(Foto: il Prof. Julio Roldán sullo sfondo della capitale Lima) - 
 
Julio Roldán, Dotore in Filosofia è un sociologo peruviano che ha esercitato per molti l’attività di professore universitario. Dal 1993 Roldán vive in Germania con lo Status di esiliato politico. Autore di diversi libri, le sue riflessioni e commenti politici sulla realtà latinoamericana e, in particolare, su quella peruviana, vengono seguite con grande attenzione a livello internazionale.  Profondo studioso del fenomeno del terrorismo Roldan pur condannando  gli eccessi violenti e sanguinari ha sempre sostenuto che le ingiustizie sociali che hanno alimentato il terrorismo e la guerra civile sono ancora presenti nel Paese. 
Per la cronaca occorre ricordare che l’ultimo tentativo di colpo di Stato in Perù è avvenuto all’inizio di dicembre del 2022 quando venne arrestato il Presidente Pedro Castillo di umili origini contadina, ex sindacalista e insegnante. Destituito per ‘incapacità morale’ Castillo (eletto nel luglio del 2021) ha reagito sciogliendo il Congresso e decretando lo stato di emergenza nazionale. Ma nessuno lo ha seguito. La sua esperienza politica è finita quando il Congresso lo ha formalmente destituito e imprigionato. Al suo posto è subentrata la Vicepresidente Dina Boluarte del Partito Indipendente, che non ha mancato di reprimere con la forza varie sollevazioni popolari. Di seguito riportiamo l’intervista rilasciata dal Prof Roldan a Punto Continenti.

Lei si ritiene un esiliato politico. In estrema sintesi perché ha dovuto lasciare il Perù? È mai tornato?
Sono state le organizzazioni internazionali e la Germania che mi hanno ha concesso lo status di esiliato politico. Vivo in questo paese e in questa condizione da circa 31 anni. Ho dovuto lasciare il Perù perché ero stato arrestato 3 volte (nel 1981, 1987 e 1993) con l'accusa di aver sostenuto il
“terrorismo” nei dibattiti, nei colloqui, nelle conferenze a cui ho partecipato come relatore. Non sono mai più tornato in Perù e non ho intenzione di farlo. Per me l’argomento è semplicemente chiuso. 

Oggi il suo Paese sta attraversando una difficilissima crisi politica. Come pensa che alla fine si risolverà questa complessa e per certi versi tragica situazione? 
In linea di principio non considero più il Perù il mio paese. Questo sentimento imposto dalla società si attenua ogni giorno di più nella mia vita. Seguendo il percorso determinato dal capitale internazionale e dalle classi dominanti interne, questa crisi continuerà a colpire la maggioranza della popolazione. I padroni del Perù sono i grandi beneficiari della crisi. Non hanno alcun interesse a che si trovi una soluzione. Se, infatti, si dovessero trovare delle soluzioni questi signori rischierebbero di perdere ingenti capitali e molti privilegi. I mali hanno, comunque, un'origine  storica e politica e solo partendo da quest'ottica sarà possibile trovare della giuste soluzioni. 

Lei recentemente ha scritto un ponderoso volume incentrato sulla realtà storica e culturale della Germania dal titolo ‘Alemania’. Qual è il concetto principale che emerge da questa ricerca?
Il concetto principale è che la maggior parte degli intellettuali, artisti e accademici germanici che si sono impegnati politicamente nell’interesse della  maggioranza della popolazione sono stati esiliati e quasi tutti sono morti in esilio. Comunque, non vedo l'ora di tornare in Germania. I casi analizzati nel libro riguardano Von Schiller, Heine, Büchner, Hofmann, Marx, Zetkin, H. Mann, K. Mann, Brecht e T. Mann.

Cambiando argomento, nella nuova geopolitica mondiale come vede il futuro dai rapporti tra l’Europa e l’America Latina?

Non saprei prevedere come sarà il futuro. L'unica cosa che posso dire è che, sul piano generale,  entrambe queste due parti del mondo si sono sempre lasciate guidare dalla politica internazionale degli Stati Uniti. L'attuale guerra in Ucraina nonché il problema della Palestina sono la dimostrazione evidente he l’Europa ripete dalla A alla Z la narrativa nordamericana. Nella sostanza è un continente sottomesso alla pari dell’America Latina.