tra l’Utopia e la realtà. Qualcuno obietta che anche loro debbono, come tutti i giovani del mondo, debbono ancora maturare una certa esperienza. Questo è vero perché, come si sa, è dagli errori che si impara. Ma bisogna anche evitare che questi errori si ripetono in continuazione altrimenti non si va avanti. Il Cile, considerato un  Paese tigre solo alcuni anni fa per la sua trainante economia, ora vive un momento di stasi e riflessione che, ci auguriamo, porti almeno a una riduzione di quelle arroganze ed eccesive sicurezze che in politica non fanno mai bene, specialmente quando i problemi sono comuni e vanno affrontati in chiave di ricerca del benessere collettivo, che non è la somma aritmetica dei benesseri individuali. La politica e l’economia richiedono nuovi paradigmi che non posso mettere al centro solo l’interesse della propria parte politica o del profitto. Nella costruzione della società ci debbono essere spazi per la costruzione della pace, per la cura dell’ambiente, per l’inclusione dell’educazione digitale nelle periferie emarginate. Altrimenti, come detto, diamo spazio ai gruppi malavitosi e alla crescita dell’insicurezza. Si tratta comunque di un problema che non riguarda solo il Cile ma l’intera America Latina che è sempre a rischio di diventare terra fertile per fenomeni di anarchia e di facili populismi.

Come si potrebbero rafforzare i rapporti politici, economici e culturali tra l’Italia e il Cile?

Sebbene si trovino geograficamente agli antipodi Italia e Cile hanno ampi spazi di condivisone sul piano economico e culturale. Non a caso l’attività dei gruppi di amicizia parlamentare tra i due Paesi registra intensi scambi di esperienze. Sul piano delle relazioni commerciali, le esportazioni cilene di materie prime verso l’Italia e le importazioni di prodotti di qualità Made in Italy, sono in continua crescita. La tecnologia italiana può dare, ad esempio, una mano consistente a migliorare le lavorazioni agricole cilene o a trasformare l’industria cilena manifatturiera. La visita del Presidente Mattarella, la quarta dopo quella di Saragat negli anni 60, oltre a stringere i legami di amicizia ha consentito al Presidente di tracciare linee importanti sui diversi piani per rafforzare non solo i legami tra Italia e Cile ma anche i rapporti tra i paesi dell’Ue e l’ America Latina. In questo contesto il Cile può rappresentare un eccellente laboratorio per mettere in atto quei meccanismi di approfondimento e di prospettiva sollecitati e stimolati dell’esperienza e dalla visione del nostro Presidente.