(Foto: Fabio Porta a Florianopolis in Brasile).

Nelle ultime settimane l’on. Fabio Porta, parlamentare italiano eletto in Sud America e Presidente del gruppo di amicizia Italia-Brasile, si è soffermato in Parlamento su alcune questioni delicate e di una certa rilevanza. Ma sentiamo cosa ha da dire in proposito.

On. Porta, lei in Parlamento è stato molto duro rispetto alle politiche sociali nei riguardi degli italiani all’estero. Cos’è che non va?

Il problema è che non si riesce a capire quali siano le priorità dello Stato italiano in materia di accordi bilaterali di sicurezza sociale e di tutela dei diritti socio-previdenziali dei lavoratori italiani migranti o già emigrati considerato che in questi ultimi tempi l’Italia ha stipulato convenzioni con Albania, Giappone e Moldavia, che seppur ed indubbiamente utili e importanti comportano costi ed impegni sostanziali del nostro Paese che potrebbero e dovrebbero essere meglio utilizzati per finalmente soddisfare le richieste delle nostre comunità in Cile, Ecuador, Colombia, Perù, che da anni attendono la stipula di una convenzione di sicurezza sociale.

In questi Paesi risiedono complessivamente circa 150mila cittadini italiani iscritti all’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) ma privi di tutela previdenziale in convenzione. Nel prosieguo di questa legislatura continuerò are a chiedere al Governo quali iniziative intende adottare per ampliare e aggiornare il quadro di tutela previdenziale in regime internazionale con particolare riguardo alle decine di migliaia di italiani residenti in America Latina i quali hanno versato contributi in Italia prima dell’emigrazione e poi nei Paesi dove sono andati a vivere permanentemente, ma non possono far valere i loro diritti socio-previdenziali perché l’Italia non ha stipulato con tali Paesi accordi di sicurezza sociale.

Parliamo del Brasile, il più grande dei Paesi latinoamericani. In quest’anno si celebrano i centocinquanta anni di immigrazione italiana. Lei ha partecipato nella città di Florianopolis all’inizio di un ricco programma di iniziative. Che aria tira da quelle parti?

A Florianopolis ho partecipato insieme al Console Generale d’Italia Domenico Fornara, al Presidente del Fronte parlamentare Santa Catarina-Italia, Vincenzo Caropreso e alle autorità del Municipio e dello Stato di San Paolo, alla presentazione del programma di iniziative celebrative. Abbiamo anche visitato le città dell’interno dello Stato di San Paolo, Jundiaì e Bragança Paulista.

Infine Santos, il porto brasiliano che ha accolto la maggior parte degli antenati degli oltre trenta milioni di italo-brasiliani. Qui è stato formalizzato il gemellaggio con la città di Genova, un’iniziativa promossa dalla locale Società italiana grazie all’impegno della Presidente Isabel Santalucia e del Direttore Fabio Niosi; una delegazione della città ligure, guidata dal Vice Sindaco Pietro Piciocchi, è stata ricevuta dal sindaco Rogerio Santos e ha avuto modo di approfondire la fattibilità di diversi progetti. Un murales dedicato all’immigrazione italiana è stato inaugurato nel centro storico della città ed è stata anche annunciata l’organizzazione di un “viaggio delle radici” grazie ad una partnership con la compagnia Costa, che a fine anno dedicherà la crociera che da Genova raggiungerà Santos alla rievocazione del”emigrazione italiana.

Per chiudere, recentemente lei ha dichiarato pubblicamente basta con il ‘Black Friday’ della cittadinanza. Cosa intendeva dire?  

L’ultimo caso, che in Italia e nel mondo ha suscitato sconcerto e indignazione, è stato quello di un’agenzia che ha fatto ricorso addirittura al “Black Friday” (invenzione americana per commercializzare a prezzo ridotto alcuni prodotti in determinati giorni della settimana o dell’anno) per “vendere” i propri servizi in materia di cittadinanza italiana. Siamo così arrivati alla totale banalizzazione di quello che invece dovrebbe essere il più nobile dei diritti-doveri di una persona, quello di essere “cittadino” e quindi parte integrante di un superiore consesso civile.

Ma come si è potuto arrivare a tutto ciò? Perché una materia così alta e delicata è stata ridotta ad una volgare compra-vendita da shopping center?

Alla radice di questo fenomeno c’è innanzitutto il grandissimo volume di domande che, a partire dagli anni ’90 (all’indomani della legge 91 del 1992) e in particolare in Sudamerica, si sono riversate sui consolati da parte degli italo-discendenti, cittadini nati all’estero con ascendenza italiana.

La rete consolare di questi Paesi si è trovata impreparata e inadeguata alla gestione di una mole così grande di domande e se da una parte si è lavorato, anche a livello parlamentare, per dotare i consolati di maggiore risorse umane e finanziarie per evadere gli arretrati che man mano di accumulavano, dall’altro qualcuno ha preferito puntare sulla speculazione ossia sul “business delle cittadinanze”.

Si sono così moltiplicati casi di falsificazione di documenti e corruzione di ufficiali d’anagrafe di comuni italiani, mentre i tribunali italiani sono stati inondati da azioni legali che richiedevano la definizione per via giudiziaria delle domande di cittadinanza. Una palla di neve che rischia di travolgere, come il bambino che si butta via con l’acqua sporca, la sincera e legittima aspirazione di moltissimi italo-discendenti al diritto di essere riconosciuti cittadini italiani. Occorrerebbe invece riportare questa discussione ad una riflessione serena, seria e approfondita in grado di tenere insieme il diritto, giuridicamente inteso, i princìpi costituzionali e gli eventuali interventi legislativi in questa materia.