Il nuovo vento dell’America Latina in campo economico, politico e religioso (pensiamo solo a quello che sta facendo il Papa argentino) non poteva non riflettersi anche sulla realtà dell’emancipazione femminile: oggi il 40% degli abitanti dell’America Latina è governata da un Capo di Stato ‘rosa’. Pensiamo al Brasile da quattro anni guidato da Dilma Rousseff, con molte possibilità di essere riconfermata alle prossime elezioni di ottobre. E se non dovesse vincere, probabilmente occuperà quel posto un’altra donna: Marina Silva. Il terzo candidato ‘uomo’, Aecio Neves, appare, infatti, molto indietro nelle preferenze. In Argentina governa, invece, la Cristina Fernandez Kirchner, mentre in Cile è stata appena eletta Michelle Bachelet. Fino a poco tempo fa governava in Costa Rica Laura Chinchilla, mentre in Perù sono i molti a sostenere che Nadine Heredie, moglie dell’attuale presidente Ollanta Humala potrebe sedersi in futuro sull’attuale poltrona del marito. Già oggi sono in molti a chiedersi nel Paese se a comandare in Perù sia l’uomo o la sua donna.

 

Ed è stato proprio per esaminare la crescita del ‘potere rosa’ in America Latina che il giornalista peruviano Roberto Montoya ha organizzato, dopo la pausa estiva, il primo dei suoi incontri internazionali sostenuti da ‘Mediatrends America Europa’, l’Osservatorio indipendente che studia le tendenze dell’informazione internazionale. Questi incontri rappresentano ormai un appuntamento fisso a Roma per corrispondenti e giornalisti italiani interessati al sub continente americano.   Per l’occasione sono stati invitati come relatori tre diplomatici ‘governati’ da donne: il Ministro plenipotenziario dell’Argentina Carlos Cherniak; l’Ambasciatore del Brasile Ricardo Neiva Tavares e l’Ambasciatore del Cile Fernando Ayala. Inoltre sono intervenuti gli ‘ambasciatori del Salvador, Aida Luz Santos de Escobar; del Guatemala, Stephanie Hochstetter, del Venezuela, Julian Isaias Rodriguez, dell’Ecuador Juan Fernando Holguin Flores. Mimetizzato tra il pubblico si è visto anche l’Ambasciatore del Messico Miguel Ruiz Cabanas.

 

Ma cosa è emerso dal dibattito?

 

Essenzialmente cinque realtà: 1) mentre da un lato le donne si stanno affermando politicamente, dall’altro domina ancora una visione maschilista della società; 2) alla base di tutto c’è l’aspetto culturale che favorisce discriminazioni e violenze di genere; 3) negli anni delle dittature militari il contributo, anche di sangue, delle donne è stato fondamentale per il ritorno alla democrazia; 4) in molti Paesi latino americani sono stati avviate iniziative per favorire la maternità e lo sviluppo di attività private e autonome attraverso l’erogazione, ad esempio, di linee di credito concesse alle donne (che, tra l’altro, si sono dimostrate molto più affidabili degli uomini); 5) che il ricorso alle quote rosa ha permesso una forte crescita delle rappresentanze femminili in Parlamento.

 

E gli uomini come hanno reagito? Formalmente si stanno adeguando ma i divorzi aumentano. Quello che è certo è che le donne latino americane sono diventate molto più combattive in difesa dei loro i diritti. In Bolivia, ad esempio, hanno  organizzato una marcia contro certe espressioni e comportamenti maschilisti da parte di alcuni politici; nel civilissimo Cile, il 30% della popolazione  femminile ha dichiarato di essere stata vittima di una qualche violenza da parte del partner. In parole povere, ancora c’è molta strada da fare, e non solo in America Latina. Italia insegna.