Quest’anno la direzione artistica del Vasto Film Festival, che negli ultimi tempi sta registrando un notevole salto di qualità, è stata affidata a Stefano Sabelli, attore, regista e autore.  Nato a Campobasso. Sabelli si è diplomato come attore presso l’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma. Tra le varie iniziative che lo hanno reso famoso figura anche la creazione del Teatro del LOTO a Ferrazzano in Molise e che molti considerano “il più bel piccolo Teatro d’Italia”. Ed è proprio in questo teatro che nel 2011 ha debuttato, con la sua regia e drammaturgia, L’Autodafé del Camminante: spettacolo poi andato in scena a New York e diverse altre importanti ‘piazze culturali’, rievocando la famosa autodifesa del sindacalista italoamericano Arturo Giovannitti (interpretato da Diego Florio ) nel Processo di Salem del 23 novembre 1912. Ma più che parlare della vasta esperienza teatrale e cinamatografica di Sabelli ci è sembrato interessante intervistarlo nella sua sua veste di organizzatore del Vasto Film Festival: un modo anche per mettere in chiaro i tanti lati oscuri che attualmente caratterizzano la promozione culturale in Italia.  

 

Il Vasto Film Festival è giunto quest’anno alla sua ventesima edizione. Qual’è la principale novità rispetto alle passate edizioni?

 

 Per come la cultura in Italia, negli ultimi 20 anni, soprattutto a livello locale, è stata oggetto di scarsa considerazione, vessazione e tagli, è già un miracolo che un Festival di Cinema sia sopravvissuto, tanto da arrivare a festeggiare il suo ventennale. Questo è certo merito da ascrivere all’amministrazione della Città del Vasto e a chi ha inventato e condotto il Festival prima di me. Certo, sono stato forse chiamato a dirigere un Festival, che ha una sua importante tradizione, in un momento probabilmente di vacche magre e non potendo usufruire dei finanziamenti di cui passate edizioni hanno usufruito, ma a questo, da uomo di Teatro, sono abituato e non mi sono dunque perso d’animo.

 

Piuttosto ho deciso che il traguardo del ventennale dovesse rappresentare una nuova partenza, ancora più ambiziosa, per dare più identità a un Festival, che ha tutto per proporsi e caratterizzarsi come Festival dell’Adriatico. A partire, dalla bellezza, architettonica, archeologica e paesaggistica di Vasto, che è davvero una delle perle di questo mare. Ho disegnato perciò un Vasto Film Fest, che sapesse raccontare gli autori e le culture, cinematografiche e no, di questa parte di mondo, sia con opere di spessore come Vergine Giurata, dell’albanese Biuspuri, che d’intrattenimento.

 

La nuova Commedia all’Italiana per altro sembra soprattutto caratterizzarsi, anche commercialmente parlando, grazie al vigore e all’inventiva di autori pugliesi e meridionali e all’opera di radicamento produttivo di film Commission, fra cui eccelle l’Apulia F.C., ad esempio. Perché allora grandi comici come Zalone o autori geniali e surreali di commedia, soprattutto adriatica, come Cirasola, Milani, la Zampagni o Capatonda, non devono trovare anche una loro identità in festival, specie in Adriatico, in grado di proporre le loro opere? L’altra peculiarità che ho cercato è stata quella di proporre un festival di cinema in grado di dialogare con altre arti, a partire, da musica e arti visive.

 

Da qui è nata la collaborazione con la Cineteca nazionale, per la mostra Bellezze al Bagno, come pure l’idea dei CineConcerti, dove artisti di cinema e teatro come Haber e Pannofino si cimentano in performance musicali, mentre formazioni, storiche come Avion Travel, o irresistibili e in grande ascesa come Rimbamband, dedicano le loro attenzioni musicali al mondo del Cinema. Altra idea che in qualche modo coniuga ancor meglio il file Rouge del cinema con le esibizioni live è stata quella di dedicare una rassegna specifica al cinema musicale, specie italiano, anche perché non mi risulta che esistano Festival dedicati, a riguardo, e il cinema musicale, insieme alla commedia adriatica, è un filone che sposa bene anche la vocazione estiva e vacanziera di Vasto.

 

Ma com’ è articolata la collaborazione tra il Festival e il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale?

 

Sono molto onorato che la dirigenza della Cineteca, l’istituzione più prestigiosa e qualificata per la tutela e la conservazione del nostro cinema, abbia accettato il mio invito a collaborare ufficialmente con il Vasto Film Fest, sia prestando al Festival la mostra dei ritratti del fondo di Angelo Frontoni, che ritrae le dive italiane degli anni del Boom, fotografate in ambiente balneare, sia nel proporre nel Vasto CineLab (dove troveranno anche spazio giovani provenienti dal Centro sperimentale), coi loro lavori la visione di pellicole storiche del nostro cinema, tutelate dalla Cineteca.

 

Nell’ambito di una manifestazione come questa, credo sia giusto riproporre tali opere, almeno per renderle materia di studio per giovani appassionati di cinema. Poi, con le cartoline a tiratura limitata, che riproducono i ritratti della mostra, con annesso annullo postale celebrativo del ventennale, da Vasto, vogliamo lanciare la prima raccolta di finanziamento collettivo in favore della Cineteca. Era il minimo che potessimo fare per sdebitarci delle attenzioni che la Cineteca ci ha rivolto e sono convinto che la serie delle cartoline, davvero molto belle, avrà grande successo. Comprando una cartolina con annullo del Vasto Film Fest, per un paio di euro, ognuno potrà rendersi partecipe nel suo piccolo dell’opera di conservazione e tutela del nostro cinema da parte della Cineteca Nazionale …. Senza contare che i “saluti da Vasto Film Fest” con i ritratti della Loren, piuttosto che la Cardinale o la Sandrelli, in costume da bagno, sono belli da inviare e ricevere. Fanno tanto anni ’60, appunto!

 

In che misura il Festival determina delle ricadute anche sul piano turistico, commerciale e d’immagine per la città di Vasto?

 

Quella delle cartoline d’arte appena raccontata è un vivo esempio di come si possa fare, grazie al Festival, anche un’intelligente promozione turistica, a bassissimo costo d’investimento, per giunta. Poi, è chiaro, che all’ulteriore visibilità di un Centro storico, collinare così bello e unico, come quello di Vasto, affacciato su uno dei tratti di costa più belli dell’Adriatico, con spiagge dorate e bellissime, dove i trabocchi in legno si stagliano come solenni e silenti palafitte, pure, testimoni di tante e belle storie di mare da raccontare, il glamour del Cinema un po’ d’attrattiva aggiunta porta.

 

Gli stessi artisti, ospitati in un contesto così incantevole come quello di Palazzo D’Avalos, col suo maestoso cortile e gli splendidi giardini napoletani, affacciati a mare, non possono che diventare a loro volta testimonial eccellenti di quest’intrinseca bellezza. Poi, certo, ci vuole Cultura d’accoglienza, ma questa Vasto ce l’ha da secoli. Il Film Fest può aiutare a rivitalizzarla e valorizzarla. Per me che sono molisano e che per estensione considero Vasto ancora un po’ mia terra madre, o meglio, nostro mare, so bene che è questo il punto nodale dove i nostri territori, ancora poco antropizzati e poco per fortuna devastati, si giocano il futuro.

 

Oggi portano attrattiva e benessere sociale la preservazione degli spazi naturali e paesaggistici, la loro tutela e una grande cultura dell’accoglienza che li sappia far apprezzare e valorizzare. Le grandi sfide coi competitor internazionali, in un territorio unico da un punto di vista culturale e paesaggistico come è l’Italia, si vincono solo così. Ma solo se non saremo noi i primi distruttori di noi stessi.

 

Nel 2007 lei ha fondato a Ferrazzano in Molise il Teatro del Loto. Cosa ci può raccontare di questa esperienza?

  

È stata ed è un’esperienza esaltante ma che, confesso, non so se sarei più in grado di ripetere. Decidere di mettere in opera, in un paese in pietra, pur bellissimo ma periferico come Ferrazzano (che ha dato i natali pure ai nonni di Robert De Niro) un teatro, con poltrone ergonomiche e coloniali cinesi, palchetti in olmo massello che in realtà sono stanze da tè con tatami, camerini con Hammam e mosaici di stampo arabo andaluso per realizzare quello che tanti oggi pur considerano il più bel piccolo Teatro d’Italia, è stata un po’ un’impresa alla Fitzcaraldo, ovvero, una follia pura!

 

Soprattutto è stato follie realizzarlo al 70%, con proprie risorse, attivando, per il restante 30, fondi POR di emanazione europea, che è già un’impresa attivarli! Tutto questo, senza alcuna certezza che gli Enti pubblici territoriali, poi, pur per un’opera di ricaduta pubblica, ci sarebbero venuti dietro. In ogni caso, è stata un’opera che sentivo di dover fare, per la mia terra, per me stesso e per i tanti giovani attori e musicisti molisani che in questi anni al LOTO sono effettivamente cresciuti, coltivando il proprio talento. Il pubblico, poi, vi ha sempre visto arrivare spettacoli e concerti d’innovazione, interpretati o eseguiti dai migliori talenti del Teatro, del Cinema e della musica italiana: da Elio Germano a Silvio Orlando, da Silvia Gallerano a Carolina Bubbico, da Giffuni, Servilllo, Girotto o Chris Jarrett, il LOTO ha donato al Molise spettacoli di grande fattura e qualità, anche senza poter ospitare, visto il numero limitato di posti, massimo fino a 200, grandissime produzioni.

 

Si capisce da sé che non è proprio questa un’impresa che economicamente t’arricchisce! Eppure, è stato ed è esaltante vedere il pubblico sempre più crescere ed evolversi al LOTO, così come è edificante vedere gli allievi della nostra scuola d’arte scenica maturare il proprio talento in un luogo unico, votato interamente alla cultura del Teatro e del bello. E questo luogo è nato, inseguendo un sogno, in Molise: l’ombelico d’Italia, che la pancia si è perduto… Come tal volta penso della mia Regione!

 

Come si presenta il LOTO oggi?

 

Oggi il LOTO ha comunque, oltre la scuola, una compagnia stabile, da quest’anno, finalmente riconosciuta, fra quelle d’innovazione, anche dal MIBACT. Questo certo ci potrà dare qualche certezza in più, ma è stata dura arrivarci, dal Molise, che a volte mi sembra più nascosto dell’Amazzonia di Fitzcaraldo, appunto! In questo caso il perseverare è stato davvero diabolico! Pure, non posso dire di non sentirmi orgoglioso di vedere tanti nostri allievi ammessi al Centro Sperimentale di Cinematografia, piuttosto che all’Accademia d’Arte drammatica, o alla Scuola del Piccolo Teatro a Milano, come pure alla Galante Garrone di Bologna. O i nostri spettacoli che girano sempre più l’Italia e vengono invitati anche, con successo, all’estero. Prima che nascesse il LOTO a Ferrazzano, tutto questo, in Molise, non accadeva.

 

Qual’è il suo sogno nel cassetto?

 

 Vorrei tanto realizzare un film tratto da un mio spettacolo, prodotto col Teatro del LOTO appunto e portato, con successo, anche in America, nel 2012, in occasione del Centenario del Bread and Roses’s Strike. Racconta la vicenda umana e giudiziaria di Arturo Giovannitti, il suo sogno di poeta e giovane sindacalista che, emigrato dal Molise all’età di 17 anni, si ritrovò ad essere fra i promotori dello sciopero del Pane e delle Rose: lo sciopero che cambiò la storia d’America e la considerazione dei migranti in quella società.

Fiorello La Guardia disse che lui non sarebbe mai potuto diventare Sindaco della più importante città del Mondo, New York, se non ci fosse stato l’esempio di Arturo Giovannitti, un sognatore che diede dignità e autostima agli emigranti italiani che ai primi del ‘900 arrivarono in America. Oggi la bellissima storia, umana e poetica, di Arturo Giovannitti è conosciuta per lo più in ambienti accademici (e più americani che italiani) eppure è una vicenda che tanto avrebbe da insegnarci rispetto al flusso di migranti che viviamo. Farne un film e portarlo in concorso al Vasto Film Fest, nel frattempo diventato il più importante Festival italiano, anche più di Venezia… è un sogno percorribile?! … Sennò, mi accontenterei di presentarlo anche solo a Venezia!

 

 Stefano Sabelli