Nel riquadro Antonio A. Martino

 

Italo-argentino, professore Emerito dell’Università di Pisa e della prestigiosa Università Salvador di Buenos Aires, Antonio A. Martino è un profondo studioso delle dinamiche che riguardano gli aspetti economici e sociali. Ogni anno organizza diversi seminari on-line seguiti da moltissimi studenti in vari Paesi, soprattutto di lingua spagnola. Da qualche anno Martino rappresenta anche un preciso punto di riferimento per il Movimento Tutela Sociale, un Movimento d’opinione internazionale che si propone di rafforzare lo Stato Sociale in tutto il mondo. Tutte le persone interessate a questi argomenti sono invitati a iscriversi alla pagina Facebook Movimento Tutela Sociale e a dare il loro contributo in termini di idee e proposte per ridurre gli squilibri sociali. In questo articolo Il prof. Martino prende spunto dal dibattito (esistente anche in Italia) sull’introduzione del salario minimo (per l’Argentina vedere il video in fondo all’articolo) per analizzare le motivazioni che hanno portato alla consegna del Premio Nobel a David Card, Joshua Angrist e Guido Imbens. Per Martino, si tratta di una soluzione non applicabile in tutti i Paesi (vedere il video in fondo all’articolo) come, ad esempio in Argentina, dove risiede stabilmente (Rainero Schembri, Cordinatore MTS). 

 

Negli ultimi tempi l’idea di introdurre un salario minimo sta alimentando il dibattito politico in diversi Paesi. Diciamo subito che non esiste una soluzione valida per tutti. Si tratta di verificare caso per caso. Una delle indagini più interessanti l’hanno compiuta gli economisti David Card e Alan Krueger nel 1993, partendo dalla domanda:  L’aumento del salario minimo distrugge posti di lavoro? Per scoprirlo, i due economisti hanno preso spunto da una legge del 1992 che aveva aumentato il salario minimo nel New Jersey da 4,25 a 5,05 dollari. Card e Kruger hanno, in sostanza, raccolto i dati da 400 lavoratori del New Jersey e analizzato l’andamento di 400 ristoranti fast-food nel New Jersey e nella vicina Pennsylvania, dove il salario minimo è stato mantenuto costante.

 

L’obiettivo deiprofessori era di verificare se corrispondeva al vero che qualsiasi fattore finisce fatalmente per influenzare  tutti gli altri fattori esistenti all’interno di una stessa Regione. In altri termini, volevano verificare se l’occupazione era cresciuta meno nel New Jersey che in Pennsylvania dopo che la legge era stata approvata. Ebbene, i risultati della ricerca hanno dimostrato che non è stato così, contraddicendo di conseguenza molti economisti. Ma la cosa non deve sorprendere. E’ normale che un nuovo metodo di ricerca porti a risultati non in linea con le convinzioni di grandi economisti spesso legati a teorie del passato. Il loro lavoro dei professori ha confermato l’importanza di avere un approccio diverso. Si tratta di creare sempre nuove tecniche di analisi in grado di produrre risultati sempre più aderenti alla realtà. Il fatto che l’occupazione non sia peggiorata nel New Jersey rispetto alla Pennsylvania, conferma la validità di una diversa impostazione teorica. Dopo 30 anni di studi, ci sono economisti empirici che continuano a pensare che il salario minimo distrugga posti di lavoro, e altri (forse la maggioranza) che ritengono che i suoi effetti siano minimi. Importante è che entrambi gli schieramenti condividono il fatto che ogni domanda empirica deve necessariamente trovare la sua risposta attraverso un’accurata analisi della realtà concreta.

 

Questa, del resto, è stata anche la motivazione di fondo che ha determinato l’assegnazione dell’ultimo nobel per l’economia a David Card, Joshua Angrist e Guido Imbens.  Per Noah Smith, professore di Finanza alla Stony Brook University, i tre scienziati premiati hanno reso l’economia una disciplina più scientifica.  “Se anche la teoria più condivisa”, sostiene Smith, “può essere confutata da dati empirici, significa che l’economia consiste in un insieme di affermazioni opinabili e manipolabili”. Infatti, in un campo dominato da approcci quasi filosofici alle grandi domande, i vincitori del Nobel hanno deciso di sondare gradualmente la realtà, facendo piccole domande per ottenere risposte precise. Hanno abbracciato lo sguardo curioso verso la routine scientifica. È stata una vera rivoluzione avvertita aldilà degli ambienti degli economisti. Comunque, è dagli anni 90 che gli esperimenti naturali hanno cambiato la scienza politica, la sociologia, la demografia e la salute pubblica. I vari vincitori del Nobel, e la generazione di scienziati che li ha seguiti, hanno spinto queste discipline a diventare molto meno teoriche e sempre più empiriche. La scienza sociale non è più una scienza senza esperimenti. Negarlo, oggi, significa trovare delle scuse.

 

L’importanza di verificare continuamente la varie teorie non riguarda solo gli scienziati. Purtroppo, anche la gente comune tende a saltare alle conclusioni con estrema facilità. Se ci dicono, ad esempio, che tra i bambini che usano molto il cellulare ci sono il doppio dei casi di depressione, pensiamo subito che è il telefono a renderli depressi… anche se è molto probabile che avvenga esattamente il contrario (cioè, che la depressione spinga alcuni bambini ad abusare del cellulare). Purtroppo questo difetto umano dura da secoli, ed è per questo che prevalgono alcune logiche assurde, tipo:  “Se succede dopo questo, allora succede a causa di questo” (post hoc ergo propter hoc). Gli economisti sanno che la correlazione non implica la causalità, ma fanno poco per cambiare questa convinzione. Per Justin Wolfers, professore dell’Università del Michigan, molti economisti  “Guardano i dati e se anche concordano sul fatto che la correlazione non è la causa, dimenticano in fretta e fanno un mucchio di giudizi pseudo-causali basati su dati che di fatto non supportano realmente le loro affermazioni. Invece David Card, Josh Angrish e Guido Imbens hanno detto: ‘Aspettiamo’. La loro risposta non è stata la solita distruttiva considerazione non possiamo fare affermazioni causali, ma qualcosa di realmente costruttivo: si sono orientati solo attraverso affermazioni causali credibili”.

 

Come possiamo immaginare, non si tratta di un risultato da poco. I vincitori del Nobel hanno inventato nuovi metodi per affrontare il problema più profondo della scienza sociale. L’idea base dei vincitori del premio si è concentrato  sull’esperimento naturale. Per capirlo, occorre  fare un passo indietro e pensare a come si sarebbero risolte tutte le questioni causali: la soluzione sarebbe stata quella di avere universi controfattuali. Volete scoprire l’effetto della vaccinazione di una persona? Sarebbe sufficiente generare due universi identici:  in uno la persona viene vaccinata, nell’altro no. Dato che questo è impossibile, gli scienziati usano un piano B, cioè esperimenti con gruppi di controllo. Si tratta di prove che dividono migliaia di volontari in due gruppi a caso, in modo che siano uguali in tutto tranne che nel ricevere (o meno) il vaccino. È un bel trucco perché evita le interferenze. Con un gruppo di controllo non importa se il virus muta o se l’incidenza diminuisce, poiché questi cambiamenti riguarderanno entrambi i gruppi, consentendoci di metterli a confronto e di attribuire le differenze all’effetto dei vaccini.

 

Ma cosa succede quando non ci sono esperimenti, perché non etici, costosi o semplicemente perché non sono stati realizzati? È qui che entrano in gioco Card, Angrist e Imbens. Hanno dimostrato che è possibile cercarli in natura. Nel mondo reale ci sono molti esperimenti, o quasi-esperimenti, che possiamo sfruttare per dare una risposta valida alle nostre domande.

– Uno dei primi esempi è stato il lavoro di David Card nel 1990 in cui ha esaminato il massiccio arrivo di cubani a Miami per studiare gli effetti dell’immigrazione sull’occupazione. Nel giro di pochi mesi, i lavoratori non qualificati erano aumentati del 20% nella Regione. Questo ha causato un calo dei salari? Card ha confrontato l’evoluzione dei salari a Miami con quelli di altre città e ha scoperto che non è così. Era solo uno studio circoscritto a un luogo e a un tempo, ma ha spinto gli economisti a rimettere in discussione i loro modelli teorici.

– Un altro classico riguarda il lavoro di Angrist sul servizio militare.   “Che effetto ha”, si è domandato lo studioso, “l’arruolamento sulla vita di una persona?”. Per Angrist,  non è facile limitarsi a osservare: se vediamo che i veterani guadagnano poco, non possiamo sapere se è una conseguenza della guerra o se sarebbe stato così in ogni caso (perché la correlazione non implica la causalità!). Angrist ha poi eseguito un esperimento naturale: ha confrontato i giovani che sono stati arruolati per sorteggio durante la guerra del Vietnam con altri giovani che sono rimasti sul punto di essere arruolati. Ciò che vide fu che, dieci anni dopo la fine della guerra, i veterani avevano redditi inferiori del 15% rispetto ai loro coetanei. Nell’utilizzare delle scorciatoie è stata compiuta una rivoluzione metodologica. Sostiene, infine, l’economista Alex Tabarrok: “Gli ultimi trent’anni di economia empirica sono stati il frutto del lavoro di economisti che hanno aperto gli occhi sull’importanza degli esperimenti naturali che si possono eseguire ovunque”.

 

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Videoclip del Movimento Tutela Sociale fatto con il Prof. Martino sulla difficoltà dell’Argentina di avere un salario minimo.