Foto: nel riquadro Yvonne Pincelli

 

A Yvonne Pincelli, insegnate e scrittrice abbiamo chiesto di fare delle previsioni sul nostro futuro dopo la pandemia del Covid. L’ultimo libro della Pincelli, Gran Tour al calor bianco (Editore L’Inedito, acquistabile anche su Amazon), propone una chiave di lettura dell’evoluzione in atto sui mercati nazionali e internazionali, sul sistema scolastico e sul ruolo del genere umano nel nuovo contesto competitivo universale.

 

Il Capodanno del 2020 ha avuto connotazioni particolari: vietati cenoni, assembramenti nelle piazze, botti e fuochi d’artificio, controlli da parte della polizia, addirittura è stato mobilitato l’esercito nella Capitale e in altre grandi città italiane. Mai, come quest’anno, il mondo ha esorcizzato tutte le sue ansie e le sue preoccupazioni, i suoi dolori e le sue intime ferite allo scoccare della mezzanotte con impeto e forza gridando al “ maledetto 2020”. E già, nell’anno del bisestile e del decennale tutti eravamo in attesa del tanto agognato cambiamento che ho esplicitato nel testo “GRAND TOUR AL CALOR BIANCO”,  il libro della precognizione. Ma credo che nessuno di noi si aspettasse una simile catastrofe perpetuata dalla pandemia di un virus aggressivo e mortale.

 

Abbiamo tutti inneggiato al 2021 come l’anno della liberazione dalla schiavitù del lockdown, lo abbiamo osannato come l’anno della rinascita e della riconquista della nostra quotidianità, abbiamo immaginato di viaggiare, di tornare a danzare, di assistere a concerti e di abbracciarci ancora con desiderio, con forza, tenerezza, di ritrovare l’empatia in una carezza, un bacio! Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato. Trovo che la citazione dell’autore Haruki Murakani sia molto appropriata all’incedere degli eventi nella nostra epoca. Abbiamo proiettato in maniera ostentata e quasi delirante tutti i sogni e le aspettative al 2021 ma, attenzione a non enfatizzare troppo, rischieremmo di cedere alla retorica e/o alla banalizzazione del contesto.

 

Positività è la parola d’ordine, supportata dalla consapevolezza di trovarsi ancora nel pieno della tempesta metafisica e simbolica di un virus non ancora sconfitto, di un’economia crollata, di anime spaventate e angosciate, di un mondo che vive ancora la guerra silente contro il nemico invisibile. Nessun problema può resistere all’assalto di una riflessione approfondita (Voltaire). Il modo migliore per risolvere qualsiasi problema nel mondo è per tutti quanti sedersi e parlare (Dalai Lama). Adoro le citazioni pertinenti ad una fase storica molto complessa perché fonte d’ispirazione per poter rielaborare, semplificare, comunicare, quindi, contestualizzare. La trasmissione di un pensiero e di una nuova conoscenza sortiranno il loro effetto benefico e saranno proficui quando si riuscirà a toccare profondamente l’anima, suscitare emozioni, perché nulla si realizza se non passa attraverso la nostra spinta interiore. Ciò che mi propongo, in questo articolo, è arrivare direttamente al cuore delle persone, è indicare la strada per ritrovare se stessi, il proprio equilibrio interiore, per avere la forza di reagire in maniera positiva e propositiva all’aggressione della pandemia, la più devastante di tutte le minacce avendo colpito tutti i Paesi del mondo. E’ necessario affrontare la crisi trovando risposte comuni che permettano di sanare le gravi mancanze e far rifiorire le nostre risorse economiche e sociali.

 

La nuova strada di una crescita comune. Bisognerà indicare al Pianeta una nuova strada di crescita comune perché la visione del mondo è oggi a 360°, essa è diventata Universale perché durante i mesi del lockdown ci siamo tutti attivati con smartphone e computer. Mesi di confinamento hanno fuso intere generazioni. Squadroni di madri e padri ultraquarantenni hanno fatto infinite call e meeting usando tecniche di inquadratura degne di un tredicenne che smanetta su youtube o pubblica il proprio setup su Reddit. Adesso, tutti (o quasi) usano fondali virtuali, immagini calibrate; ci sono addirittura persone che registrano il fondale della stanza come un video in loop, in cui loro stessi fanno capolino da dietro la porta del tinello, in modo tale che durante la video conferenza ci siano disturbanti attimi di teatro dell’assurdo ed effetti di bilocazione degni di un film degli anni ’50. La tecnologia, insomma, si è imposta come unico strumento e mezzo di comunicazione a partire dal bambino di nove anni fino all’anziano signore di ottanta anni. In un contesto mutato, in cui il Covid ha accelerato il processo di digitalizzazione da parte di tutte le generazioni, per riuscire nell’impresa della riorganizzazione, ci sarà bisogno del senso di responsabilità degli Stati Generali, dei loro leader e della formazione di ognuno di noi, gente comune che lavora e fa sacrifici, gente che non può restare indifferente o sentirsi impotente davanti alla catastrofe. Questa è l’occasione della ricostruzione morale, civica, etica, economica e sociale di tutta l’Umanità.

 

Le cose non cambiano ; siamo noi che cambiamo. Con la citazione del filosofo americano Henry David Thoreau tengo a sottolineare il fatto che prima di attuare l’impresa di ricostruire esternamente, dobbiamo noi stessi sottoporci ad una trasformazione interiore; se continuiamo ad assumere un atteggiamento vittimistico nei confronti della vita e dei suoi problemi, se perseveriamo ad usare lo slogan di speranza andrà tutto bene,saremo dei perdenti a prescindere, non solo non riusciremo a risolvere i problemi, piuttosto ne saremo sopraffatti. Atteggiamento mentale positivo, informazione, conoscenza, formazione, preparazione, acquisizione delle nuove competenze, fantasia, spirito critico sono gli elementi precipui e fondamentali per attivare un percorso di ricostruzione del Sé che si rifletterà poi in un contesto più ampio ed universale.

 

Come l’araba fenice che risorge dalle proprie ceneri dopo la morte, è dalla rinascita interiore che possiamo intraprendere l’attività della ricostruzione di una realtà che ormai non sarà più la stessa di prima. Alla stregua di uno tsunami, il virus è stato così potente da segnare una demarcazione profonda tra il passato e il presente. La normalità che vogliamo ripristinare sarà un nuovo modello di quotidianità , ciò che sembrava impossibile perseguire ieri, oggi diventa un diktat, l’ inimmaginabile diventerà consuetudine, nuovi contenuti, nuovi mezzi e strumenti di comunicazione invaderanno i nostri libri, le nostre aule, i nostri uffici, le nostre aziende, la nostra stessa vita sociale e di comunità.Di fronte a questi scenari che implicano sia la sfera esistenziale che quella più pragmatica della professionalità e del lavoro, non userei il termine globalizzazione la cui connotazione ritengo ormai desueta ed anche negativa, bensì focalizzerei l’attenzione sul concetto di universalità,prerogativo della società che avanza.

Chi saranno i protagonisti del cambiamento? In che modo possiamo risollevare la nostra economia? Quali metodi e strumenti utilizzare?

Generazioni liquide. Con tutta onestà in questo articolo potrò dare degli spunti di riflessione, così come avevo preannunciato nel 2019 con la pubblicazione del saggio GRAND TOUR AL CALOR BIANCO. Partiamo dalla prima domanda che sorge spontanea: chi e come saremo coinvolti nella ricostruzione? Dal dopoguerra ad oggi tutte le generazioni che si sono succedute, dai boomer ai millenial,  evidenziano smania di protagonismo e ricerca ossessiva della felicità; essi  si strutturano come reaganiani, conservatori, inquadrati, vittime di populismi di destra o di sinistra, frammentati, seri, orientati al rispetto delle regole e della legge, preoccupati dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile, amanti dell’high-tech benché solo fruitori. Questo è il quadro che emerge allo stato delle cose, generazioni liquide, evanescenti, con dei valori ma che non sono riusciti a costruire; l’unica che ha veramente dato il proprio sangue per ricominciare è stata la Silent Generation, quella del dopoguerra che ha visto emigrare anche tanti nostri connazionali all’estero.

Tutti saremo coinvolti nella ricostruzione ma i veri protagonisti saranno i figli della crisi,l’ultima generazione uscita dalla comfort zone grazie alla tecnologia non più fruita ma sperimentata, verificata e collaudata per inventare nuove forme di comunicazione, per aggiungere nuovi contenuti a modelli ormai desueti, per incrementare il successo di molte attività commerciali, per inventare nuove tipologie di spettacolo, di arte e d’intrattenimento. Saranno cauti ma costruiranno moltissimo sui disastri delle tre generazioni che li hanno preceduti. Ilconfinamento ha dato loro la possibilità di emergere e di ottenere consensi. L’entusiasmo generazionale dilaga come una peste: “ E’ possibile, ce l’abbiamo fatta,coraggio , è possibile!”. La voglia di esagerare , di rischiare, di osare sarà la chiave che porterà al brave new world. Non ci sono scuse convincenti per il malessere contemporaneo.

La seconda chance. La ricostruzione ripartirà dal basso, dai giovani che stanno conquistando terre che noi non avevamo raggiunto. I nativi digitali sono in grado di attivare startup innovative in tutti campi, dalla musica, al design, all’ambiente; studiano la fisica per andare ad esplorare lo spazio; approfondiscono lo studio del cervello per creare prototipi di Intelligenza Artificiale; realizzano piattaforme di e commerce utilizzando la multisensorialità; creano modelli di ecosistemi innovativi per il rilancio del turismo (talora beneficiando di fondi comunitari) attraverso virtual tour; ripopolano antichi borghi dando ampio spazio alla loro fantasia e creatività grazie anche alle nuove forme di lavoro; i nomadic worker  hanno oggi la possibilità di viaggiare, confrontarsi con altre culture e riportare i risultati nella terra d’origine; diventano moderni agricoltori perché oltre al profitto per loro è importante la qualità della vita; conoscono tutto (o quasi) dell’economia circolare e creano prodotti di successo in tutto il mondo.

In questo contesto appare evidente che dall’alto delle Istituzioni dovremo scegliere di avvicinarci ai giovani, legittimarli, supportarli, guidarli, educarli, formarli, rimproverarli, continuare ad essere sempre il loro punto fermo. E’ questa che io chiamo la seconda chance. Ed è esattamente il significato più profondo ed autentico del Neoumanesimo Rinascimentale che la nuova società viene a delineare, una società che coniuga la tecnologia con la letteratura e la filosofia dove l’uomo è sempre al centro e dirige l’orchestra della vita che come diceva Paul Claudel altro non è che una grande avventura verso la Luce!

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Videoclip suggerito

La nuova era sociale (con traduzione in inglese)