Foto: nel riquadro Caterina Betti

Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’articolo inviatoci da Caterina Betti (nel riquadro), incentrato sull’impossibilità di conciliare il neoliberismo con lo Stato Sociale.  “Il primo” dichiara l’autrice, “ha solo l’effetto nefasto di distruggere il secondo”.

 

WELFARE STATE: questo “strano” concetto che noi ormai facciamo fatica anche solo ad immaginare (penso ai giovani in particolare) e che dovrebbe invece rappresentare l’emblema del progresso di una società, è un argomento che molto di rado viene affrontato da autori di libri che possano dirsi intellettualmente onesti. Bistrattato mediaticamente, anche se in maniera non troppo evidente, e politicamente, lo Stato sociale rappresenta ciò che per uno Stato sviluppato dovrebbe essere la normalità.

 

Innanzitutto perché il welfare state, o “Stato di benessere” è così importante? E perché dovremmo richiederlo a gran voce?

 

Per WELFARE STATE sostanzialmente si intende un tipo di stato che, tra le sue normali funzioni e responsabilità, ha quella della tutela del benessere dei propri cittadini. E per benessere, a sua volta, intendiamo la disponibilità di beni e servizi ad appannaggio di tutti i cittadini resa possibile dallo Stato. Il concetto centrale è dunque quello della RESPONSABILITA’ di questa idenità giuridica. Esempi espliciti di welfare sono: standard minimi di reddito, solidarietà sociale ed economica istituzionalizzata, in generale sicurezze minimali garantite a tutte le classi sociali (lavoratori, disoccupati, studenti, malati, disabili, ecc…).

 

La tutela del welfare e delle sicurezze minimali non sono solo il segno di una società solidale ed avanzata, ma rappresentano il trampolino di lancio verso il ritorno ad una partecipazione più assidua ed attiva a quello che gli antichi romani chiamavano negotium: l’attività pubblica, la partecipazione politica. Va da sé, infatti, che nel momento in cui viene garantita una decente quanto serena base economica ed una sicurezza per eventuali situazioni di disagio, quali la malattia o la disoccupazione per esempio, o la sicurezza di poter accedere liberamente a beni e servizi da parte dei cittadini senza ulteriori costi, allora il cittadino si sentirà più coinvolto ed incentivato a partecipare a quella vita pubblica che non lo emargina, ma al contrario, lo sorregge.

 

Quando il cittadino sta oggettivamente bene, allora può occuparsi serenamente anche di temi sociali, politici, economici, può impegnarsi attivamente in politica o nella divulgazione di temi che gli stanno a cuore. In caso contrario la società giocoforza si inaridisce. Il welfare state è una forma di coesione sociale, uno strumento di legittimazione e di attuazione delle democrazie moderne.

 

Altre funzioni del welfare state sono quelle di tenere sotto controllo le disfunzioni del mercato per ridurre gli impatti negativi sulla società civile e ridurre le disuguaglianze economiche e sociali prodotte dall’eccessiva libertà dei mercati. Da qui deriva la critica del libro di Domenico Secondulfo “Sociologia del benessere. La religione laica della borghesia” al SISTEMA NEOLIBERISTA che, proprio alla luce di un tema come il welfare, non poteva essere tralasciata.

 

Per cui appare questa frase: “Lo svuotamento dell’intervento dello Stato sull’economia e sulla società, teorizzato dalla FILOSOFIA NEOLIBERISTA, colpisce in massima parte proprio quelle strutture di cura e quell’apparato di accudimento che caratterizzava lo “Stato del benessere”, mettendo anche questa importante dimensione della vita, ormai entrata nell’abitudine e nelle aspettative di base dei cittadini, nelle mani del mercato, smontando la dimensione politico-collettiva dell’idea di benessere sia sul piano teorico ed ideologico che su quello fattuale.”

 

Ergo, la FILOSOFIA E L’AZIONE NEOLIBERISTA smantella ciò che con il progresso e lo sviluppo della dimensione politico-collettiva era diventato un DIRITTO NORMALE E CONSOLIDATO. Dagli anni ’60-’70 dunque si era instaurata una concezione di Stato come garante del benessere, che rappresentava nientemeno che il diritto di cittadinanza, un pacchetto tutto compreso in cui c’erano anche le tutele sociali garantite. Poi dagli anni ’80 in avanti si consolida la filosofia neoliberista, che spazza via e distrugge anni di progresso non solo meramente economico, ma anche e soprattutto intellettuale. Spazza via una nuova concezione di umanità e di Stato, allentando le redini dei mercati ed utilizzando strumenti come le crisi economiche indotte, volute e sfruttate a livello mediatico ad ampio raggio, per far accettare restrizioni e contrazioni sempre più importanti dello “Stato di benessere”.

 

Il capitolo si conclude con un ottima menzione di Keynes (anche in questo caso, quasi inaspettata). Un Keynes paladino dell’intervento dello Stato per limitare gli effetti dei mercati liberi, capaci di distruggere il welfare state e per annientare le grandi sacche di disoccupazione date dalla Grande Depressione del 1930. Lo Stato per Keynes PUO’ e DEVE ASSICURARE LA PIENA OCCUPAZIONE, concetto che lui lega al welfare. Perché rientra nelle NORMALI FUNZIONI DI UNO STATO poter garantire la PIENA OCCUPAZIONE attraverso le leve economiche e gli strumenti di cui, per definizione, dispone. Nulla di più semplice. Questo a beneficio dell’economia e del benessere sociale collettivo.

 

Conclusione: la convivenza tra neoliberismo e welfare state è ASSOLUTAMENTE IMPOSSIBILE. Il primo ha solo l’effetto nefasto di distruggere il secondo. Sono due contrari. Ed infatti è, parallelamente, la stessa incompatibilità totale che intercorre tra la Costituzione ed i Trattati Europei. La cosa curiosa è notare come le garanzie dello Stato sociale contenute nella Costituzione, che dovrebbero essere difese a rigor di logica dai partiti tipicamente di sinistra, subiscono ora la smania del “cambiamento” (con la vomitevole propaganda che siamo stati costretti a sentire per tutta la campagna referendaria) in direzione neoliberista. L’illogico che diventa normalità. Sarebbe bene tenere sempre presente le considerazioni di Domenico Secondulfo quando si sentirà in giro (come avviene tutti i giorni da anni) che il welfare state “è superato” o che non si può realizzare perché “è troppo costoso”.

 

NOTA. Dall’inizio del 2016 la REA (Radiotelevisioni Europee Associate) è impegnata in un Progetto di ricostituzione di un nuovo e forte Stato Sociale. Per chi fosse interessato a sapere qualcosa di più suggeriamo di vedere il video Il seme di un nuovo Stato Sociale su YouTube