Dal mondo ovattato delle ambasciate a quello dinamico della cooperazione internazionale. Sempre della Farnesina si tratta, ma quanta differenza! Hanno una rivista on-line che si chiama LA COOPERAZIONE ITALIANA INFORMA: è un magazine mensile che ha l’ambizione di fornire strumenti informativi aggiornati sul tema del nostro impegno a livello internazionale a favore dei Paesi in via di sviluppo. Ne abbiamo parlato con il direttore, o meglio, la direttrice: Ivana Tamai.

 

“La rivista nasce nel 2011” dice la Tamai “raccogliendo il testimone di un bollettino ministeriale, il DIPCO, che riportava, con linguaggio piuttosto tecnico e burocratico le Delibere e gli Atti, cioè le decisioni sui finanziamenti del Ministero in tema di cooperazione. Sono stata incaricata di pensare a una nuova pubblicazione (esclusivamente on-line) che rinnovasse i contenuti e si rivolgesse a un pubblico più ampio di non addetti ai lavori. E’ stato un primo esperimento della direzione generale della Cooperazione allo sviluppo del ministero degli Affari esteri per promuovere la trasparenza e  avvicinarsi all’opinione pubblica in maniera più diretta e divulgativa. Cosi, con il diplomatico a capo dell’ufficio comunicazione di allora, abbiamo tracciato un piano editoriale, ideato le sezioni e cercato una grafica accattivante. Per quanto riguarda i contenuti è apparso subito importante dare voce alle Sedi estere, cioè agli uffici di cooperazione dislocati nei Paesi in via di sviluppo dove opera la Cooperazione italiana.

 

Parliamo un po’ di Lei

Sono nata a Torino dove mi sono laureata in lettere e sono giornalista pubblicista dal 1988. Ho iniziato l’attività prima come conduttrice in radio e come producer di eventi musicali (indimenticabile il concerto alla presenza del Capo dello Stato in diretta su Rai Uno) poi nella scuola, come docente di lettere. Trasferita a Roma ho frequentato master e corsi formativi mirati. Ho lavorato in due ministeri (Istruzione ed Esteri) e in Rai, come programmista regista e consulente e inoltre ho collaborato con Radio Vaticana come conduttrice/autrice. Agli Esteri ho lavorato prima alla direzione generale del Sistema Paese (che si occupa della diffusione della cultura e della lingua italiana all’estero) e poi alla direzione generale della Cooperazione allo sviluppo dove sono arrivata quasi dieci anni fa, prima all’ufficio emergenza (ero desk Africa) e poi all’ufficio comunicazione. Da quest’anno sono responsabile dell’ufficio stampa della nuova Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo nata con la legge di riforma.

 

Ha sempre pensato di fare questo lavoro?

 

Non proprio: pensavo di occuparmi di comunicazione e divulgazione culturale, soprattutto musica classica. Devo dire però che, come responsabile della comunicazione della Cooperazione italiana dal 2010 al 2015, ho riscontrato alcune analogie perché la musica colta è un “comparto di nicchia” proprio come la cooperazione internazionale che non solo è lontana dagli interessi quotidiani della gente comune, ma è anche altrettanto dimenticata dai media. Ecco, fatte le ovvie distinzioni di contenuto e di rilevanza politica, ho sentito subito la necessità di semplificare il linguaggio della cooperazione per portarlo più vicino alla gente e poi ho pensato di comunicare raccontando storie reali, facendo parlare i beneficiari dei nostri interventi in modo da spiegare come, lontano da qui, la cooperazione possa cambiare la vita e il destino delle persone.

 

Con la riforma della cooperazione le competenze operative dell’omonima direzione generale sono passate alla nuova Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo nata con la Legge 125 /2014. E’ quindi in atto un profondo rinnovamento: è stato facile adattare i contenuti della rivista?

 

Ci stiamo lavorando con Emilio Ciarlo, responsabile della comunicazione e delle relazioni esterne dell’Agenzia: continueremo a dare spazio alle Sedi estere e alle storie dei beneficiari dei nostri progetti, ma vorremmo divenire anche uno spazio istituzionale che dia voce al dibattito in corso a livello internazionale sui temi più attuali dello sviluppo sostenibile connesso ai nuovi obiettivi dettati dall’Agenda 2030. Quindi, accanto a quello del nostro direttore Laura Frigenti, avremo contributi editoriali importanti da parte di personaggi che ricoprono ruoli chiave a livello internazionale.

 

Giornalisticamente come è strutturata la sua pubblicazione?

 

Ogni mese c’è l’editoriale, le notizie dal mondo e gli approfondimenti dalle Sedi, i 17 uffici di cooperazione che abbiamo in Africa, America Latina e Asia. Poi raccontiamo quello che avviene a Roma: conferenze internazionali, firme di accordi, presentazioni di importanti report annuali, come ad esempio quello sullo Sviluppo umano. Ogni mese ospitiamo l’intervista a personaggi di rilievo come rappresentanti di agenzie ONU e Organizzazioni internazionali, commissari europei, esperti di cooperazione internazionale di altri paesi … A Roma, per fare un esempio, abbiamo il polo agroalimentare delle Agenzie ONU, ovvero FAO, IFAD, PAM, ma non tutti lo sanno. E poi pubblichiamo i contatti telefonici e mail dei nostri uffici italiani ed esteri in modo da essere raggiungibili da tutti.

 

Come è composta la redazione?

 

Abbiamo 4 redattori esterni, dipendenti di un’agenzia di stampa individuata con un bando di gara pubblico: due giornalisti professionisti e due redattrici. Una bella squadra giovane e molto motivata. L’editore mette a disposizione anche un grafico e un archivio fotografico che si aggiunge al nostro… scegliere la foto di copertina è sempre una bella sfida e lo facciamo tutti insieme.

 

Quali sono i punti di forza della rivista?

 

Le immagini di grande impatto e il linguaggio semplice, concreto, molto “italiano”. Veniamo dal mondo della diplomazia dove la lingua di lavoro è l’inglese, quindi si fa largo uso di inglesismi anche quando si potrebbe usare il corrispettivo italiano…. Ci sono acronimi inglesi impronunciabili che alla gente non dicono nulla. Ho quindi cercato di decodificare alcuni termini rendendo più comprensibili i contenuti in modo che potessero interessare il lettore medio, quello che non ha mai lavorato in una Ong o che non è laureato in Relazioni internazionali. Per molti il PAM è un supermercato, ma per noi è scontato che sia invece il Programma alimentare mondiale, un’agenzia Onu molto importante per la lotta alla fame. E potrei continuare con le schede STREAM. l’accountability, il MoU, l’Aid Effectiveness dibattuto a Busan, ma sarebbe troppo lungo! Per capire la distanza fra noi e il cittadino medio mi è bastato vedere la reazione del tassista a cui avevo dato l’indirizzo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo … “E’ la sede della COOP?” mi ha chiesto.

 

Chi vorrebbe che leggesse la Rivista?

Vorrei che fosse una lettura non faticosa, ma comprensibile a tutti, dal farmacista allo studente (che magari un giorno farà il cooperante) al pensionato. Vorrei che la signora che fa la spesa quando compra la quinoa o il riso si chiedesse se ce n’è per tutti e cosa vuol dire accesso al cibo e lotta alla fame. Ecco vorrei che queste pagine (ma più complessivamente l’attività di informazione e comunicazione) portassero a riflettere anche nella vita quotidiana e nelle scelte individuali, perché ogni singola persona può fare la differenza e tutti insieme possiamo contribuire a cambiare il mondo.

 

In un momento così difficile delle relazioni internazionali: guerre, immigrazione selvaggia, che significato ha la cooperazione con i Paesi in crisi?

 

Questo dovrebbe chiederlo al nostro direttore Frigenti che è bravissima a spiegarlo! Non sono un’esperta di cooperazione, ma credo che il nostro ruolo sia quello di sostenere i Paesi che devono superare le crisi per arrivare con le loro forze a innescare un processo di democratizzazione e sviluppo equo e sostenibile in cui popolazione e governo si sentano protagonisti. Abbiamo ormai superato il vecchio modello che consisteva nell’andare laggiù, fare qualcosa per loro e poi tornare via. Lo spiega bene “Tomorrowland” la nuova cooperazione spiegata da Emilio Ciarlo.

 

Oggi c’è un partenariato molto più paritario ed equilibrato che si traduce in condivisione delle responsabilità, ogni paese è responsabile della propria politica di sviluppo economico e sociale. Intanto noi cerchiamo di agire a monte dei flussi migratori. Se si lavora a monte, si può fare in modo che le persone restino lì dove sono e ridurre così gli imponenti flussi di migrazione economica. Sembra ovvio, ma ancora oggi il nesso fra cooperazione e flussi migratori non è così chiaro … soprattutto ai media che dedicano interi talk show alle crisi mondiali senza mai interpellare neppure lontanamente la cooperazione del Governo italiano che lavora sul campo là dove le crisi nascono, per poi trasferirsi nel nostro paese.

 

Le imprese italiane sono interessate a questo processo?

 

La grossa novità è proprio questa: la cooperazione, che prima era riservata al non profit, ora è accessibile anche al profit, il mondo delle imprese. C’è molto interesse attorno a questo elemento fortemente innovativo anche perché le piccole e medie imprese, lavorando insieme alle Ong, potrebbero davvero trasferire nei PVS il prezioso Know How italiano. Penso soprattutto al settore agroalimentare e del patrimonio culturale, nel quale l’Italia è riconosciuta leader a livello mondiale.

 

 Quali sviluppi augura alla rivista?

 

Tre cose: primo sogno ancora una copia cartacea per sfogliarla anche lontano dal PC e offrirla a più lettori in contesti diversi… perché quando partecipi ad un evento pubblico non puoi arrivare declamando un link o distribuendo una chiavetta USB.

 

Secondo vorrei andare oltre i 10 mila lettori della mailing list a cui viene inviata attualmente la rivista.

 

E infine vorrei conquistare il pubblico di lettori delle scuole, perché studenti e insegnanti potrebbero trovare molti spunti di discussione e di approfondimento così da portare nella scuola i temi dello sviluppo sostenibile del pianeta. In fondo l’educazione alla cittadinanza mondiale è già una realtà e lo sa bene Malala Yousafzai quando dice: Prendete i vostri libri e le vostre penne, sono la vostra arma più potente. Un bambino, un insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo”.