(Foto: nel riquadro Enea Franza)

Quando si parla di islamismo rare volte si fa riferimeno alla finanza islamica, che rispetto delle regole particolari e che è in costante crescita. A colmare in parte questa lacuna ci pensa il Pro. Enea Franza, uno dei pochi economisti che si è cimentato con questa realtà e che ha accettato per Punto Continenti di condensare in un breve testo gli elementi essenziali della finanza islamica.

Servizio di Enea Franza

È cosa nota che il sistema capitalistico è improntato sulla logica della massimizzazione dei profitti e la finanza è permeata dal concetto di speculazione; anche se la cosa può dare fastidio, c’è da dire che il sistema ha permesso (fino adora) un consistente sviluppo del benessere sociale, tanto da divenire almeno negliultimi 40 anni il protagonista incontrastato del panorama globale. Per la verità assieme ad un benessere generalizzato, il sistema ha anche mostratotantissimi limiti; dal degrado ambientale generale ad un apparente aumento della diseguaglianza economica, che pone pochissime persone al vertice incontrastato delpotere economico, finanziario e, in definitiva, anche politico. L’inserimento degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDGs) nel programma internazionale per lo sviluppo dele nazioni occidentali, ha contribuito, quanto meno, a legare il concetto di crescita a valori di tipo umanitario, contribuendo a
riaccendere un dibattito sui limiti del capitalismo e della finanza nell’epoca della globalizzazione.
Lo sviluppo di una teoria finanziaria alternativa, tuttavia, ha già trovato una elaborazione (ed una concreta elaborazione pratica e teorica) nella così detta finanza islamica, che, come ci incaricheremo di illustrare, colpisce due dei principali paradigmi su cui si fonda il sistema occidentale: il tasso d’interesse e la speculazione. Vediamo meglio, precisando già dall’origine che non si può comunque capire la natura della finanza islamica senza la comprensione del fatto che essa mira, almeno in teoria, alla giustizia sociale e all’abolizione dello sfruttamento vietando, per esempio, l’investimento in attività che arrecano danno come gli alcolici, le scommesse o il tabacco.
Con il termine finanza islamica si intende un modo di fare finanza che cerca di rispettare le norme islamiche della Sharia, ossia quell’insieme di regole che sonotratte dal Corano e che contengono anche riferimenti al mondo economico. La maggiore differenza rispetto al sistema occidentale è basata sul concetto di Riba, che letteralmente in arabo significa “extra” e che di fatto è traducibile in termini più
economici come interesse.La Sharia, come anche il Cristianesimo per molti secoli, ha sempre considerato “usura” e quindi peccato l’interesse, cioè il prestare una quantità di denaro chiedendone in cambio una maggiore. Per questo motivo la riba è severamente bandita dalla finanza islamica.
I principi economici religiosi sui quali si basa la finanza islamica, tratti dal Corano, sono i seguenti: Riba (divieto del tasso d’interesse); Gharar (divieti di incertezza) e Maysir (divieto della speculazione e gioco d’azzardo). Il principio fondamentale per gestire l’incertezza e la speculazione consiste nel prevedere che ogni operazione bancaria e finanziaria islamica si basi sulla movimentazione di beni reali e che, di
conseguenza, non si possano usare derivati per gestire il debito/credito. Inoltre, tutti i prodotti islamici, sia nel mercato di capitali che nei prodotti bancari al consumo, si strutturano sulla base di due metodi principali che garantiscono anche la conformità alla norma religiosa del divieto di interesse. Il primo è il c.d. profit – loss sharing, che consiste nella condivisione dei rischi e degli investimenti. I contratti principali sono: i. Mudarabah – contratto misto di capitale – lavoro in cui il rabb al mal investe il capitale e assume i rischi e i profitti dell’impresa, mentre il mudarib investe il suo lavoro e assume i profitti. ii. Musharaka – joint venture ovvero entrambi i contraenti condividono profitti e rischi. iii. Takaful: mutua assicurazione improntata sul PLS.
L’altra tipologia è quella del non Profit-Loss Sharing, in cui rientrano tutte quelle tecniche di finanziamento che non si basano su un contratto di condivisione degli utili e delle perdite dell’operazione finanziata. Nella maggior parte dei casi letecniche di non-PLS si avvalgono di meccanismi di scambio di beni e servizi con l’applicazione di un mark-up sul prezzo di rivendita. I contratti principali sono la Ijarah (leasing di un bene acquistato dalla banca e offerto in uso al cliente per un periodo determinato), il Murabaha – finanziamento al consumatore che preve del’acquisto da parte della banca di un bene poi rivenduto al consumatore con unmark up, un pagamento del sevizio, predefinito, il Salam – pagamento anticipato perbeni consegnati in seguito e l’ Istisna – pagamento rateizzato di un finanziamento.
La finanza islamica nasce con Sayed Abu A’ala Maududi, teologo e politico pakistanotra i più importanti del XX secolo che, nel 1947, elabora una nuova scienzaeconomica ispirata ai principi del Corano e nella prospettiva di una modernitàislamica. Negli anni Settanta con il boom del petrolio si dà il via al diffondersi dellafinanza islamica prima con l’istituzione dell’Islamic Development Bank nel 1975 da
parte della Organizzazione della Conferenza Islamica, seguita dall’apertura di unaserie di istituti bancari negli Emirati Arabi Uniti, in Qatar, in Kuwait, in Arabia Saudita, in Malesia.
La seconda fase di crescita ed evoluzione avviene negli anni ’80, quando le banche islamiche approdano in USA e Gran Bretagna assieme agli studenti mediorientali edel sud est asiatico che immigrando in questi paesi contribuiscono al consolidamento di grandi organizzazioni musulmane come la Islamic Society of North America and Britain etc. Nonostante la crisi che ha investito i mercati finanziari con pesanti risvolti sull’economia reale, la finanza islamica, nel corso degli ultimi dieci anni, ha registrato un tasso medio di crescita globale degli asset Shari’ah compliant pari al 10-15% annuo negli ultimi dieci anni (circa il doppio del tasso di crescita delle attività convenzionali) mentre i ricavi delle Banche islamiche sono cresciuti negli ultimi cinque anni di circa il 44% annuo. Ciò è avvenuto nonostante il mercato finanziario islamico rappresenti soltanto l’1% circa delle attività finanziarie mondiali.
La finanza islamica, grazie al suo costante collegamento con l’economia reale (qualsiasi transazione finanziaria Shari’ah compliant, infatti, deve scaturire e/o avere come sottostante un bene di natura reale), in effetti offre una valida alternativa all’eccessiva ingegnerizzazione finanziaria odierna ed allo scollamento creatosi tra attività finanziaria e reale. Inoltre, I principi giuridico-religiosi della Shari’ah obbligano alla segregazione tra gli asset islamici e gli asset convenzionali. Ogni prodotto islamico deve essere certificato dallo Shari’ah Board, organo di controllo indipendente, composto da esperti in legge islamica (Shari’ah Scholar), che ha il compito di fornire interpretazioni vincolanti per il management (fatwa) sul rispetto dei principi della Shari’ah e di redimere eventuali controversie.
Oggi la finanza islamica ha ampliato il suo raggio di azione e si articola in tipologie dimercati e di relativi servizi e prodotti che possono essere individuati nell’Islamic banking offre servizi e prodotti bancari rivolti principalmente al mercato delle comunità immigrate in Europa e negli Stati Uniti e nell’Islamic finance-capital market, ovvero, nel mercato azionario islamico che offre obbligazioni islamiche efondi azionari orientato ad attrarre in Europa e negli USA i grandi capitali provenienti dai paesi del Golfo (e che approda in Europa, con la prima obbligazione emessa in Germania nel 2004).
Infine, il Halal market indirizzato al turismo islamicamente connotato, con i settori trainanti dell’alimentare e alberghiero. Gli snodi principali del mercato finanziario e bancario si trovano in Malesia, Indonesia, USA, GB e penisola araba, e non in quei paesi che hanno ufficialmente islamizzato la propria economia (Brunei, Sudan, Pakistan, vedi altri), a testimonianza del fatto che ci troviamo di fronte a un fenomeno che nasce soprattutto dall’esigenza di coniugare la diversità all’interno dei mercati convenzionali.

Enea Franza